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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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domenica 9 gennaio 2011

HYERONIMUS BOSCH, IL PITTORE DELL'INCONSCIO









Cari amici ed amiche.


Vi voglio parlare di uno dei miei artisti preferiti, Hyeronimus Bosch, pittore olandese di Hertogenbosch che visse tra il 1450 ed il 1516.
Questo artista fu davvero straordinario.
Sono le sue opere a dirlo.
Egli visse nel pieno Rinascimento, in un periodo che vide tanti cambiamenti.
Nel 1453, cessò la "Guerra dei Cent'anni" tra Francia ed Inghilterra.
Nello stesso anno, i Turchi conquistarono Costantinopoli e venne martirizzato l'ultimo basileus Costantino XI Paleologo.
Nel 1455, scoppiò in Inghilterra la "Guerra delle Due Rose" che cessò nel 1485, con la salita al potere di re Enrico VII Tudor, al quale successe il ben noto re Enrico VIII nel 1509.
Nel 1492, Cristoforo Colombo scoprì l'America.
Inoltre, ci furono i pontificati di Papa Alessandro VI, di Giulio II e di Leone X.
Ci furono anche le signorie importanti, come i Gonzaga a Mantova, i Visconti e gli Sforza a Milano ed i Medici a Firenze.
Si svilupparono le arti e le scienze e grandi artisti vennero alla luce. Esempi furono Jan Van Eyk, Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti.
Ci fu anche un malumore strisciante verso la Chiesa, su cui il Papato perse potere ma che aveva assunto le connotazioni del Rinascimento.
Da una parte, Papi, vescovi e sacerdoti commissionavano opere e davano un positivo impulso artistico.
Dall'altro, questi trascuravano i loro doveri religiosi. Ad esempio, era diffusa la latitanza dei vescovi (che, quindi, prendevano più rendite ma trascuravano le comunità cristiane), vi era la simonia (la compravendita di cariche ecclesiastiche) e molti sacerdoti non erano formati bene e spesso non conoscevano nemmeno il latino, che era la lingua liturgica.
Inoltre, molti sacerdoti facevano una vita poco consona con la morale religiosa, vivendo in concubinato e addirittura, in qualche caso, sposandosi, nonostante questo fosse loro proibito. Ad onor del vero, ci furono anche numerosi preti che fecero una vita santa.
Questo malessere, unito all'invenzione della stampa da parte di Johan Gutenberg (1394-1399)portò ad uno scuotimento delle coscienze che si tradusse nella Riforma protestante.
In questo periodo così denso visse Bosch e la sua arte fu lo specchio di quel periodo in cui l'uomo stava passando dalla visione medioevale a quella del Rinascimento.
La sua arte esprime tutte le connotazioni di quel periodo ma non rappresentando la realtà bensì l'inconscio.
Egli rappresentò nel suo intimo quell'uomo ancora legato a Medio Evo ma che volse lo sguardo verso il futuro.
Egli concentrò nelle sue opere le paure passate e quelle future.
Si rifece molto ai bestiari medioevali ed illustrò in pieno proprio quella crisi religiosa che fu in atto.
Nella sua tavola dei "Sette peccati capitali" (qui raffigurata) è rappresentata la "morte di un peccatore" e sono raffigurati cinque cerchi dei quali quello al centro è il più grosso.
In questo cerchio sono raffigurati in senso orario l'invidia, l'avarizia, la gola, l'accidia, la lussuria e la superbia.
Il centro del cerchio è l'occhio di Dio, con una scritta in latino "Cave cave Deus videt", "Attenzione, attenzione Dio vede".
Nei cerchi piccoli è rappresentata la "Morte di un peccatore", il "Giudizio Universale", l'"Inferno ed il "Paradiso".
Questa visione anticipò quella della Riforma protestante.
Quindi Bosch fu quasi un "visionario". Del resto, in Olanda, in Germania ed in Svizzera fu molto forte la contestazione contro la Chiesa cattolica e quella zona dell'Europa fu l'epicentro della Riforma. Anche nelle sue opere, che sono antecedenti all'inizio della Riforma, si denota ciò.
Nella sua tavola "Il Giudizio Universale", compare una figura mostruosa con un corpo che somiglia a quella di un drago ed una testa umana, barbuta e che calza un copricapo che sembra una mitra vescovile.
Sembra che Bosch avesse davvero anticipato i tormenti religiosi che sarebbero venuti.
Basti pensare alle guerre di religione che scoppiarono in Germania, a quanto fece re Cristiano II di Danimarca (di cui parlai nell'articolo, http://italiaemondo.blogspot.com/2009/08/re-cristiano-ii-di-danimarca.html), allo Scisma anglicano, allo Stato teocratico di Ginevra che fu voluto da Calvino, alla "Notte di San Bartolomeo" e a tutto il resto.
Ci furono cristiani contro cristiani.
Certamente, i dipinti di Bosch sono densi di figure inquietanti, come i diavoli, che fanno da contraltare al altre belle e graziose.
Basti guardare "L'Ascesa nell'empireo", in cui gli uomini giusti vengono portati in un tunnel di luce (che rappresenta Dio) da angeli aggraziati.
Quindi, Bosch fu un pittore "veggente", che lesse gli avvenimenti di quei tempi e che li impresse con la pittura.
Fu questa la sua grandezza.
Cordiali saluti.

