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mercoledì 20 giugno 2012

Gennaro Malgieri, "La destra deve uscire dall'irrilevanza", in 'Secolo d'Italia' del 08/06/12, p. 1

Cari amici ed amiche.

Leggete questo articolo scritto da Gennaro Malgieri su "Il Secolo d'Italia".
Esso mi è stato inoltrato dall'amico Filippo Giorgianni e recita:

«Dopo la crisi politica del novembre scorso, culminata con la fine del governo Berlusconi, immaginavo (ingenuamente) che nel PdL si prendesse finalmente a discutere, con serietà d’intenti ed animo scevro da idiosincrasie, di progetti, programmi e dell’identità stessa del partito nato da una innegabile “fusione a freddo” i cui effetti sono stati immediatamente manifesti. Mi sbagliavo nel ritenere che i vertici del movimento volessero cogliere l’occasione per impostare una campagna di primavera all’insegna di una salutare riflessione sul modello-partito e sulle nuove ragioni della politica a fronte delle squassanti convulsioni, non soltanto economico-finanziarie, che ci tengono in apprensione. Devo constare, con rammarico, che niente ridesta dal torpore il partito di Berlusconi finito in un girone infernale dopo l’esito delle elezioni amministrative. Continuo a credere, tuttavia, che qualcosa può ancora essere rivitalizzato nell’ambito del PdL: le diverse soggettività che lo compongono potrebbero assumere, prima che sia troppo tardi, quella libertà di elaborazione e d’azione capaci di attrarre fasce diverse di elettorato e sottrarle all’obbligo di scegliere acriticamente (per scarsità di offerta politica) un partito-contenitore nel quale l’amalgama auspicato non è riuscito. Ciò vale soprattutto per coloro i quali si sono riconosciuti e continuano a riconoscersi in una destra politicamente resa irrilevante dal continuo compromesso con altre sensibilità politiche che non ha portato alla nascita di un soggetto fornito di una nuova e riconoscibile identità come pure chi scrive sperava, fin dal 2002, conducendo una battaglia insieme con pochi altri amici, affinché nascesse il partito unico del centrodestra coerentemente con il bipolarismo che all’epoca sembrava fuori discussione. Continuo a pensare, rafforzato nella mia convinzione dagli avvenimenti delle ultime settimane, che al disfacimento del centrodestra potrebbe opporsi proprio quella destra negata che in tale schieramento sopravvive tra risentimenti e scoramenti. Da qui la mia totale adesione all’appello dell’amico Marcello Veneziani che, con la lucidità che lo caratterizza, ha lanciato una prospettiva unificante le varie “anime” della diaspora della destra in vista di una nuova stagione politica. Nei mesi scorsi anch’io mi sono impegnato con numerosi interventi suLibero, Il Tempo, Il Borghese, l’Occidentale.it e in tante occasioni pubbliche (perlopiù carbonare) nel sostenere la necessità avanzata da Veneziani e condivisa, a parole, da numerosi esponenti dell’ex-AN oggi allocati nel PdL, in Popolo e Territorio, in Coesione nazionale, in FareFuturo, nei Cristiano riformisti, in FLI, ne la Destra ed in tanti altri soggetti meno conosciuti, ma non meno importanti. Inutile dire che finora non è sortita alcuna discussione degna di rilievo a testimonianza della grande confusione che regna tra coloro che pur non hanno mai rinnegato le proprie radici di destra (uso questo termine per esemplificare). Che fare? Credo sia arrivato il momento di dare vita ad un movimento includente, sia chiaro, e non revanscista o, peggio, caricatura di un raggruppamento di “combattenti e reduci”, che tessa nuova tela politica guardando alle contraddizioni della modernità e riprendendo quei valori tutt’altro che caduchi intorno ai quali ricostruire una trama d’intervento da portare in dote ad un nuovo centrodestra. Insomma, ciò che rimane della destra, come presenza riconoscibile, dovrebbe agire da lievito per far crescere culturalmente e politicamente un grumo di idee che mai come oggi risultano attualissime. Temi come l’identità nazionale, il sovranismo, l’improcrastinabile costruzione di un’Europa dei popoli e delle nazioni da contrapporre a quella senz’anima dei tecnocrati e dei banchieri, il rilancio della centralità geostrategica del Mediterraneo, ilrecupero della cultura della tradizione quale fonte ispiratrice della modernizzazione sostenibile, la crescita e lo sviluppo “umanizzati” dalla salvaguardia dell’intangibilità dei diritti primari e naturali della persona, la funzione dello Stato come ente regolatore dei conflitti e promotore di una Big Society fondata sulla sussidiarietà costituiscono gli elementi di un patrimonio che la destra non dovrebbe gettare al vento, ma rivitalizzarlo. Intorno ad esso, chi nella destra si riconosce, potrebbe ritrovarsi riproponendo innanzitutto la Grande Riforma delle istituzioni (imperniata su un presidenzialismo credibile e non improvvisato), proponendo magari l’istituzione di un’Assemblea costituente, garanzia di intervento popolare, facendola finita con le solite conventicole di “piccoli saggi” destinate al fallimento, dalla quale venga fuori un nuovo sistema fondato sulla democrazia partecipativa e decidente. Ricordo che presidenzialismo e parlamentarismo, nel quadro di un bilanciamento di poteri chiaro e coerente con le esigenze che la crisi che stiamo vivendo ha evidenziato in maniera drammatica, potrebbero proficuamente convivere come nel tempo hanno sostenuto inascoltati studiosi e politici lungimiranti da Costamagna a Pacciardi, da Vinciguerra a Operti, da Calamandrei a Valiani, da Almirante a Craxi, da Miglio a Segni. Perché dimenticare che la destra italiana, la sua cultura essenzialmente, è stata all’avanguardia nell’immaginare l’avvenire del nostro Paese, la sua inevitabile crisi, i possibili rimedi? Perché non dovrebbe rigenerarsi condannandosi all’estinzione? Personalmente non mi rassegno. E attendo risposte. Da chiunque.»

