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lunedì 9 giugno 2014

sabato 7 luglio 2012

L'Europa, commento al brano del professor Plinio Correa de Oliveira

Cari amici ed amiche.

Leggete questo brano del libro del professor Plinio Correa de Oliveira "Rivoluzione e controrivoluzione":

""Perestrojka" e "glasnost": smantellamento della III Rivoluzione o metamorfosi del comunismo? Al
tramonto dell'anno 1989 ai massimi dirigenti del comunismo internazionale parve, infine, giunto il
momento di fare un'enorme mossa politica, la maggiore nella storia del comunismo. Sarebbe
consistita nell'abbattere la Cortina di Ferro e il Muro di Berlino, il che, producendo i propri effetti in
modo simultaneo all'esecuzione dei programmi "liberaleggianti" della Glasnost (1985) e della
Perestrojka (1986), avrebbe accelerato l'apparente smantellamento della III Rivoluzione nel mondo
sovietico. A sua volta lo smantellamento avrebbe attirato sul suo sommo promotore ed esecutore,
Mikhail Gorbaciov, la simpatica carica di enfasi e la fiducia senza riserve delle potenze occidentali
e di molti fra i poteri economici privati del Primo Mondo. A partire da ciò, il Cremlino avrebbe
potuto attendere un flusso meraviglioso di risorse finanziarie per le sue casse vuote. Queste
speranze sono state molto ampiamente confermate dai fatti, dando a Gorbaciov e alla sua équipe la
possibilità di continuare a navigare, con in mano il timone, sul mare di miseria, d'indolenza e
d'inazione di fronte a cui l'infelice popolazione russa, soggetta fino a poco fa al capitalismo di Stato
integrale, si sta comportando fino a questo momento con una passività sconcertante. Si tratta di una
passività favorevole alla generalizzazione del marasma, del caos e, forse, al concretizzarsi di una
crisi conflittuale interna suscettibile, a sua volta, di degenerare in una guerra civile... o mondiale. In
questo quadro hanno fatto irruzione gli avvenimenti sensazionali e brumosi dell'agosto del 1991,
che hanno avuto come protagonisti Gorbaciov, Eltsin e altri coautori di questa mossa, che hanno
aperto la strada alla trasformazione dell'URSS in una debole confederazione di Stati e poi al suo
smantellamento. Si parla dell'eventuale caduta del regime di Fidel Castro a Cuba e della possibile
invasione dell'Europa Occidentale da parte di orde di affamati provenienti dall'Oriente e dal
Magreb. I diversi tentativi di albanesi bisognosi de penetrare in Italia sarebbero stati come un primo
saggio di questa nuova "invasione barbarica" in Europa. Non manca chi, nella Penisola Iberica
come in altri paesi d'Europa, collega queste ipotesi con la presenza di moltitudini di maomettani,
irresponsabilmente ammessi in anni precedenti in diversi punti di questo continente e con i progetti
di costruzione di un ponte sullo stretto di Gibilterra, che collegherebbe l'Africa Settentrionale al
territorio spagnolo, il che favorirebbe a sua volta altre invasioni di musulmani in Europa . Curiosa
somiglianza di effetti della caduta della Cortina di Ferro e della costruzione di questo ponte:
entrambi aprirebbero il continente europeo a invasioni analoghe a quelle respinte vittoriosamente da Carlo Magno, cioè quelle da parte di orde barbariche o semi-barbariche provenienti dall'Oriente e di orde maomettane provenienti da regioni a sud del continente europeo. Si direbbe quasi che si 

ricompone il quadro pre-medioevale. Ma manca qualcosa: è l'ardore di fede primaverile delle popolazioni cattoliche chiamate a far fronte simultaneamente a entrambi gli impatti.


