Però, celebrarla tanto anche per ciò che concerne la sua conversione all'Islam pare qualcosa che stona.
Su "La Nuova Bussola Quotidiana", vi è un articolo di Miguel Cuartero che è intitolato "Non rallegratevi, la conversione di Silvia è una sconfitta".
Ne riporto questo stralcio:
Claire si radicalizza approfondendo i suoi studi di lingua araba fino a diventare la quarta moglie di un noto emiro, gentile e filantropo, Malek Ajban. È a questo punto che il prof. Julien Nori, illuminista volteriano dalla vita dissoluta, si accorge del totale fallimento della sua apparentemente felice esistenza. «La tua civiltà sta morendo perché ha perso la fede. Avete le pance piene e le chiese vuote!», recrimina Aisha per la quale, da parte del padre, l’educazione religiosa si era limitata ad un frettoloso battesimo. Ogni conversione, per così dire ad extra, rappresenta una ferita ma anche un profondo interrogativo per la comunità di fede abbandonata. Così è nel romanzo di Gallo, così nella vicenda di Silvia Romano che ha scelto proprio il nome di Aisha per la sua nuova vita, dopo la conversione all'Islam.
Molto si è detto e scritto sulla liberazione della ragazza milanese dopo 18 mesi di sequestro nelle mani del gruppo terroristico islamico Al Shabaab e sui risvolti prettamente politici della vicenda. Ma sul tema della conversione all’islam (anch’esso a rischio di strumentalizzazione politica bipartisan) sarebbe stato meglio evitare conclusioni affrettate e facilonerie dettate da un diffuso relativismo (che è indifferentismo) religioso.
Ciò che stona è la voluta indifferenza e, in alcuni casi l’entusiasmo, col quale è stata accolta la notizia della conversione della giovane. Se è comprensibile l’entusiasmo di una certa cultura relativistica promossa e incarnata dalla sinistra politica attualmente al governo (che si è affrettata a violare le leggi del distanziamento sociale e ogni tipo di discrezione diplomatica per correre incontro alla ragazza a favore di telecamera e per le fotografie di rito), diverso dovrebbe essere l’approccio da parte cattolica. Eppure qualche nota stonata si è fatta sentire, a partire dalle campane a festa della sua parrocchia territoriale.
Al suo arrivo a casa, nel quartiere Casoretto di Milano, le campane della Parrocchia santa Maria Bianca della Misericordia hanno suonato a festa. «Era il minimo che potessi fare», ha affermato il parroco. Campane a festa, come a Pasqua e nelle solennità, come nel giorno della festa patronale, come per l’elezione di un nuovo Sommo Pontefice... Eppure è plausibile che Silvia, abbandonata la fede in Gesù Cristo, smetterà di entrare in quell’edificio sacro che per i cristiani è la casa di Dio e che lei stessa ha frequentato “fino alla seconda media”.
La conversione di Silvia all’islam, vera o falsa libera o forzata che sia, non può essere considerata con indifferenza della comunità dei credenti in Cristo, tanto meno come una “buona notizia”".
Adesso, capite perché sono arrabbiato per l'attuale questione delle messe.
Purtroppo, la Chiesa italiana si è piegata completamente a certe logiche politiche, logiche che ne hanno ridotto anche la libertà.
Ora, fare sì che possa entrare solo un certo numero di persone in chiesa rischia solo di allontanare ulteriormente le persone dalla Chiesa.
Oltre ad essersi radicato nella politica e nella cultura, il relativismo ha pervaso anche tanta parte della gerarchia ecclesiastica italiana.
Proprio la parrocchia di Vicofaro, che si trova in Provincia di Pistoia, ha visto un crollo di fedeli.
La parrocchia contava 7.000 fedeli. Oggi, ne conta la metà.
Ora, il caso di Silvia Romano rappresenta una sconfitta per la Chiesa e per la nostra civiltà.
La nostra civiltà ha rinnegato i suoi valori, in nome del relativismo.
Il relativismo porta ad una distruzione dell'identità stessa della nostra società.
Ora, l'Islam ha una capacità molto forte di surrogare l'identità.
Guarda caso, gli islamici europei che hanno compiuto gli attentati terroristici si sono radicalizzati in risposta al relativismo europeo.
Probabilmente, Silvia Romano era alla ricerca di un'identità culturale e spirituale e l'Islam le si è proposto come risposta.
Noi ci dobbiamo fare due domande riguardo a ciò.
Questa situazione non riguarda solo noi Italiani.
Per esempio, in America Latina, il Paese di Papa Francesco, si stanno rafforzando molto le Chiese evangeliche di origine statunitense.
Una missionaria che opera in America Latina mi ha detto che queste Chiese sono arrivate dagli USA per rompere la Chiesa cattolica.
Ora, io non sono molto d'accordo.
Che queste Chiese evangeliche si propongano con una certa forza è vero.
Però, se tanta gente si converte dal cattolicesimo a questa forma di protestantesimo è perché (forse) la Chiesa cattolica non è più in grado di attirare i fedeli.
Questo è un grosso problema, tenendo conto del fatto che l'America Latina sia sempre stata un fulcro del cattolicesimo, contrapposta alla protestante America Anglosassone.
Purtroppo, la situazione in Europa è anche molto più grave.
Qui in Europa, l'Islam sta avendo campo libero.
Lo si è legittimato come le altre religioni però esso non è come queste ultime.
Infatti, l'Islam non è solo una religione ma è anche un vero e proprio codice giuridico.
Il codice giuridico islamico è la Sharia e poiché deriva dal Corano essa non è facoltativa.
Ricordo che l'Islam non è riconosciuto dall'ordinamento italiano perché non vi è nessuna intesa tra i suoi organi e lo Stato italiano.
Tuttavia, l'Islam si presenta a noi come una "religione in grado di ricostruire l'identità culturale e spirituale dell'Europa" e questo attira le persone.
Fa proselitismo.
Ora, tutti noi dobbiamo farci un bell'esame di coscienza, come società.
Anche la Chiesa deve farsi due domande.
Se Papa Francesco parlasse meno di migranti, facesse meno apologia della Cina, a smettesse di condannare il "sovranismo" e trattasse di più le cose di Dio, la tendenza potrebbe essere invertita.
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