sabato 30 ottobre 2010

COMMENTO AL LIBRO "UN ASKENAZITA TRA ROMANIA ED ERITREA"


Cari amici ed amiche.
Vi invito a leggere un libro molto interessante che è intitolato "Un askenazita tra Romania ed Eritrea", scritto da Dova Cahan.
La trama di questo libro è molto semplice e tratta della storia del padre dell'autrice, Herscu Saim Cahan, un ebreo che visse in Romania fino al 1948.
La Romania di quegli anni era sotto il controllo delle "Guardie di Ferro" del maresciallo Ion Antonescu, un movimento filo-nazista.
Egli era impegnato nel salvataggio degli ebrei. Respinto dagli inglesi nel 1948 (mentre tentava di andare in Terra Santa), Herscu Saim si rifugiò in Eritrea, ove, dopo varie esperienze nel mondo degli affari, fondò un'azienda che lavorava la carne kasher, ossia trattata secondo il principio della tradizione giudaica che vieta la carne suina, quella di cavallo e quella di coniglio e che prevede che le altre carni vengano macellate in modo particolare, senza tracce di sangue.
Molto forte, fu il legame anche con l'Italia. Infatti, egli era produttore per una nota marca. Inoltre, in Eritrea (già colonia italiana) le figlie impararono la nostra lingua.
Membro eminente della comunità ebraica di Eritrea, Hersu Saim ne divenne un importante rappresentante nel Congresso Sionista. Si spense ad Asmara nel 1974, proprio prima che potesse raggiungere Dova e sua sorella che erano in Israele.
Detto questo, esprimo qualche mia considerazione.
In Romania vi è un'antica comunità ebraica askenazita.
Gli askenaziti sono gli ebrei dell'Europa centro-orientale. Infatti, "Askenaz" in ebraico significa "Germania" .
Gli askenaziti si trovano, infatti, in Germania e nell'Europa orientale e parlano una lingua loro lo yiddisch, idioma di origine alto-tedesca con parole ebraiche, slave e neolatine e scritto con caratteri ebraici. Un'antica comunità ebraica askenazita era presente anche qui a Mantova.
Della comunità ebraica romena parlò anche Primo Levi, nel suo libro "La Tregua".
In un certo senso, il libro di Dova Cahan è molto simile a quello di Levi.
Anche qui, vi sono la sofferenza, i continui viaggi e le tribolazioni di uomini, donne e bambini.
Anche qui, si tratta il tema di intere comunità che per secoli vissero in un territorio e che, per colpa di un progetto criminale operato dai nazisti, dovettero scappare, lasciando beni ed affetti, o morire nei campi di concentramento.
Questo libro è, quindi, una testimonianza di come l'uomo possa abbassarsi ad un livello di grande abiezione.
Soprattutto ai giovani, consiglio di leggere libri come questo. La memoria va coltivata e difesa perché una volta che coloro che vissero sulla pelle certe tragedie non ci saranno più, si rischia di perdere il "senso del peccato". Infatti, quei tragici fatti resteranno sì nella storia ma verranno visti come una cosa passata e che non potrà mai ripetersi.
La realtà è diversa, purtroppo!
Oltre a questo vi è un altro pericolo, quello delle strumentalizzazioni politiche.
Spesso, la memoria degli orrori di Auschwitz viene usata da una certa parte politica contro un'altra.
Lo so bene io, che sono di destra e che sono stato accusato di nazi-fascismo, quando con questa ideologia non ho nulla a che fare, essendo io un conservatore che si ispira a valori cristiani e a quelli della tradizione anglosassone, come quella del Partito Repubblicano americano.
Questo è un uso della memoria molto pericoloso. Infatti, la memoria deve essere patrimonio di tutti coloro che non vogliono che certi orrori si ripetano, a prescindere dal colore politico.
Usarla per scopi politici ed ideologici significa mortificarla.
In questo libro c'è anche una certa "teologia cristiana".
Nel versetto 21 del capitolo 7 del Vangelo di Matteo, Gesù disse:
"Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Fecero esattamente la volontà di Dio, tutti coloro che in quegli anni cercarono di impedire (anche a costo della propria vita) il massacro di innocenti nei campi di sterminio.
Non fecero la volontà di Dio coloro che si dicevano cristiani ma poi erano con i nazisti.
Anche questo va ricordato.
Cordiali saluti e buona lettura.

