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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 9 febbraio 2013

Foibe, basta silenzio ed intimidazioni!

Cari amici ed amiche.

L'amico Marco Stella mi ha lasciato queste parole sulla bacheca di Facebook:


"FOIBA
Marco Stella 1998

DALL'ANTRO PROFONDO DELLA FOIBA
VOCI FUNEREE DI FRATELLI MORTI
COLPEVOLI SOLTANTO
D'ESSERE ITALIANI.".


Sono molto belle.
Marco ha dimostrato grande sensibilità. 
Un consiglio che posso dargli è quello di non cambiare.
Ora, però, vorrei che leggiate questo articolo scritto da Francesca Padovese sul suo blog "Stand Up and Fight" ed intitolato "“Xenofobi”, “migranti”, “securitario”. Ribelliamoci alla Neolingua!":



"Si fa presto a dire xenofobo, a dare dello xenofobo. Soprattutto quando non si hanno le idee chiarissime sul reale significato di un termine ormai più di altri ingiurioso e infamante. Ora è il turno della Finlandia, anche lì si annidano xenofobi. O almeno così pare alle coscienze democratiche e non xenofobe (anzi, come si dice? xenofile?). Lassù in Finlandia, fra tundre e salmoni, lande desolate e umani dai caratteri chiusi (mica espansivi e solari come noi mediterranei) si son tenute le elezioni politiche. Gran risultato di un partito di destra, ha preso quasi il 20 per cento, quintuplicato il risultato di qualche anno fa. Partito con un nome poco rassicurante, lo ammettiamo, e un po’ banalotto: “veri finlandesi” (o “veri finnici” che fa più esotico).

Nel suo programma non c’è alcuna fiducia nelle magnifiche sorti dell’Unità Europea e quel che è peggio nemmeno nella favola bella del multiculturalismo (il suo leader Timo Soni la pensa grossomodo come l’olandese Wilders). E allora basta poco per sintetizzare il tutto con: “ha vinto l’estrema destra”, o “hanno vinto gli xenofobi”. Può pure darsi che Soni, sotto sotto, sia uno xenofobo incallito, che lo siano tutti i “veri finnici” e tutti ma proprio tutti i loro elettori. Avranno forse tracciato la crocetta sulla scheda elettorale con stampato in faccia il ghigno dello xenofobo, losca figura che nell’immaginario di sinistra rappresenta un SS da salotto.

Forse. Perché, insomma, xenofobia significa “paura del diverso”, dello straniero. E non è detto che non voler cedere sovranità nazionale e popolare all’Europa significhi aver paura e provar schifo degli estranei e degli stranieri. Stesso discorso dovrebbe valere per il problema immigratorio: la tutela delle identità locali, delle radici culturali e dell’ordine pubblico non per forza sono dichiarazioni di guerra alla meraviglia della varietà umana. Ma è più semplici liquidare come xenofobe le realtà che non piacciono. Fa anche maggior impressioni alle cene con gli amici non usare più il termine “razzista” e far sfoggio di cultura aggiornata: “ho letto che le destre xenofobe avanzano in Europa”. Così consigliano di fare giornalisti pigri o frettolosi e burocrati (stavamo scrivendo politici, poi abbiamo cambiato idea) interessati.

Si sta diffondendo infatti una nuova “neolingua”, termine di invenzione orwelliana (ovviamente la fonte è il romanzo 1984), ideologica e battagliera. Ne ha scritto lucidamente Roger Scruton nel fondamentale “Manifesto dei conservatori”. Il tentativo sovietico e nazista di “cambiare la realtà cambiando il linguaggio” ha nuovi epigoni più meno consapevoli. Certo meno feroci, forse più subdoli. “La neolingua”, aggiunge Scruton, “interviene ogni volta che il proposito principale della lingua – cioè descrivere la realtà – venga sostituito dall’intento opposto: l’affermazione del potere sopra di essa”. È forse così che da euroscettici si diventa xenofobi; per “intolleranza nei confronti di qualunque opposizione all’agenda fondamentale”.

La neolingua progressista ed eurofila non solo denigra. Preferisce anzi impiegare energie per esprimersi in termini positivi e propositivi. Ad esempio chiama “migranti” quelli che un tempo erano semplici immigrati. Vuoi mettere “migranti”? Subito gli occhi corrono al cielo sognando di vedere il gabbiano Jonathan Livingston. Il pensiero corre fino alla Mongolia, fra gli allevatori nomadi come lo furono i patriarchi biblici. Il migrante è un vagabondo planetario che supera le barriere fra nazioni e culture, barriere già abbattute dalle canzoni di John Lennon. Il migrante è simpatico, eroico, romantico. Non accettarlo accanto è proprio sintomo di carenza di sensibilità, aridità di cuore, prosaico egoismo. Roba da xenofobi, appunto. La realtà, come è noto, è un’altra: i disperati che raggiungono l’Europa hanno poco di romantico, sono costretti ad abbandonare il loro paese per guerre, carestie, sottosviluppo. Avrebbero preferito rimanere a casa loro, invece di sradicarsi, avrebbero preferito opportunità di lavoro nel luogo d’origine. Forse il gabbiano di Richard Bach nemmeno lo hanno letto.

