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giovedì 24 novembre 2016

Lettere agli italiani all'estero, Renzi chiarisca

Cari amici ed amiche,

anche la mia amica e socia Stephanie Caracciolo ha ricevuto la famosa lettera che il caro premier Matteo Renzi ha mandato agli italiani all'estero, per fare loro votare il "Sì" al referendum.



Ora, si dice che per mandare queste lettere siano stati spesi soldi nostri.

Renzi e coloro che sono con lui dicono che per esse sono stati spesi dei soldi dei comitati in sostegno del "Sì".
La cosa deve essere chiarita.
Non sarebbe il massimo se fosse confermata come vera la notizia secondo cui per quelle lettere sarebbero spesi soldi nostri.
E' giusto che noi italiani sappiamo come sono andate veramente le cose.
Inoltre, vi è anche un'altra questione.
Su un blog legato a "Il Giornale" che si chiama "L'Egoista" vi è un interessante articolo che è intitolato "La lettera agli italiani all’estero pagata dal Governo? Se 3 indizi fanno una prova".
Ve lo riporto per intero:

"Aut. SMA: GIPA/CN/ER/0002/2013, la chiave per scoprire la verità su chi ha pagato la spedizione della famigerata lettera a favore del Sì ai 4 milioni di italiani residenti all’estero è tutta in questo codice. È stato calcolato che i costi si dovrebbero aggirare trai 4 ai 14 milioni di euretti, che non sono bruscolini, soprattutto se chi li ha pagati non poteva utilizzarli per scopi personali di propaganda politica di parte.

Osservando la foto della lettera inviata a Gerusalemme, e tralasciando la gravità di aver scritto Palestina su cui ogni commento è superfluo, mi è saltato all’occhio quel codice. Cosa vorrà dire?

Qualche rapida ricerca su internet ed ecco che si scopre che SMA indica un servizio di Poste Italiane (Postatarget) per l’invio di posta massiva “Senza Materiale Affrancatura”, utilizzato per spedizioni a migliaia di indirizzi.

E come funziona? Chi è interessato fa una bella convenzione con le Poste e, anziché attaccare i francobolli uno a uno ché la colla è indigesta, viene autorizzato alla spedizione trascrivendo sulle buste quel codice, con cui le Poste capiscono chi è il mittente e gli fanno pagare i relativi costi.

Se si pensa di farne uno solo, magari per una singola campagna elettorale, si fa il pagamento anticipato o contestuale delle lettere spedite.

Se, invece, si pensa di fare diversi invii per un certo periodo di tempo, si può concordare il pagamento posticipato. In tal caso è necessario fare una convenzione tra il mittente pagante e le Poste, che deve essere obbligatoriamente indicata in quel codice.

Primo indizio: il nostro misterioso mittente ha fatto una convenzione per l’invio massivo con pagamento posticipato, perché ne fa tante.

Ora, la sigla GIPA significa “Grandi Imprese” e (attenzione) “Pubblica Amministrazione” ed indica

la direzione delle Poste che tratta, appunto, con questi soggetti e sottoscrive le relative convenzioni.

Quel codice ci dà, quindi, un secondo interessante indizio: la convenzione con cui sono state spedite le lettere è stata fatta o da una grande impresa o da una pubblica amministrazione.

Il Comitato del Sì, che sostiene di aver fatto tutto da solo, non mi pare che sia né l’una né l’altra, però.

Ed ora veniamo al terzo indizio: la convenzione utilizzata per la spedizione è chiaramente indicata ed è la n. 0002 dell’anno 2013.

Considerato che l’orripilante riforma costituzionale è stata approvata nell’aprile 2016 e Renzi è disgraziatamente al governo dal febbraio 2014, va da sé che il Comitato per il sì non può avere certo firmato quella convenzione né, quindi, pagato la spedizione.

E allora chi l’ha firmata? Trovate chi ha stipulato quella convenzione e scoprirete così chi ha pagato le lettere per i 4 milioni di italiani all’estero.

Lascio la soluzione del mistero, che mistero poi non è, a chi ha sicuramente più mezzi di me per scoprirlo.

Io ho provato invano a cercare su internet e a chiamare anche le Poste per cercarla, ma francamente un’ideuzza me la sono già fatta.".


A questo punto, noi italiani avremmo diritto ad spiegazione.
Questa lettera è stata pagata dal Governo, ovviamente con soldi nostri?
Certo, forse per gli italiani all'estero il fronte del "No" avrebbe dovuto muoversi meglio.
Ricordo, infatti, che il fronte del "Sì" si era mosso subito, mandando in giro per il mondo la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, che è andata anche in Uruguay.
Il fronte del "No" avrebbe dovuto portare avanti una campagna più forte anche presso le comunità italiane all'estero e non solo qui in Italia, ove invece è molto attivo.
Però, il fatto veramente inaccettabile è che oggi noi abbiamo un premier che pensa più a girare per l'Italia pur di avere il "Sì" alle sue brutte "riforme" che non a starsene a Palazzo Chigi per pensare a risolvere i problemi del nostro Paese.
Cordiali saluti.




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