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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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sabato 9 giugno 2012

Ernesto Galli della Loggia, "Una destra diversa", in 'il Mulino' n. 2/2012, pagg. 249-252

Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni mi ha segnalato questo brano di Ernesto Galli della Loggia:

«Ciò che è quasi impossibile far abitualmente accettare è l’idea che all’origine del ruolo politico e della vittoria di Berlusconi ci sia stata innanzitutto una fortissima ragione di tipo sistemico. Così come l’idea che senza di lui e senza la sua azione unificatrice difficilmente si sarebbe potuto formare un competitivo polo politico di destra in grado di vincere per ben tre volte le elezioni. Tuttavia, pur avendo alle spalle circa dieci anni di governo, la destra italiana non è ancora riuscita a risolvere il problema cruciale di darsi una vera identità. Ancora oggi la sua unica vera ragion d’essere resta quella del 1994, l’anno della sua prima vittoria elettorale: impedire alla sinistra di vincere e di governare. […] Ma a dispetto di quel che si sente ripetere tante volte, denaro e tv non sono stati gli elementi decisivi dei suoi successi elettorali. Denaro e tv sono stati essenziali, semmai, per un’altra cosa non meno importante: e cioè per assicurargli il dominio assoluto sulla sua coalizione. Per farne il leader incontrastato e incontrastabile della destra. Venuta meno la carta programmatica della destra non è rimasto che giocare poche carte identitarie (ma anche qui non senza qualche contrasto più o meno sotterraneo tra le sue fila): la carta di un forte rapporto con la tradizione cattolica del Paese e con la Chiesa, quella dell’enfasi sulla sicurezza, sul “law and order”, o la carta del contrasto all’immigrazione clandestina. Evidente, però, è stata l’incapacità, se non addirittura il disinteresse – abbastanza sorprendente dal momento che aveva in mano tutte le leve del potere –, che la destra ha dimostrato nell’affermare o organizzare una propria presenza culturale e intellettuale nella società italiana. Nulla o quasi ha fatto, ad esempio, per adoperare a questo scopo la direzione degli innumerevoli enti e agenzie culturali, per legge a disposizione dell’esecutivo. Ha cercato di impadronirsi, guarda caso, solo della tv pubblica, riuscendo a farlo esclusivamente per quel che riguarda due canali su tre. Ma anche in questo caso, mi sembra, solo limitatamente ai notiziari, e per il resto puntando sulla messa in onda di qualche fiction convenzionale destinata peraltro a uno scarsissimo successo. Si è così manifestata ancora una volta la debolezza storica di fondo della destra nell’Italia repubblicana. Essa continua a essere esclusa dal mainstream del discorso pubblico. Un’esclusione che riflette una più generale esclusione della destra e dei suoi esponenti dai centri più importanti del potere italiano. Nei salotti buoni dell’alta borghesia, nei circoli della finanza, tra l’intellettualità, nell’università, nei giornali che contano, è ancora oggi rarissimo imbattersi in chi abbia una riconosciuta appartenenza di destra. […] È invece accaduto paradossalmente che proprio sotto il suo governo l’interdetto antifascista – che durante un breve intermezzo tra gli anni Ottanta e Novanta sembrava ormai in via di superamento, e dunque sembrava destinato a non dover più pesare come fattore di esclusione a carico della destra stessa – si sia trovato, viceversa, rimesso in auge e rafforzato sotto le nuove spoglie di interdetto antiberlusconiano e antileghista, aprendo una nuova stagione di delegittimazione. Si perpetua in tal modo un duplice pregiudizio che, sfruttato politicamente a dovere da chi ha interesse a farlo, ha nuociuto gravemente al sistema politico italiano e alla vita pubblica del Paese. Il pregiudizio, cioè, secondo il quale: 1) la destra non può che essere qualcosa di radicalmente negativo e ha una natura sostanzialmente estranea o ostile all’ordine costituzionale democratico; e 2) l’idea che di conseguenza il sistema politico italiano debba e possa fare stabilmente a meno di un polo politico di destra.».