Siamo noi, più che altro che abbiamo bisogno di “accoglienza”. Di darla, offrirla, per dimostrare che siamo evoluti. “Accoglienza” è altra parola magica della neoligua. Il significato originario del verbo è proprio quello del raccogliere. Qualcuno o qualcosa che sta sotto, dunque. Sei lì comodo comodo sul tuo sofà e la tv ti fa sentire in colpa se non accogli o meglio raccogli i dannati della terra che strisciano sulle spiagge. E no, bisogna essere solidali. La “solidarietà” è un altro grande successo della neolingua. Ha ormai scalzato la troppo impegnativa carità. È decisamente più laica e moderna. Etimologicamente rimanda alla solidità, alla compattezza. Solo l’esser solidali (e comprar prodotti equo solidali) dà la forza, il vigore perché regga ancora la baracca dell’umanità. La solidarietà è il solo argine per non farci travolgere da guerre etniche, mica una botta amichevole sulla spalla.

Ci fermiamo qua, anche noi abbiamo giocato fin troppo con le parole. Forse abbiamo anche torto, forse i “veri finnici” sono davvero cattivi e xenofobi. Per nulla solidali, pronti a prenderci a colpi d’ascia. L’unica cosa di cui siamo certi è chi dà con leggerezza dello xenofobo a qualcun altro è solitamente un “oicofobo” (ancora il genio di Scruton a suggerirci il termine): tende a “denigrare usi e costumi, cultura e istituzioni” della sua civiltà originaria”, a nutrire “avversione per la propria casa e per il proprio retaggio”. Parrebbe, l’oicofobia, “fase tipica e normale dello sviluppo della mente degli adolescenti” ma “negli intellettuali tende a divenire permanente”
.".

Io credo che queste parole siano vere e che questo discorso si possa fare anche per chi tratta il tema delle foibe.
Ancora oggi c'è chi vede nel riconoscimento del genocidio operato dai partigiani comunisti di Tito, con la collaborazione di quelli italiani, ai danni delle comunità italiane di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia una sorta di "revisionismo" o di offesa ed insulto alla memoria delle vittime delle Shoah.
Addirittura, mi ricordo che una volta il noto esponente di Rifondazione Comunista (che è stato anche Presidente della Camera dei Deputati) Fausto Bertinotti ha detto che i morti non sono uguali di fronte alla legge.
Stiamo scherzando?
Quello che accadde nelle terre di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia fu un genocidio in piena regola e non fu meno grave della Shoah, almeno nella sostanza.
Quando si cerca di eliminare un popolo con la violenza c'è sempre una sconfitta per la civiltà.
Fu una sconfitta per la civiltà la Shoah e lo fu anche il martirio degli italiani in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia.
A qualcuno, che in modo arbitrario si è erto a difensore della democrazia, questa cosa non va bene.
Così scatta l'intimidazione.
Chi (come anche il sottoscritto) cerca di parlare degli italiani gettati uccisi e gettati nelle foibe viene attaccato ed accusato di essere revisionista, filo-nazista, nemico della democrazia, fascista e nemico dell'umanità e gli vengono rivolti anche molti insulti personali o peggio.
Io penso che i veri nemici della democrazia e dell'umanità siano proprio coloro che accusano quelli che vogliono dire la verità di queste cose.
Se negare la Shoah è una cosa indegna (ed io sono convinto che il negazionismo sia una cosa indegna, come lo è antisemitismo) non è indegno anche negare le foibe?
In sostanza, tra la Shoah ed il massacro degli italiani in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia non c'è nessuna differenza.
Tutti e due furono crimini causati contro dei popoli e delle religioni.
Inoltre, chi accusa coloro che vogliono la verità sulle foibe si erge a "democratico" ma di democratico non ha nulla.
Infatti, è solo ipocrita.
Attaccando chi la pensa diversamente, egli non ha un comportamento democratico.
Inoltre, l'ipocrisia non finisce qui.
Basti pensare a quelli che attaccano il Beato Giovanni Paolo II, accusandolo di connivenza con il regime del dittatore Augusto Pinochet, quando andò a fare una visita pastorale in Cile nel 1987.
Questi "signori" però hanno il coraggio di "santificare" Sandro Pertini (il partigiano che fu Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985) che andò a baciare il feretro del dittatore jugoslavo Josip Broz, meglio conosciuto come Tito, nel 1980.
Tito fu colui che ordinò l'orribile massacro degli italiani e l'indegna sepoltura nelle foibe in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia. 
Eppure, certi individui vedono in Pertini un santo e se qualcuno "osa" solo metterlo in discussione scoppia la bagarre.
Questa è ipocrisia allo stato puro.
Io penso che chi ha l'intelligenza per capire debba farsi avanti e non farsi intimidire.
Coloro che vogliono che il genocidio di questi italiani mi diano pure del nazista.
Io gli risponderò dicendo che i veri nazisti sono loro e che le loro parole li condanneranno.
Una cosa è certa: io non sarò tra quelli che canteranno "Bella ciao" il 25 aprile.
Tra coloro che cantarono quella canzone ci furono anche coloro che infoibarono gli italiani di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia. 
Cordiali saluti. 





2 commenti:

  1. Infatti tu non sei degno di cantare bella ciao, puoi cantare la filastrocca "meno male che silvio c'è"... il pastore canta e le pecore rispondono

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  2. Tovarish, è meglio cantare "Meno male che Silvio c'è" che non "Bella ciao".
    Noi non abbiamo ucciso nessuno!
    Del resto, anche molti di quelli che cantano "Bella ciao" se ne intendono di "cose da pecore".
    Producono anche una bella lana, il cachemire.
    Del resto, tra quelli che cantavano "Bella ciao" ci furono anche coloro che fecero morire gli italiani nelle foibe!
    Forse, prima di dire che noi siamo "nazisti" guardatevi in casa vostra.

    RispondiElimina

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Ringrazio un caro amico di questa foto.