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giovedì 11 aprile 2013

C'è una rete di tunnel dalla Turchia alla Scozia?

Cari amici ed amiche.

Un'amica mi ha inoltrato questo articolo del sito di Enrico Baccarini che è intitolato "Scoperta una rete di tunnel sotterranei dell’età della pietra, dalla Scozia alla Turchia":


"La scoperta potrebbe rivoluzionare il campo dell’archeologia e portare ad una revisione della storiografia antica, così come potrebbe scontrarsi contro la cittadella accademica o sgonfiarsi alla prova dei fatti.
Non abbiamo infatti ancora dati sufficienti per inquadrare la notizia diffusa dall’archeologo tedesco Heinrich Kusch che ha dato alle stampe il suo libro Secrets Of The Underground Door To An Ancient World.



Dopo la scoperta nel 1994 di Gobleki Tepe risalente a 12 mila anni fa e destinata a riscrivere la storia del Neolitico, ora emerge un’altra costruzione megalitica, altrettanto misteriosa: una rete di un migliaio di tunnel sotterranei che avrebbe collegato la Scozia alla Turchia – dove, guarda caso, si trovano proprio gli scavi di Gobekli Tepe, al confine dell’Iraq…
Dopo la scoperta in varie parti d’Europa, tra cui Austria e Germania, di tratti di tunnel, scavati nella roccia, presumibilmente risalenti al Neolitico, Kusch avrebbe dedotto che intorno al 10000 a. C. una popolazione sconosciuta avrebbe costruito i tunnel, o perlomeno avrebbe dato vita al progetto di un mega tunnel sotterraneo che avrebbe unito l’Europa alla Turchia.
Il Dr. Kush ha infatti dichiarato al German Herald che in Baviera sarebbero stati rivenuti ben 700 metri di questa rete sotterranea, mentre in Austria 350 metri, ma in tutto si tratterebbe di un migliaio di tratti di galleria.
Se non possiamo ancora accertare l’esistenza di un unico tunnel sotterraneo scavato nella roccia e al di sotto del livello del mare, è innegabile l’esistenza di diversi tratti di gallerie risalenti, secondo gli studiosi, al Neolitico. Ora, viene da domandarsi il perché di queste immani costruzioni, gli strumenti utilizzati per scavare gallerie sotterranee e il tempo impiegato.

In merito al primo interrogativo gli studiosi sembrano orientati a spiegare l’architettura neolitica come una forma di rifugio della popolazione dai “predatori” in superficie: uno stratagemma simile non trova però riscontro in studi o scoperte precedenti.


In secondo luogo, quanto tempo potevano passare rifugiati sottoterra i nostri avi senza canaline o condutture d’aria?
I passaggi sotterranei misurano all’incirca 70 cm, ma in alcuni punti si allargherebbero lasciando spazio a delle vere e proprie “camere” dall’utilizzo sconosciuto, che farebbero però pensare alla Camera del Re e alla Camera della Regina della Piramide di Cheope. Un inutile esercizio di sincretismo archeologico? Forse, ma anche nel caso della Grande piramide ci troviamo di fronte a dei veri e propri enigmi, come la mancanza di cartigli o iscrizioni, la presenza dello Zed, e la difficoltà di accesso alla Camera della Regina. La rete sotterranea poteva avere anche una funzione “iniziatica” come probabilmente aveva la Grande Piramide, o serviva soltanto come passaggio da un luogo all’altro del pianeta? E in questo caso, che importanza dovremmo dare alle leggende che narrano di costruzioni sotterranee e di popoli che abitavano nelle viscere della Terra? Gli uomini del Neolitico potrebbero aver “imitato” delle creature che vedevano entrare e uscire della grotte o da nascoste entrate al mondo infero?


In attesa di una conferma da parte dei geologi, la data di costruzione della rete sotterranea sembra coincidere con quella del sito di Gobleki Tepe. Ciò farebbe almeno supporre che possa essere esistita una popolazione anti diluviana più evoluta del classico “uomo del Neolitico”, come abbiamo imparato a conoscerlo dalle conclusioni dell’archeologia accademica. Senza con questo dover necessariamente rispolverare il mito di Atlantide, Lemuria o Mu, non è così inverosimile teorizzare che siano esistite popolazioni scomparse con il Diluvio (riportato dai miti e dalle religioni classiche e accertato dalla geologia) autrici di quelle vere e proprie “anomalie” del sistema storiografico che stentano a farsi ricomprendere sotto la categoria di civiltà “primitive”.
Non è certo perché avevano a disposizione “molto tempo libero”, come alcuni archeologi hanno ipotizzato, che culture classificate come “primitive” avrebbero potuto dare vita a una rete sotterranea di tunnel o ai megaliti di Gobleki Tepe, dotati soltanto di selci e molta pazienza. Il tentativo di banalizzare le scoperte contemporanee perché la loro portata storico-simbolica sfugge ancora ai nostri cervelli positivisti, è ridicolo. Ed è un insulto a quelle popolazione che hanno impiegato decine o centinaia di anni per dare vita a complesse costruzione, il cui fine ancora ci sfugge per nostra limitatezza, non a causa loro…