Ringrazio Filippo, un ragazzo molto intelligente (che stimo e di cui apprezzo l'acume) che mi ha segnalato questo brano.
Se Filippo volesse venire qui a Roncoferraro, in Provincia di Mantova, a spiegare cosa significhi veramente essere di destra sarebbe il benvenuto.
Ora, commento il brano.
In primo luogo, il ruolo del presidente Berlusconi è stato (ed è) molto importante.
Il presidente Berlusconi è stata una figura di rottura di un sistema fondato sulla falsa contrapposizione tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista.
Quella tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista è stata una falsa contrapposizione.
In realtà, infatti, Democrazia Cristiana e Partito Comunista si spartirono il potere.
La dimostrazione è proprio il fatto che vi siano esponenti ex-DC che militano nel Partito Democratico, in un abbraccio mortale con i post-comunisti (nel Partito Democratico) ed alleati con i vetero-comunisti (Rifondazione Comunista) ed i neo-comunisti  (Sinistra. Ecologia e Libertà).
Il presidente Berlusconi ha creato una forza politica alternativa al centrosinistra (o meglio sinistra-centro), portando al governo la destra (l'ex Movimento Sociale Italiano, poi Alleanza Nazionale) e la Lega Nord ed unendosi a forze moderate di origine democristiana (il Centro Cristiano Democratico, poi Unione di Centro, di Pierferdinando Casini) e del Partito Socialista Italiano.
La nascita del Popolo della Libertà (nel 2007) sarebbe stata lo sbocco naturale di questo processo politico. 
Oggi, a causa della scissione di Futuro e Libertà da Popolo della Libertà e le idee da nuova Democrazia Cristiana di Pierferdinando Casini hanno fatto smarrire la strada.
Figli della vecchia politica della I Repubblica, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini hanno preferito tornare al consociativismo con la sinistra, per avere il "piatto di lenticchie", ossia quel poco di visibilità che con il presidente Berlusconi non avevano.
Questi (in particolare Fini) hanno smarrito la strada dell'essere di destra.
Essere di destra, prima di tutto, significa essere avversi al comunismo in tutte le sue forme. 
Vi invito a leggere questo brano del libro "Rivoluzione e Controrivoluzione" di Plinio Correa de Oliveira:


"B. Lotta contro il comunismo
In questa parte prendiamo in considerazione le organizzazioni che non si dedicano in modo speciale
alla costruzione di un ordine sociale buono, ma al combattimento contro il comunismo. Per le
ragioni già esposte in questo studio, giudichiamo legittimo e spesso perfino indispensabile tale tipo
di organizzazione. È chiaro che a questo modo non intendiamo identificare la Contro-Rivoluzione
con abusi che organismi di questo genere possano avere commesso in questo o quel paese.
Inoltre osserviamo che l'efficacia contro-rivoluzionaria di tali organizzazioni può essere aumentata
di molto se, pur mantenendosi sul loro terreno specifico, i loro membri avranno sempre presenti
alcune verità essenziali:
1) Soltanto una confutazione intelligente del comunismo è efficace. Non basta la semplice
ripetizione di slogans, anche quando sono intelligenti e abili.
2) Questa confutazione, negli ambienti colti, deve colpire i fondamenti dottrinali ultimi del
comunismo. È importante indicare il suo carattere essenziale di setta filosofica che deduce dai suoi
princìpi una specifica concezione dell'uomo, della società, dello Stato, della storia, della cultura,
ecc. Esattamente come la Chiesa deduce dalla Rivelazione e dalla legge morale tutti i princìpi della
civiltà e della cultura cattolica. Tra il comunismo, setta che contiene in sé la pienezza della
Rivoluzione, e la Chiesa, non vi è, quindi, conciliazione possibile.
3) Le moltitudini ignorano il cosiddetto comunismo scientifico, e non è la dottrina di Marx ad
attirare le masse. Un'azione ideologica anticomunista deve colpire, nel grande pubblico, una
disposizione di spirito molto diffusa, che suscita, spesso, negli stessi avversari del comunismo una
certa vergogna a mettersi contro di esso. Questa disposizione di spirito proviene dall'idea, più o meno cosciente, che qualsiasi disuguaglianza è un'ingiustizia, e che si devono eliminare non solo le grandi ma anche le medie fortune, poiché se non ci fossero i ricchi non ci sarebbero neppure i poveri. Come si può vedere, si tratta di un residuo di certe scuole socialiste del secolo XIX, circondato dal profumo di un sentimentalismo romantico. Da ciò nasce una mentalità che, pur professandosi anticomunista, si definisce da sé, frequentemente, socialista. Questa mentalità, sempre più potente in Occidente, costituisce un pericolo molto maggiore della stessa penetrazione dottrinale marxista. Essa ci conduce lentamente per una china di concessioni che potranno giungere fino al punto estremo di trasformare in repubbliche comuniste le nazioni di qua dalla cortina di ferro. Tali concessioni, nelle quali possiamo intravedere una tendenza all'ugualitarismo economico e al dirigismo, si fanno notare in tutti i campi. L'iniziativa privata viene limitata sempre più. Le tasse di successione sono tanto onerose che in certi casi il fisco diviene l'erede principale. Gli
interventi pubblici in materia di cambio, esportazione e importazione, fanno sì che tutti gli interessi
industriali, commerciali e bancari dipendano dallo Stato. Lo Stato interviene in tutto, nei salari,
negli affitti, nei prezzi. Lo Stato possiede industrie, banche, università, giornali, stazioni radio,
canali televisivi, ecc. E mentre il dirigismo ugualitario va in questo modo trasformando l'economia,
l'immoralità e il liberalismo stanno dissolvendo la famiglia e preparano il cosiddetto libero amore.
Senza una lotta specifica contro questa mentalità, anche se un cataclisma inghiottisse Russia e Cina,
l'Occidente, nello spazio di cinquanta o cento anni, diventerebbe comunista.
4) Il diritto di proprietà è talmente sacro che, anche se un regime desse alla Chiesa tutta la libertà e
perfino tutto l'appoggio, essa non potrebbe accettare come lecita una organizzazione sociale nella
quale tutti i beni fossero collettivi.".



Essere di destra significa, prima di tutto, combattere contro il comunismo.
Non bisogna provare vergogna nell'attaccare (anche aspramente, se è necessario) l'ideologia comunista.
Qui a Roncoferraro, ad esempio, ci sono tante persone che hanno quasi paura di attaccare la sinistra, tanto che i consiglieri comunali del Popolo della Libertà hanno votato a favore della mozione del centrosinistra che tratta la materia dell'IMU.
Onestamente, io non ho paura di attaccare l'ideologia della sinistra.
Non provo vergogna nel dire che l'eguaglianza non esiste e nel condannare l'egualitarismo.
Di certo, chi sta dall'altra parte non mi ha in simpatia.
Su di me viene usato il metodo del pensiero rivoluzionario che è citato nello stesso libro di Plinio Correa de Oliveira.
Ad esempio, mi viene detto (addirittura) che io tradisca mio padre, che è stato un operaio (e che oggi è in pensione) oppure che io difenda coloro che non mi danno il lavoro e che, quindi, meriti di restare senza lavoro.
E' vero, io sono figlio di un operaio (e ne vado fiero)  e sono disoccupato ma non odio i ricchi in quanto tali.
Se una persona è ricca, perché dovrei odiarla?
La ricchezza non è una colpa.
Io non voglio la lotta di classe.
Per me, questo pauperismo è solo pura ipocrisia.
Io ammiro personaggi come re Carlo I Stuart e non amo quelli come Oliver Cromwell.
Per me, questo è il significato dell'essere di destra.
Essere di destra significa essere per la sussidiarietà, contro l'assistenzialismo di sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della proprietà privata, contro le vessazioni fiscali della sinistra.
Essere di destra significa essere per la famiglia, contro il "libero amore" della sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della cultura del proprio Paese, contro il mondialismo tipico di una certa massoneria e della sinistra.
Essere di destra significa essere per la difesa della vita, contro le politiche abortiste e pro-eutanasia della sinistra.
Forse, il centrodestra italiano dovrebbe recuperare questi principi.
Cordiali saluti. 














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