Ma, soprattutto, manca qualcuno: dove trovare attualmente un uomo della statura di Carlo Magno? Se
immaginiamo lo sviluppo delle ipotesi sopra enunciate, il cui principale scenario sarebbe
l'Occidente, indubbiamente ci spaventeranno la dimensione e la drammaticità delle conseguenze
che le stesse porterebbero con sé. Tuttavia questa visione d'insieme non comprende neppur
lontanamente la totalità degli effetti che in questi giorni ci annunciano voci autorizzate, provenienti
da circoli intellettuali in palese opposizione fra loro e da imparziali strumenti di comunicazione. Per esempio, il crescente contrasto fra paesi consumisti e paesi poveri. Oppure, in altri termini, fra nazioni ricche e industrializzate e altre che sono semplici produttrici di materie prime. Ne
nascerebbe uno scontro di proporzioni mondiali fra ideologie diverse, raccolte da un lato attorno
all'arricchimento indefinito e dall'altro al sottoconsumo miserabilista. Di fronte a questo eventuale
scontro è impossibile non ricordare la lotta di classe auspicata da Marx. E da questo nasce
naturalmente una domanda: tale lotta di classe sarà una proiezione, in termini mondiali, di uno
scontro analogo a quello concepito da Marx soprattutto come un fenomeno socio-economico
all'interno delle nazioni, conflitto al quale parteciperebbe ognuna di esse con caratteristiche proprie?
In questa ipotesi la lotta fra il Primo e il Terzo Mondo servirà da travestimento attraverso il quale il
marxismo, svergognato dal suo catastrofico fallimento socio-economico e trasformato, cercherebbe
di ottenere, con rinnovate possibilità di successo, la vittoria finale? Una vittoria fino a questo
momento sfuggita dalle mani di Gorbaciov, il quale, benché certamente non ne sia il dottore, è
almeno un insieme di bardo e di prestidigitatore della perestrojka... Proprio della perestroijka, della
quale non è possibile dubitare che sia una realizzazione del comunismo dal momento che lo
confessa il suo stesso autore nel saggio propagandistico Perestrojka : il nuovo pensiero per il nostro
paese e per il mondo (trad. it., Mondadori, Milano 1987, p. 37): "Lo scopo di questa riforma è
assicurare [...] la transizione da una direzione eccessivamente centralizzata, e basata sugli ordini, a
una direzione democratica, basata su una combinazione tra il centralismo democratico e
l'autogestione". Autogestione che, per altro, era, "l'obiettivo supremo dello Stato sovietico", come
stabiliva la stessa Costituzione dell'ex-URSS nel suo Preambolo. 
".

Condivido quanto scritto ma qui ci sarebbe da fare anche un discorso di geopolitica.
Il professor Plinio Correa de Oliveira ha parlato della necessità di un nuovo Carlo Magno per rimettere l'Europa in carreggiata.
Purtroppo, però, la situazione è ben diversa.
Se guardate la cartina qui sopra, noterete alcune cose importanti dell'Europa del tempo di Carlo Magno.
A sud est vi era il glorioso Impero Romano d'Oriente (o Impero Bizantino) .
Oggi, purtroppo, questo impero non c'è più, anche per colpa degli Europei che nel 1204 ne saccheggiarono la capitale, Costantinopoli, e poi lo lasciarono solo di fronte ai Turchi, che il 29 maggio 1453 lo conquistarono.
Ora, l'Impero Romano d'Oriente era molto importante da un punto di vista geopolitico.
Esso impediva all'Islam di penetrare in Europa, esattamente come i Franchi che con il loro re Carlo Martello respinsero gli Arabi a Poitiers nel 7.
Basti pensare agli assedi subiti da Costantinopoli nel 674 e nel 717.
Oggi, invece, c'è la Turchia, uno Stato musulmano che derivò dalla disgregazione dell'Impero Ottomano.
Per quanto la Turchia abbia cercato di essere uno Stato laico, i fermenti del fondamentalismo islamico sono ben presenti.
Leggete questo articolo che è stato messo dall'amico Angelo Fazio su Facebook:

"Turchia, Erdogan gareggia in moschee e smantella lo stato laico di Ataturk- In progetto due enormi templi a Istanbul e un terzo a Diyarbakir, in luogo dell'attuale stadio intitolato al fondatore della Turchia laica: questa sarà anzi la più grande del Paese. Per l'opposizione il governo è impegnato in una progressiva islamizzazione del Paese-Turchia sempre meno laica. Non si ferma l’opera di costruzione di nuove moschee con la benedizione dello Stato in Turchia. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha annunciato nei giorni scorsi l’avvio a breve dei lavori per la realizzazione di due grandi moschee a Istanbul: una di 15mila metri quadrati, con i minareti più alti del mondo, su una collina a picco sul Bosforo, che potrà essere ben visibile da ogni angolo della città, e un’altra in piazza Taksim, cuore commerciale e civile della capitale turca, con una gigantesca cupola, probabilmente anche in questo caso la più grande del mondo.Il quotidiano Radikal, uno dei più influenti in Turchia, riferisce inoltre che a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco, sarà costruita “la più grande moschea del paese”. Secondo il giornale, che cita il Gran Mufti di Diyarbakir Nimetullah Erdogmus, il nuovo edificio religioso sarà costruito al posto dell’attuale stadio di calcio intotolato, guarda caso, a Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della repubblica turca di marca laico-occidentalista, che adottò un nuovo codice civile su modello di quello svizzero. La nuova grande moschea di Diyarbakir, città situata molto all’interno della Turchia, lungo le sponde del fiume Tigri, potrà ospitare qualcosa come 20mila fedeli e sarà realizzata secondo il modello della celebre moschea Al-Masijd al-Nabawi di Medina, la città santa per eccellenza dell’Islam in Arabia Saudita.".