sabato 23 ottobre 2010

POETI A CONFRONTO, IO E WILLIAM DE GENERIS

Cari amici ed amiche.

Molto spesso mi viene rimproverato di fare delle poesie troppo difficili nel linguaggio e di essere "scollato" dalla realtà circostante. Questo, mi costò anche la partecipazione ad eventi che trattavano la materia.
Voglio dare una spiegazione e fare capire che forse le cose sono ben diverse da quello che sembrano.
Lo voglio fare, mettendomi a confronto con un poeta a me contemporaneo e mio coetaneo, William De Generis, con il quale curo la pagina di Facebook "La strada della Poesia".
Sul suo blog "I Shadow 2.0" (http://ishadow2.blogspot.com/) vi sono delle sue bellissime composizioni.
Se leggete le poesie di De Generis, noterete che il loro linguaggio è semplice ed immediato ma nel contempo è capace di portare tutte le emozioni a chi legge.
Tra la sua poesia ed il lettore si crea subito un "dialogo" perché le parole arrivano in modo immediato.
La poesia di De Generis parla di fatti delle vita del suo autore, di disagi giovanili, di religione, e di fatti attuali a volte in modo disilluso e critico verso il modo di pensare attuale (come la poesia intitolata "Filastrocca di Natale") ed altre in modo scanzonato e quasi ironico (come nella poesia intitolata "Jihad radical-chic").
Inoltre, la poesia di De Generis tratta spesso personaggi anonimi in cui il lettore si riconosce.
Al contrario, io cerco riferimenti non nel mio contesto ma in altri ambiti "nello spazio e nel tempo".
Ad esempio, se De Generis parla del tempo attuale, io parlo di quelli passati.
Inoltre, De Generis parla di tematiche di tutti i giorni mentre io parlo di mistica, di scienza, di Bibbia, di Medioevo, di pestilenze, di monarchi, di Santi, di Papi e di gente che oggi non c'è più.
Inoltre, cambia anche il registro.
Infatti, De Generis usa un linguaggio di tutti i giorni mentre io uso un codice particolare che vuole "portare" le persone verso il tempo in cui è ambientata la poesia e che è trapunto di grecismi, di latinismi e di dialettalismi corsi, siciliani e liguri bonifacini.
Questa è la "chiave di lettura" dei due compositori.
William De Generis è una persona che ha delle radici nel contesto in cui vive e nella sua realtà spazio-temporale e la sua poesia è il prodotto di ciò che essi gli offrono, io no.
Io, al contrario, ho sempre cercato di analizzare fino in fondo non il contesto in cui vivo ma altri contesti, sia nello spazio che nel tempo.
In poche parole, io sono sempre in continua ricerca proprio perché il contesto in cui vivo non offre nulla che non sia già scritto.
Inoltre, la poesia da me composta rivela la mia complessità.
Infatti, sono cattolico e devoto di San Carlo I Stuart. Sono mantovano ma ho radici meridionali e questo in passato mi fu fatto pesare, proprio nel contesto in cui mi sono formato ed in cui vivo.
Sono un credente ma sono anche un uomo di scienza. Sto in un certo contesto ma nel contempo mi riconosco in altri ambiti, un po' come la Corsica, isola francese da un punto di vista amministrativo ma italiana nella cultura.
Tutto questo si traduce nella mia poesia.
Per tanti aspetti, la poesia di De Generis è "essoterica", ossia aperta a tutti, mentre la mia è "esoterica", ossia comprensibile a pochi.
Però, i due generi di poesia hanno molto in comune.
In realtà, sono le due facce della stessa medaglia. Ad esempio, tutti e due trattano la religione ed i fatti attuali.
L'uno con un linguaggio diretto e l'altro con la "tecnica" dell'allegoria o usando personaggi e fatti di epoche passati.
Quindi, vale il detto "tutte le strade portano a Roma" .
Termino questo articolo con una poesia, in realtà composta da pezzi di una poesia di De Generis (intitolata "INRI") inframezzati da mie strofe.

