Riporto questo stralcio di un articolo scritto su "Atlantico Quotidiano" da Federico Punzi, articolo intitolato "Tutte le anomalie di un premier che pone la questione di fiducia sulla propria elezione al Quirinale":
"Giornata di incontri, colloqui e schede bianche quella di ieri per l’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale. E carte ancora coperte.
Dopo il ritiro di Berlusconi, l’unico candidato certo, al momento, anzi auto-candidato dalla conferenza stampa del 22 dicembre scorso, è Mario Draghi. L’impressione è che le ‘rose’, in questo momento, siano funzionali solo a bruciare i nomi di coloro che vi vengono inseriti.
I partiti sono obbligati a percorrere la via stretta che potrebbe portare l’attuale premier al Quirinale, perché lui lo vuole fortissimamente e ad una figura così autorevole ed ingombrante non si può dire di no a cuor leggero, senza averci almeno “provato”. Quindi, che ci provino non è dimostrazione che lo vogliano davvero…
L’ostacolo più evidente tra l’ex governatore della Bce e il Colle più alto è, senz’altro, il timore diffuso nei partiti che l’eterogenea maggioranza, quindi la legislatura, possano non reggere se il premier dovesse trasferirsi al Quirinale. Il primo effetto di questa preoccupazione è che il rebus per l’elezione del presidente della Repubblica si intreccia con quello sul nuovo governo che dovrebbe nascere dopo l’eventuale ascesa di Draghi al Colle.
Matteo Renzi, leader di Italia Viva a cui si deve l’intuizione di portare Draghi a Palazzo Chigi al posto di Conte, non sembra entusiasta: “un’ipotesi, ma sta in piedi solo in un quadro di accordo politico”, deve essere “una scelta politica” e “questo implica un accordo sul governo del dopo”. Precondizione per tutti i partiti, quindi, tranne Fratelli d’Italia, è un accordo preventivo per la prosecuzione della legislatura".
Dopo il ritiro di Berlusconi, l’unico candidato certo, al momento, anzi auto-candidato dalla conferenza stampa del 22 dicembre scorso, è Mario Draghi. L’impressione è che le ‘rose’, in questo momento, siano funzionali solo a bruciare i nomi di coloro che vi vengono inseriti.
I partiti sono obbligati a percorrere la via stretta che potrebbe portare l’attuale premier al Quirinale, perché lui lo vuole fortissimamente e ad una figura così autorevole ed ingombrante non si può dire di no a cuor leggero, senza averci almeno “provato”. Quindi, che ci provino non è dimostrazione che lo vogliano davvero…
L’ostacolo più evidente tra l’ex governatore della Bce e il Colle più alto è, senz’altro, il timore diffuso nei partiti che l’eterogenea maggioranza, quindi la legislatura, possano non reggere se il premier dovesse trasferirsi al Quirinale. Il primo effetto di questa preoccupazione è che il rebus per l’elezione del presidente della Repubblica si intreccia con quello sul nuovo governo che dovrebbe nascere dopo l’eventuale ascesa di Draghi al Colle.
Matteo Renzi, leader di Italia Viva a cui si deve l’intuizione di portare Draghi a Palazzo Chigi al posto di Conte, non sembra entusiasta: “un’ipotesi, ma sta in piedi solo in un quadro di accordo politico”, deve essere “una scelta politica” e “questo implica un accordo sul governo del dopo”. Precondizione per tutti i partiti, quindi, tranne Fratelli d’Italia, è un accordo preventivo per la prosecuzione della legislatura".
Oramai, si è capita una cosa.
Il premier Mario Draghi pecca di mancanza di coraggio.
Egli sa che se si candidasse ad eventuali elezioni non vincerebbe.
Non avrebbe manco la poltrona di senatore a vita che qualche suo predecessore ha.
Sa anche che in sede europea non vi sono poltrone disponibili.
Dunque, gli resterebbe solo la poltrona di premier, fino all'anno prossimo.
Poi, rimarrebbe inoccupato.
Dunque, Draghi brama il Quirinale.
Egli sarebbe disposto anche a vendere l'anima al diavolo, pur di potere salire al Colle.
I partiti, però, non sembrano tutti d'accordo riguardo a ciò.
La Lega non vuole Draghi al Quirinale.
Lo stesso discorso vale per Forza Italia, fino ad ora.
Ora, se il centrosinistra spingesse Draghi verso il Colle, si potrebbe ritornare ad un Governo retto da una maggioranza simile a quella del Governo giallo-rosso di Giuseppe Conte.
A questo punto, sorge spontanea questa domanda: il Partito Democratico non potrebbe spingere Draghi al Quirinale per potere escludere la Lega dal Governo e tornare alla maggioranza giallo-rossa, magari con l'aggiunta di Forza Italia?
Di conseguenza, il Partito Democratico potrebbe fare leva sulla paura di Draghi per portarlo al Colle.
Così, si potrebbe creare un Governo con la vecchia maggioranza giallo-rossa, alla quale si potrebbe aggiungere Forza Italia.
Un Governo simile avrebbe il suo baricentro nel Partito Democratico e nel Movimento 5 Stelle, i quali sono alleati non solo tatticamente ma anche strategicamente.
A questo punto, ci si dovrebbe porre qualche domanda anche riguardo a Forza Italia.
Forza Italia è disposta a continuare a stare nel centrodestra o vuole implementare la politica del "doppio forno"?
Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta sa bene che una maggioranza giallo-rossa come quella del Governo Conte II sarebbe alquanto fragile.
Dunque, in barba al suo anti-berlusconismo, Letta potrebbe aprire a Forza Italia, portare il partito di Silvio Berlusconi dalla sua e fargli votare Draghi per il Quirinale in cambio di una sostanziosa contropartita nel Governo futuro.
Del resto, buttare fuori la Lega dal Governo è il sogno di Letta.
Così, egli potrebbe sfruttare a suo vantaggio la paura che Draghi ha di restare senza poltrona.
Insomma, la vecchia politica dei compromessi continuerebbe.
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