La situazione è ancora più intricata, se si considera anche un altro fattore.
Con l'Impero Ottomano, l'Islam si stabilì anche in aree dell'Europa, come la Bosnia-Erzegovina e l'Albania.
Un altro fattore importante è la divisione tra cristiani.
Infatti, com'è noto, i cristiani europei sono divisi in cattolici, ortodossi, protestanti ed anglicani.
Anche se causò la fine dell'Impero Romano d'Oriente, la divisione tra cattolici ed ortodossi si può superare poiché è solo disciplinare.  Diverso è, invece,  il discorso con i protestanti.
Con questi ultimi la divisione è anche dogmatica.
Già nel XVI secolo, l'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V (1500-1558) cercò di riunire l'Europa intorno alla tradizione cristiana.
Non vi riuscì proprio a causa della divisione e delle guerre tra cattolici e protestanti, l'imperatore non riuscì in questa impresa.
Anzi, la divisione tra cattolici e protestanti favorì i Turchi che a Mohacs (nel 1526) sconfissero i cristiani, rischiano di raggiungere Vienna e Roma.
Oltre a ciò, va detto che anche il mondo cattolico è diviso.
Ad esempio, vi sono i contrasti tra chi è fedele alla tradizione e chi vorrebbe rendere la Chiesa diversa.
Non possiamo non parlare della secolarizzazione che è correlata alla divisione tra cristiani e l'avvento di ideologie ateistiche,. come il comunismo.
L'Europa attuale è stata fondata solo sulla tecnocrazia perché non ha più un'identità.
Essa,  però, sarà destinata a morire, se non recuperasse la propria identità.
Nemmeno un "nuovo Carlo Magno" potrebbe salvarla.
Cordiali saluti.










sabato 9 giugno 2012

Ernesto Galli della Loggia, "Una destra diversa", in 'il Mulino' n. 2/2012, pagg. 249-252

Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni mi ha segnalato questo brano di Ernesto Galli della Loggia:

«Ciò che è quasi impossibile far abitualmente accettare è l’idea che all’origine del ruolo politico e della vittoria di Berlusconi ci sia stata innanzitutto una fortissima ragione di tipo sistemico. Così come l’idea che senza di lui e senza la sua azione unificatrice difficilmente si sarebbe potuto formare un competitivo polo politico di destra in grado di vincere per ben tre volte le elezioni. Tuttavia, pur avendo alle spalle circa dieci anni di governo, la destra italiana non è ancora riuscita a risolvere il problema cruciale di darsi una vera identità. Ancora oggi la sua unica vera ragion d’essere resta quella del 1994, l’anno della sua prima vittoria elettorale: impedire alla sinistra di vincere e di governare. […] Ma a dispetto di quel che si sente ripetere tante volte, denaro e tv non sono stati gli elementi decisivi dei suoi successi elettorali. Denaro e tv sono stati essenziali, semmai, per un’altra cosa non meno importante: e cioè per assicurargli il dominio assoluto sulla sua coalizione. Per farne il leader incontrastato e incontrastabile della destra. Venuta meno la carta programmatica della destra non è rimasto che giocare poche carte identitarie (ma anche qui non senza qualche contrasto più o meno sotterraneo tra le sue fila): la carta di un forte rapporto con la tradizione cattolica del Paese e con la Chiesa, quella dell’enfasi sulla sicurezza, sul “law and order”, o la carta del contrasto all’immigrazione clandestina. Evidente, però, è stata l’incapacità, se non addirittura il disinteresse – abbastanza sorprendente dal momento che aveva in mano tutte le leve del potere –, che la destra ha dimostrato nell’affermare o organizzare una propria presenza culturale e intellettuale nella società italiana. Nulla o quasi ha fatto, ad esempio, per adoperare a questo scopo la direzione degli innumerevoli enti e agenzie culturali, per legge a disposizione dell’esecutivo. Ha cercato di impadronirsi, guarda caso, solo della tv pubblica, riuscendo a farlo esclusivamente per quel che riguarda due canali su tre. Ma anche in questo caso, mi sembra, solo limitatamente ai notiziari, e per il resto puntando sulla messa in onda di qualche fiction convenzionale destinata peraltro a uno scarsissimo successo. Si è così manifestata ancora una volta la debolezza storica di fondo della destra nell’Italia repubblicana. Essa continua a essere esclusa dal mainstream del discorso pubblico. Un’esclusione che riflette una più generale esclusione della destra e dei suoi esponenti dai centri più importanti del potere italiano. Nei salotti buoni dell’alta borghesia, nei circoli della finanza, tra l’intellettualità, nell’università, nei giornali che contano, è ancora oggi rarissimo imbattersi in chi abbia una riconosciuta appartenenza di destra. […] È invece accaduto paradossalmente che proprio sotto il suo governo l’interdetto antifascista – che durante un breve intermezzo tra gli anni Ottanta e Novanta sembrava ormai in via di superamento, e dunque sembrava destinato a non dover più pesare come fattore di esclusione a carico della destra stessa – si sia trovato, viceversa, rimesso in auge e rafforzato sotto le nuove spoglie di interdetto antiberlusconiano e antileghista, aprendo una nuova stagione di delegittimazione. Si perpetua in tal modo un duplice pregiudizio che, sfruttato politicamente a dovere da chi ha interesse a farlo, ha nuociuto gravemente al sistema politico italiano e alla vita pubblica del Paese. Il pregiudizio, cioè, secondo il quale: 1) la destra non può che essere qualcosa di radicalmente negativo e ha una natura sostanzialmente estranea o ostile all’ordine costituzionale democratico; e 2) l’idea che di conseguenza il sistema politico italiano debba e possa fare stabilmente a meno di un polo politico di destra.».


Ringrazio Filippo, un ragazzo molto intelligente (che stimo e di cui apprezzo l'acume) che mi ha segnalato questo brano.
Se Filippo volesse venire qui a Roncoferraro, in Provincia di Mantova, a spiegare cosa significhi veramente essere di destra sarebbe il benvenuto.
Ora, commento il brano.
In primo luogo, il ruolo del presidente Berlusconi è stato (ed è) molto importante.
Il presidente Berlusconi è stata una figura di rottura di un sistema fondato sulla falsa contrapposizione tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista.
Quella tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista è stata una falsa contrapposizione.
In realtà, infatti, Democrazia Cristiana e Partito Comunista si spartirono il potere.
La dimostrazione è proprio il fatto che vi siano esponenti ex-DC che militano nel Partito Democratico, in un abbraccio mortale con i post-comunisti (nel Partito Democratico) ed alleati con i vetero-comunisti (Rifondazione Comunista) ed i neo-comunisti  (Sinistra. Ecologia e Libertà).
Il presidente Berlusconi ha creato una forza politica alternativa al centrosinistra (o meglio sinistra-centro), portando al governo la destra (l'ex Movimento Sociale Italiano, poi Alleanza Nazionale) e la Lega Nord ed unendosi a forze moderate di origine democristiana (il Centro Cristiano Democratico, poi Unione di Centro, di Pierferdinando Casini) e del Partito Socialista Italiano.
La nascita del Popolo della Libertà (nel 2007) sarebbe stata lo sbocco naturale di questo processo politico. 
Oggi, a causa della scissione di Futuro e Libertà da Popolo della Libertà e le idee da nuova Democrazia Cristiana di Pierferdinando Casini hanno fatto smarrire la strada.
Figli della vecchia politica della I Repubblica, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini hanno preferito tornare al consociativismo con la sinistra, per avere il "piatto di lenticchie", ossia quel poco di visibilità che con il presidente Berlusconi non avevano.
Questi (in particolare Fini) hanno smarrito la strada dell'essere di destra.
Essere di destra, prima di tutto, significa essere avversi al comunismo in tutte le sue forme. 
Vi invito a leggere questo brano del libro "Rivoluzione e Controrivoluzione" di Plinio Correa de Oliveira:


"B. Lotta contro il comunismo
In questa parte prendiamo in considerazione le organizzazioni che non si dedicano in modo speciale
alla costruzione di un ordine sociale buono, ma al combattimento contro il comunismo. Per le
ragioni già esposte in questo studio, giudichiamo legittimo e spesso perfino indispensabile tale tipo
di organizzazione. È chiaro che a questo modo non intendiamo identificare la Contro-Rivoluzione
con abusi che organismi di questo genere possano avere commesso in questo o quel paese.
Inoltre osserviamo che l'efficacia contro-rivoluzionaria di tali organizzazioni può essere aumentata
di molto se, pur mantenendosi sul loro terreno specifico, i loro membri avranno sempre presenti
alcune verità essenziali:
1) Soltanto una confutazione intelligente del comunismo è efficace. Non basta la semplice
ripetizione di slogans, anche quando sono intelligenti e abili.
2) Questa confutazione, negli ambienti colti, deve colpire i fondamenti dottrinali ultimi del
comunismo. È importante indicare il suo carattere essenziale di setta filosofica che deduce dai suoi
princìpi una specifica concezione dell'uomo, della società, dello Stato, della storia, della cultura,
ecc. Esattamente come la Chiesa deduce dalla Rivelazione e dalla legge morale tutti i princìpi della
civiltà e della cultura cattolica. Tra il comunismo, setta che contiene in sé la pienezza della
Rivoluzione, e la Chiesa, non vi è, quindi, conciliazione possibile.
3) Le moltitudini ignorano il cosiddetto comunismo scientifico, e non è la dottrina di Marx ad
attirare le masse. Un'azione ideologica anticomunista deve colpire, nel grande pubblico, una
disposizione di spirito molto diffusa, che suscita, spesso, negli stessi avversari del comunismo una
certa vergogna a mettersi contro di esso. Questa disposizione di spirito proviene dall'idea, più o meno cosciente, che qualsiasi disuguaglianza è un'ingiustizia, e che si devono eliminare non solo le grandi ma anche le medie fortune, poiché se non ci fossero i ricchi non ci sarebbero neppure i poveri. Come si può vedere, si tratta di un residuo di certe scuole socialiste del secolo XIX, circondato dal profumo di un sentimentalismo romantico. Da ciò nasce una mentalità che, pur professandosi anticomunista, si definisce da sé, frequentemente, socialista. Questa mentalità, sempre più potente in Occidente, costituisce un pericolo molto maggiore della stessa penetrazione dottrinale marxista. Essa ci conduce lentamente per una china di concessioni che potranno giungere fino al punto estremo di trasformare in repubbliche comuniste le nazioni di qua dalla cortina di ferro. Tali concessioni, nelle quali possiamo intravedere una tendenza all'ugualitarismo economico e al dirigismo, si fanno notare in tutti i campi. L'iniziativa privata viene limitata sempre più. Le tasse di successione sono tanto onerose che in certi casi il fisco diviene l'erede principale. Gli
interventi pubblici in materia di cambio, esportazione e importazione, fanno sì che tutti gli interessi
industriali, commerciali e bancari dipendano dallo Stato. Lo Stato interviene in tutto, nei salari,
negli affitti, nei prezzi. Lo Stato possiede industrie, banche, università, giornali, stazioni radio,
canali televisivi, ecc. E mentre il dirigismo ugualitario va in questo modo trasformando l'economia,
l'immoralità e il liberalismo stanno dissolvendo la famiglia e preparano il cosiddetto libero amore.
Senza una lotta specifica contro questa mentalità, anche se un cataclisma inghiottisse Russia e Cina,
l'Occidente, nello spazio di cinquanta o cento anni, diventerebbe comunista.
4) Il diritto di proprietà è talmente sacro che, anche se un regime desse alla Chiesa tutta la libertà e
perfino tutto l'appoggio, essa non potrebbe accettare come lecita una organizzazione sociale nella
quale tutti i beni fossero collettivi.".