Confermo la stima che ho per Filippo, un ragazzo in gamba.
I suoi amici sono fortunati e per me è un piacere averlo tra i miei interlocutori.
L'argomento mi interessa, soprattutto tenendo conto del fatto che io sia un uomo di destra.
Io penso che per fare uscire la destra dall'irrilevanza serva una battaglia culturale.
Purtroppo, si è affermata una "kultura" (uso la lettera "k" per via del suo orientamento politico) che vuole proporre una visione distorta della destra, una visione che la associa (ad esempio)  ai crimini nazisti.
La destra è tutta un'altra cosa.
La destra (quella vera) esisteva da prima della nascita del nazismo.
Nei secoli passati, essere di destra voleva dire essere contro quelle tendenze ideologiche figlie della I Rivoluzione inglese del 1649, della II Rivoluzione inglese del 1688 (detta "Gloriosa Rivoluzione) e della Rivoluzione francese del 1789.
Poi, l'idea fu cambiata.
Con il termine "destra" si bollò anche quelle idee che avevano il nazionalismo ed il militarismo ma che non ebbero origini dalla vera destra.
Per esempio, il fascismo ed il nazismo furono identificati come di "destra" ma le loro origini furono di destra?
La risposta è negativa.
Fascismo e nazismo non furono (e non sono) ideologie di destra.
Essi provennero dal socialismo, un'ideologia figlia della Rivoluzione.
Basti studiare la storia del fascismo. 
Non poteva un'ideologia figlia di una visione rivoluzionaria essere contro le tendenze rivoluzionarie.
Quindi, nazismo e fascismo (che erano prodotti del socialismo) non potevano essere contro le tendenze rivoluzionarie.
Essere di destra significa essere per la difesa dei valori cardine di una società.
La nostra società, per esempio, è incardinata sui principi della tradizione giudaico-cristiana, tradizione che porta con sé altri principi, come la sussidiarietà, principio già citato nella Dottrina sociale della Chiesa
Un altro principio della cultura della nostra società è la difesa del diritto di proprietà, sia dei beni strettamente privati (come la casa) e sia dei beni d'uso pubblico, come le aziende.
Un altro principio valido è quello del rifiuto dell'egualitarismo, idea castrante che, "in nome dell'eguaglianza", mortifica ogni possibilità di ogni singolo uomo di realizzare sé stesso e di contribuire in modo attivo nella società.
Essere di destra vuole dire essere antirelativisti e per la difesa della famiglia e della vita come valori fondanti della società. 
Essere di destra vuole dire ribadire questi concetti e, sicuramente, ribadirò questi concetti anche nell'assemblea del Popolo della Libertà che si terrà qui a Roncoferraro, Mantova.
Cordiali saluti. 





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