LI DUI VUCI A CRISTU

"Ti cercavo in ogni cosa
in ogni uomo
invano.".

Chi dici lu gridu: "Eloì, Eloì, lamà sabactani!".
Vosciu chì fù...cusì sentu ancora...
com'oghje et pè l'anni chì sarani...
et pè Voi...chì 'n celu seti camora!

"Non vedevo
tu sei in ognuno
sei in ogni cosa
sei il desiderio di cercarti
sei il cuore che sussulta
nel trovarti.".

Ma chì carne vi facistu 'n tarra...ora nto celu...
Voi, Cristu Ghjesù, Figghiu Domini...
ma quandu a feghjà stemu...casca lu velu...
ché seti...in bona vuluntati...nti l'omini...
et a circari nuautri avemu 'n dui vuci...
sempri da piccaturi...ma quandu Vossia truvamu...
in copre...lu secchiu si leva da la luci!


venerdì 22 ottobre 2010

I QUADRI DI SILVIA BEATRIZ QUADRANTI, ESOTISMO E TRADIZIONE















Cari amici ed amiche.


Voglio fare una mia brevissima "recensione", un commento, sulle opere di Silvia Beatriz Quadranti pittrice italo-argentina di San Nicolas.
Le sue opere sembrano un perfetto connunbio tra la tradizione e l'esotismo.
In un certo senso, però, il secondo aspetto è forse prevalente sul primo.
Certo, della tradizione conserva sicuramente il fatto di mettere nei quadri elementi veri come persone e paesaggi.
Guardate questi due quadri dipinti da lei che lei ha portato all'EXPO del 2009.
Essi ritraggono delle persone che non sono collegate al contesto in cui vive l'autrice ma che, presumbilmente, possono essere di Paesi africani come, ad esempio, Senegal, Kenya o Zimbawe.
In questi dipinti vi sono i colori caldi (come il rosso o l'ocra) che danno una percezione maggiore del contesto dei soggetti ritratti.
Nel quadro a sinistra, non si denota solo ciò ma vi è anche il senso più stretto del "modus vivendi" del contesto in cui i personaggi vivono.
Si denota, infatti, il movimento della lancia che (forse per pescare o per cacciare) sta per essere scagliata e quindi della quotidiana fatica del personaggio che vive in un contesto difficile, a volte anche ostile.
Qui, infatti, non si tratta di vivere ma di sopravvivere.
E' esattamente quello che il personaggio ritratto sta facendo.
Inoltre, il paesaggio circostante (con il suo lago o il suo mare) è caratteristico.
Proviamo ad immaginare il paesaggio senza il personaggio.
Senza il personaggio, noi potremmo dire che quello è un paesaggio dell'Europa (magari dell'Italia) o degli USA.
In questo caso, è proprio il personaggio a dire che si tratta di un paesaggio esotico, presumibilmente dell'Africa.
Il quadro a destra, invece, ritrae una donna abbigliata con vestiti tribali.
Presumibilmente, il velo potrebbe indicare che questa donna sia di fede musulmana, una fede musulmana mescolata ad antiche ed ataviche convinzioni tribali che, in qualche modo, sottomettono l'individuo.
Anzi, molto spesso è difficile distinguere pienamente le due concezioni e questo quadro lo dimostra.
Trasudano tutte le caratteristiche più ancestrali dell'umanità e dimostrano una caratteristica della pittrice che li ha dipinti, "l'essere una persona sempre in viaggio e che vive in più contesti".
Del resto, questa è una caratteristica della maggioranza dei pittori dell'area latino-americana.
Cordiali saluti.



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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.