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mercoledì 30 novembre 2016

Quegli spreconi a statuto speciale che la "riforma" non toccherà

Cari amici ed amiche,

vi invito a leggere un articolo scritto su "Panorama" da Antonio Rossitto che è intitolato "Referendum, gli intoccabili a statuto speciale".
Dell'articolo, vi riporto questo stralcio:

"Un’accozzaglia". Con l’usuale perfidia, Matteo Renzi ha provato a marchiare il fronte del No. A guardar bene, però, tra i fan della riforma costituzionale s’è ormai delineato un guazzabuglio ben più eterogeneo e interessato: quello dei governatori delle vituperate Regioni a statuto speciale. Ex comunisti, già bersaniani, neorenziani, autonomisti di centrodestra, autonomisti di centrosinistra: tutti, dalla Sicilia alla Val d’Aosta, sono compatti nell'indefesso sostegno al Sì. Per un motivo semplice. La Riforma Boschi toglie competenze alle 15 Regioni ordinarie, ricentralizzando i poteri.

Queste modifiche però non si applicano alle cinque ormai antistoriche Regioni autonome. A meno di cambi statutari che prevedono una legge costituzionale "sulla base di intese con le medesime regioni". Un meccanismo pattizio che diverrebbe perpetuo. Lo Stato non potrebbe mai più intaccare le autonomie senza consenso preventivo. "Una fideiussione perpetua" l’ha definita, nel silenzio generale, il costituzionalista Michele Ainis. "La riforma dello Stato genera cinque superStati".

I diretti interessati, dal canto loro, non hanno potuto che ratificare. Arrivando persino a firmare, il 7 ottobre 2016, la Carta di Udine. Un mefistofelico documento in cui quattro governatori "a statuto speciale" chiariscono ai loro cittadini che "la riforma costituzionale, grazie all’intesa, rafforza la nostra autonomia". "Stiamo andando nella direzione giusta" gioisce la padrona di casa, Debora Serracchiani, presidente del Friuli-Venezia Giulia, davanti ai giornalisti. Accanto alla vicepresidente del Pd, posano festosi gli omologhi delle Province autonome di Trento e Bolzano, Ugo Rossi e Arno Kompatscher, e quello della Sardegna, Francesco Pigliaru. "Finalmente abbiamo lo strumento dell’intesa" aggiunge Serracchiani. "Ci permetterà di essere ancora più forti".


Alleluja! Proprio quello che gli italiani speravano. All’incontro non partecipano gli altri due governatorissimi. Rolando Rollandin, alla guida della Valle d’Aosta, ufficializza il sostegno al referendum poco dopo. E rivela un particolare illuminante: «Nel 2001 pure Silvio Berlusconi provò a rivedere la Costituzione. E, se vogliamo dirla tutta, quella riforma era molto più federalista di questa, che invece il federalismo lo accantona completamente. Ma la legge di Berlusconi, a differenza di questa, non contemplava la clausola dell’intesa. E noi dicemmo no». Rosario Crocetta, vicerè di Sicilia, annuncia invece il suo Sì il 27 ottobre 2016: il giorno prima, notano i giornali isolani, era arrivata l’approvazione in Consiglio dei ministri dell’accordo che dà alla Sicilia 1,8 miliardi di euro in più all’anno, riconoscendo entrate fiscali previste proprio dallo statuto isolano.

Eppure con le Regioni autonome lo Stato non ha mai lesinato. La media dei trasferimenti a livello nazionale è di 3.602 euro per abitante. In quelle a statuto speciale, però, la cifra lievita sensibilmente. Una sperequazione che, in caso di vittoria del Sì, potrebbe aumentare. Grazie a veti sempre più forti. Insomma, più spesa pubblica. In nome dell’inefficienza o della perpetuazione di privilegi. Esempio clamoroso è l’adozione dei costi standard previsti nella riforma. Ricordate la celeberrima siringa? In Sicilia arrivava a costare 60 centesimi. In Veneto appena 4. Oppure i dipendenti: sono 20.288 in Trinacria e 2.664 al servizio del Leone di San Marco. Per non parlare dei mitologici forestali: 24 mila contro 610. Bene, se vincesse il Sì i veneti perderebbero indipendenza. I siciliani, invece, manterrebbero intatto il loro autogoverno. A meno di un’improbabile cessione di competenze da parte di sua maestà l’Assemblea regionale siciliana, la famigerata Ars: il parlamentino più sciupone e pagato del pianeta.

A proposito. Uno dei fiori all’occhiello dei sostenitori del Sì è il taglio degli stipendi di governatori e consiglieri. Non potranno più superare i compensi dei sindaci dei capoluoghi di Regione: poco più di 4 mila euro al mese. Sforbiciata sacrosanta. Che sfortunatamente non potrà applicarsi alle Regioni autonome: quelle con gli emolumenti più alti. Il presidente della Provincia di Bolzano guadagna 19.200 euro lordi al mese. In Sicilia può arrivare a 16.980. Mentre gli onorevolini dell’Ars, con il solito spirito di sacrificio, si accontentano di 14.280 euro.

Un altro ginepraio sono le Province. La riforma darebbe un taglio netto alla pasticciata e mai compiuta abolizione degli enti simbolo della burocrazia e dell’inefficienza italiana. Una legge talmente gattopardesca da essere diventata il surreale sfondo del film campione d’incassi Quo vado? di Checco Zalone, uscito un anno fa.

