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giovedì 17 novembre 2016

Due paradossi della "riforma" costituzionale





Cari amici ed amiche,




il testo di questa "riforma" costituzionale è un grande casino.



Infatti, come riporta il "Comitato per il No", esiste tra la legge Renzi-Boschi e gli statuti speciali un contrasto paradossale: il senatore che entrerà nel nuovo Senato, se la "riforma" sarà approvata, dovrà necessariamente essere un consigliere, ma il consigliere delle regioni a statuto speciale non potrà. essere senatore. Questa sarà la prima fregatura!
Ho qui un articolo di Massimo Villone riguardo al tema.
Ve ne riporto un pezzo:




"Il nuovo senato è una miniera di affascinanti scoperte. L’ultima è che i consiglieri senatori delle regioni a statuto speciale non arriveranno nemmeno a sedersi sull'agognata poltrona.

Il vigente art. 122 Cost. dispone l'incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di parlamentare. La legge Renzi-Boschi cancella l'incompatibilità per quanto riguarda i senatori, eletti dai consigli regionali nel proprio ambito. Sono dunque senatori in quanto consiglieri, e se cessano dalla carica regionale perdono anche il seggio in senato.

Il problema nasce perché la incompatibilità tra consigliere e parlamentare è separatamente stabilita anche dagli statuti speciali, adottati con legge costituzionale (art. 3 SI; art. 17 SA; art. 28 TAA; art. 17 VdA; art. 15 FVG). Si ha dunque un paradosso: il senatore deve necessariamente essere un consigliere, ma il consigliere delle regioni a statuto speciale non può essere senatore. Il consiglio di regione speciale che eleggesse un proprio componente al senato, dovrebbe poi dichiararlo decaduto dalla carica di consigliere. Ma così verrebbe meno anche la legittimazione a sedere in senato, con conseguente decadenza anche da quella carica. Esiste dunque tra la legge Renzi-Boschi e gli statuti speciali un contrasto insanabile, che si può superare solo cancellando l’incompatibilità disposta dai secondi.

La domanda è: può la Renzi-Boschi modificare gli statuti speciali? In apparenza sì, perché è legge costituzionale come gli statuti speciali, e dunque – essendo successiva – entrando in vigore con la vittoria dei sì li modificherebbe cancellando l'incompatibilità.

Ma non è così. Perché pur essendo gli statuti speciali una legge costituzionale come la Renzi-Boschi, sono modificabili solo con un procedimento particolare, che aggiunge a quello previsto dall'art. 138 Cost. il parere obbligatorio del consiglio regionale ed esclude il referendum nazionale nel caso di approvazione delle modifiche (art. 43 ter St.si.; 103 TAA; 50 V.d.A.; art. 63 F.V.G.). Lo Statuto della Sardegna prevede anche la possibilità di un referendum consultivo tra la prima e la seconda deliberazione (art. 54). Lo statuto speciale è – come dicono i costituzionalisti - una fonte atipica rinforzata, modificabile solo con il procedimento in essa specificamente previsto
.".

Questo è solo un primo paradosso.
Il secondo paradosso (di cui ho già parlato) è il fatto che questa "riforma" tolga autonomia alle regioni a statuto ordinario. Le regioni a statuto speciale, invece, continueranno ad avere la loro autonomia. 
Questo inficia il principio di sussidiarietà.
In poche parole, regioni come Trentino Alto Adige e Sicilia potranno tenersi i loro soldi (anche se i loro abitanti continueranno a non stare bene, se si pensa, ad esempio, al fatto che in Trentino Alto Adige ci sia la spesa pubblica più alta) mentre regioni come la Lombardia e Veneto saranno tartassate.
Non si sarebbe potuto fare un vero federalismo con le stesse autonomie per tutte le regioni?
Insomma, questa "riforma" sarà un grande casino.
Se passerà questa "riforma", le regioni a statuto ordinario saranno in Senato ma perderanno le loro autonomie e saranno tartassate mentre quelle a statuto speciale manterranno le loro autonomie ma saranno fuori dal Senato.
Questa "riforma" è stata fatta con il deretano.
Votate "No". 
Cordiali saluti.


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Ringrazio un caro amico di questa foto.