Essere di destra significa, prima di tutto, combattere contro il comunismo.
Non bisogna provare vergogna nell'attaccare (anche aspramente, se è necessario) l'ideologia comunista.
Qui a Roncoferraro, ad esempio, ci sono tante persone che hanno quasi paura di attaccare la sinistra, tanto che i consiglieri comunali del Popolo della Libertà hanno votato a favore della mozione del centrosinistra che tratta la materia dell'IMU.
Onestamente, io non ho paura di attaccare l'ideologia della sinistra.
Non provo vergogna nel dire che l'eguaglianza non esiste e nel condannare l'egualitarismo.
Di certo, chi sta dall'altra parte non mi ha in simpatia.
Su di me viene usato il metodo del pensiero rivoluzionario che è citato nello stesso libro di Plinio Correa de Oliveira.
Ad esempio, mi viene detto (addirittura) che io tradisca mio padre, che è stato un operaio (e che oggi è in pensione) oppure che io difenda coloro che non mi danno il lavoro e che, quindi, meriti di restare senza lavoro.
E' vero, io sono figlio di un operaio (e ne vado fiero)  e sono disoccupato ma non odio i ricchi in quanto tali.
Se una persona è ricca, perché dovrei odiarla?
La ricchezza non è una colpa.
Io non voglio la lotta di classe.
Per me, questo pauperismo è solo pura ipocrisia.
Io ammiro personaggi come re Carlo I Stuart e non amo quelli come Oliver Cromwell.
Per me, questo è il significato dell'essere di destra.
Essere di destra significa essere per la sussidiarietà, contro l'assistenzialismo di sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della proprietà privata, contro le vessazioni fiscali della sinistra.
Essere di destra significa essere per la famiglia, contro il "libero amore" della sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della cultura del proprio Paese, contro il mondialismo tipico di una certa massoneria e della sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della vita, contro le politiche abortiste e pro-eutanasia della sinistra.
Forse, il centrodestra italiano dovrebbe recuperare questi principi.
Cordiali saluti. 














domenica 4 marzo 2012

CATTEDRALE DI EVREUX, UN CASO GEOPOLITICO




Cari amici ed amiche.

Il video che ho preso da Youtube e che ho messo qui sopra mostra la cattedrale di Evreux.
Evreux è una città della Normandia (Francia) e ha un gioiello di arte e di storia, la cattedrale.
Come quella di Parigi e di Chartres, la cattedrale di Evreux è dedicata a Notre Dame.
Essa nasconde una storia molto ricca, non solo dal punto di vista artistico.
Guardando l'edificio dall'interno, noterete che la parte inferiore è in stile romanico-normanno mentre quella superiore è gotica.
Questa cosa è molto significativa.
Questa chiesa racconta una parte importante della storia francese ed europea.
Nel 1214 ci fu un fatto molto importante.
La Francia sconfisse l'Inghilterra a Bouvines e ciò cambiò molto la geopolitica.
Prima della sconfitta subita a Bouvines, gli Inglesi erano padroni della parte occidentale della Francia e della Normandia, sia per le origini della famiglia reale inglese e sia per effetto del matrimonio tra Eleonora d'Aquitania, Duchessa di Poitiers, ed il re d'Inghilterra Enrico II, un normanno, matrimonio che fu contratto nel 1115, dopo il divorzio tra Eleonora ed il re di Francia Luigi VII.
Dopo la battaglia di Bouvines, i Francesi presero l'ovest della Francia e agli Inglesi restò Calais fino al 1558.
Ora, in Francia si stava affermando una nuova architettura, l'architettura gotica.
Questa architettura era legata proprio all'identità di questa nazione, quasi come se fosse un segno distintivo della stessa nazione francese, da contrapporre allo stile romanico-palatino della Germania e a quello normanno dell'Inghilterra.
Di questa cosa parlai in un articolo, che potrete leggere seguendo il link http://italiaemondo.blogspot.com/2012/02/larte-romanica-europea-e-la-geopolitica.html.
Come per un gioco geopolitico, molte chiese normanne e romaniche vennero distrutte o incendiate e sostituite con chiese di stile gotico.
nel 1194 fu incendiata la cattedrale di Chartres ed il 06 maggio 1211 la stessa sorte toccò a quella di Reims.
Anche la cattedrale di Evreux fu incendiata, nel 1119.
Ciò fu molto più significativo di quanto si possa immaginare.
Questa distruzione di cattedrali romaniche e normanne e la loro sostituzione con edifici gotici fu il segnale di un cambio di politica.
La Francia non era più soggetta al Sacro Romano Impero e agli Anglo-normanni ma era diventata una potenza europea.
Ars ancilla civilitatis est!
Cordiali saluti.

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I vaccini hanno fatto danni...ed è ora di ammetterlo

Ringrazio l'amico Morris Sonnino dello screenshot del quotidiano " La Verità ".