Con le modifiche volute dal premier, le Province invece saranno polverizzate: cassato ogni riferimento nella Costituzione. Cancellate, sparite, dissolte. Non ovunque però. Rimarrebbero ovviamente vive e vegete nelle sempreverdi Regioni a statuto speciale. Come in Sardegna: 1,6 milioni di abitanti e otto province, quattro coniate nel 2001. Già abolite a maggio del 2012 con un referendum, solo a gennaio del 2016 il consiglio sardo ha approvato il definitivo riordino. Spariscono gli otto enti. E vengono sostituiti da una città metropolitana, 4 città medie e 41 unioni di Comuni. Risparmi: nemmeno un centesimo. Caos: totale
.".

Ora, io vi porto dei numeri presi da un'elaborazione di "Panorama" che è basata su dati Istat e del Ministero dell'Economia e delle Finanze: quelli dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni a statuto speciale.
Alla Valle d'Aosta, una Regione abitata da 127.329 abitanti, vanno 7.475 Euro pro capite, ossia per ogni abitante.
Alla Provincia Autonoma di Trento, che è abitata da 7.638 abitanti, vanno 538.223 Euro pro capite.
Alla Provincia Autonoma di Bolzano, che è abitata da 8.964 abitanti, vanno 520.891 Euro pro capite.
Al Friuli Venezia Giulia, che è abitato da 1.221.218 abitanti, vanno 5.203 Euro pro capite.
Alla Sardegna, che è abitata da 1.658.138 abitanti, vanno 5.101 Euro pro capite.
Alla Sicilia, che è abitata da 5.074.261 abitanti, vanno ben 4.282 Euro pro capite.
Ora, l'Italia ha 60.665.551 abitanti e la media nazionale dei trasferimenti pro capite è di 3.612 Euro, per ogni abitante.
Fatevi due calcoli.
Le Regioni a statuto speciale sono quelle che prendono più soldi dallo Stato e che ne danno meno ad esso, per via dei loro statuti che glielo permettono. Sul piano economico, le Regioni a statuto speciale fanno la parte del leone.
La "riforma" che noi voteremo con il referendum del 4 dicembre peggiorerà la situazione, se sarà approvata.
Infatti, essa toglierà poteri alle altre quindici Regioni a statuto ordinario, le quali (ai sensi del nuovo articolo 117 della Costituzione "riformata) non potranno più legiferare in ben 21 materie, tra cui la scuola, la sanità, la ambiente ed l'assistenza, alla faccia del federalismo.
Come riporta un trafiletto scritto sempre su "Panorama" dal professore di Diritto costituzionale dell'Università di Padova Luca Antonini, questa porcata (io la chiamo così perché non è una riforma ma è una porcata), danneggerà Regioni come Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, Regioni che riguardo alla sanità sono vere e proprie eccellenze riconosciute a livello internazionali.
In poche parole, con questa porcata, le Regioni virtuose (come Veneto e Lombardia) rischierebbe di vedere la loro sanità dissestata economicamente, perché dovrebbero dare molti soldi allo Stato, per pagare sia per le Regioni a statuto speciale, sia per le Regioni non virtuose, come ad esempio la Campania.
Quindi, per mantenere gli standard alti, le Regioni a statuto ordinario che sono virtuose sarebbero costrette a fare salire i costi dei ticket per i pazienti.
Tenete conto che qui in Lombardia vengono a farsi curare anche molti pazienti provenienti da altre Regioni, come la Calabria.
Questo smentisce il premier Matteo Renzi che dice che con questa "riforma" un campano potrebbe farsi curare in Veneto ed un calabrese potrebbe farsi curare qui in Lombardia.
I calabresi, i campani ed altri possono già venire qui in Lombardia o in Veneto a curarsi, senza che ci sia quella porcata.
Anche i calabresi, i campani, ecc pagherebbero un ticket maggiorato con questa porcata.
Inoltre, sappiamo tutti che queste autonomie delle Regioni a statuto speciale, che possono porre anche il veto al massimo potere dell'ordinamento italiano,  sono state concesse con compromessi.
L'autonomia dell'Alto-Adige fu concessa nel 1948 come "compenso" per l'annessione all'Italia avvenuto a seguito della dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico nel 1919, con il Trattato di Saint Germain.
Il Trentino ne seguì le sorti per volontà di Alcide De Gasperi, che era trentino.
La Sicilia ebbe l'autonomia nel 1946, perché gli indipendentisti siciliani erano fomentati dagli Americani, che volevano staccare l'isola per farne il 51° Stato americano.
Permettetemi una battuta tra il serio ed il faceto, in questo caso la cosa non mi sarebbe poi dispiaciuta, poiché essendo io di origini siciliane (e lo scrivo con orgoglio perché amo la Sicilia ed il popolo siciliano) avrei avuto la cittadinanza americana.
Tornando seri, la schizofrenica porcata di Renzi mette a rischio la tenuta del sistema.
Pensiamo al Veneto e alla Lombardia.
Queste Regioni a statuto ordinario confinano con quelle a statuto speciale, rispettivamente, con il Trentino-Alto Adige e con il Trentino-Alto Adige ed il Friuli-Venezia Giulia.
Con questa porcata, i Comuni di queste Regioni a statuto ordinario che confinano con quelle a statuto speciale punterebbero a staccarsi dalle prime e a passare alle seconde.
Si può cambiare Regione, lo prevede la Costituzione.
Ci sarebbe il casino.
Termino, segnalando un paradosso.
Le Regioni a statuto speciale manterrebbero i loro privilegi ma rischierebbero di non avere la rappresentanza al Senato perché i loro statuti parlano di incompatibilità tra la carica di consigliere regionale (o di deputato regionale, in Sicilia) e quella di senatore.
Quindi, il casino sarebbe doppio.
Cordiali saluti.





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