Il direttore de "Il Fatto Quotidiano" rappresenta quel giustizialismo duro e puro che ha connotato il Movimento 5 Stelle.
Anzi, egli ne è il vero ideologo.
Oggi, il giornale da lui diretto è la "Pravda" di questo regime che il premier Giuseppe Conte vuole instaurare.
Ora, lo scontro tra un magistrato di nome Nino Di Matteo, il quale è il "santo" di tutti i giustizialisti, ed il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede, che è espressione del Movimento 5 Stelle, rappresenta un vero e proprio cortocircuito nel "sistema Travaglio".
Due esponenti di questo giustizialismo politico si scontrano tra loro, lanciandosi accuse pesanti.
Di Matteo parla "opacità" in quel sistema che gli avrebbe impedito di diventare capo del DAP, l'organo che si occupa dei penitenziari, con queste sue parole dette nella trasmissione di Massimo Giletti "Non è l'Arena": "Bonafede cambiò idea sulla mia nomina a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) dopo lo stop di qualcuno".
Questo ha messo in cattiva luce un ministro che già di suo ha mostrato il proprio dilettantismo, con la scelta discutibile di scarcerazione dei mafiosi detenuti con il 41 bis.
A questo punto, Bonafede dovrebbe dare le sue dimissioni, per la sua incapacità.
Oramai, questi giustizialisti stanno facendo a gara tra chi è più giustizialista.
Sono diventati come schegge impazzite.
Per lo sceriffo Travaglio è un brutto periodo.
Antonio Gabriele Fucilone-Morris Sonnino
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