Se negli ultimi trent’anni stanno emergendo dei reperti – e in questo senso vanno ricomprese anche le ossa di scheletri di Giganti rivenute in tutto il mondo – che sfidano il sapere comune e che non sono per questo “catalogabili” negli schemi che ci siamo fissati finora, forse, sono quelli stessi schemi – per quanto difficile e doloroso possa essere – che dovrebbero essere riveduti. Dal punto di vista storico, antropologico, filologico questi reperti non possono essere stipati a forza in categorie che non li possono contenere. Questa è una violenza che uno storico per quanto convinto delle proprie “credenze” e di quanto appreso fino ad ora, dovrebbe rendersi umilmente conto.


In secondo luogo ci si dovrebbe chiedere quali strumenti siano stati utilizzati ben dodicimila anni fa per scavare questa rete sotterranea e se, come sostiene l’archeologo tedesco, in seguito sorsero in prossimità delle entrate alle gallerie luoghi di culto e Chiese.
L’esistenza di queste gallerie era forse conosciuta anche in un recente passato? E se così fosse, perché questo segreto è rimasto letteralmente “sepolto” fino ad oggi?

Fonti – Il Democratico, del 5 Agosto 2011 articolo di Enrica Perucchietti, il portale Liutprand, il britannico Dailymail dell’8 Agosto 2011, TgCom del 4 Agosto scorso, il giornale turco Haber Turk del 5 Agosto 2011.
".

Questa è archeologia "apocrifa", un'archeologia non riconosciuta ufficialmente.
Gobekli Tepe è una città dell'inizio Neolitico (9.500 BC).
Essa si trova in una zona di confine tra Turchia e Siria.
Questa città ha monumenti megalitici in cui sono scolpite figure come serpenti, anatre, gru, tori, volpi, scorpioni e formiche.
Con ogni probabilità, questa città serviva per praticare certi culti che poi divennero esoterici.
Ancora oggi, esistono sette di questo tipo, come la setta degli Yazidi.
Gli Yazidi vengono chiamati in turco Cyrāǵ Sândëren, ossia "spegnitori di lampade", mentre in persiano si chiamano "Shaiôān peresht", ossia "adoratori del diavolo".
Essi adorano un dio ineffabile che è in relazioni con il mondo attraverso sette angeli.
Di questi, il più importante è Melek Tā'ūs o Angelo Pavone.
Esso è un angelo caduto, come Lucifero, ma non viene visto dagli Yazidi come noi cristiani e e gli ebrei lo vediamo come Satana, ossia avversario.
Per gli Yazidi, questo angelo è buono e si incarnò nella figura del califfo omayyade Yazīd ibn Mu‛āwiyah (661 AD-684 AD) e in quella di Shaikh ‛Adī (1070-1162).
Ora, in precedenza, questa zona fu teatro di un culto pagano del dio fenicio Baal, che i nostri fratelli maggiori ebrei identificarono con un essere demoniaco di nome Baal-Peor (Belfagor) e Baal-Zebebub (Belzebù).
Prima ancora, ci fu il culto babilonese di Enki, un dio che si ribellò al supremo dio Enlil e finì negli inferi.
A lui venne attribuita la civilizzazione dell'uomo.
Anche Enki venne identificato dai nostri fratelli maggiori ebrei con il Satan, l'avversario e, guarda caso, ha gli stessi attributi di quell'angelo caduto degli Yazidi.
Io penso che quella rete di tunnel possa essere qualcosa che è collegato a questi culti inferi.
Non si sa se essa arrivi in veramente in Scozia.
Magari, essa sarebbe potuta servire per fare sì che quella religione si propagasse, senza essere perseguitata.
Nessuno sa abbastanza per potere capire ciò.
Cordiali saluti.










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