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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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martedì 13 novembre 2012

Dal blog "Panta Rei" di Gaspare Serra: "Dalla "Beat Generation" alla "Neet" Generation: Giovani sull'orlo di una crisi di nervi"


Cari amici ed amiche.

Leggete questo articolo del blog di Gaspare Serra "Panta Rei", che è intitolato "Dalla "Beat" generation alla "Neet" generation: Giovani sull'orlo di una crisi di nervi":



"SOMMARIO:

1-L’ITALIA? NON UN PAESE PER GIOVANI…
2-ITALIA, REPUBBLICA “AFFONDATA” SUL LAVORO: L’ALLARME DISOCCUPAZIONE
3-GENERAZIONE PERDUTA: IL DRAMMA DELLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE
4-GIOVANI IN “STAND-BY”: IL FENOMENO DEI “NEET”
5-ETERNI MAMMONI? IL FENOMENO DEI “BAMBOCCIONI”
6-I “DIVERSAMENTE OCCUPATI”: GLI STAGISTI
7-VITE PRECARIE: “GENERAZIONE 1.000 EURO”
8-L’ULTIMA SPIAGGIA: LA FUGA DEI “CERVELLI”
9-L’“EQUAZIONE PERFETTA” PER USCIRE DALLA CRISI

                                     


L’ITALIA?
NON UN PAESE PER GIOVANI…


Saranno forse “non + disposti a tutto” -ricalcando un noto slogan sindacale- ma i giovani italiani dovranno al più presto farsi le ossa per crescere in un Paese di “lupi travestiti d’agnello”, pronti a sbatterli sommariamente sul banco degli accusati.
 Vivete coi genitori? “Ma che bamboccioni!” (le parole paterne dell’ex ministro Padoa Schioppa); 
 Siete dei “Neet”? “Ma che lazzaroni!” (il pensiero tagliente di Vittorio Feltri, firma storica del giornalismo italiano); 
 Non siete ancora laureati? “Ma che sfigati!” (il commento pungente del viceministro Martone); 
 Siete alla ricerca di prima occupazione? “Ma andate ai mercati a scaricare cassette!” (l’invito fraterno dell’ex ministro Brunetta); 
 Cercate un lavoro? “Non siate choosy, per carità!” (l’esortazione spocchiosa del ministro Fornero); 
 Volete un consiglio? “L’agricoltura rende le persone sempre giovani…” (altro suggerimento materno di Elsa Fornero); 
 Non trovate lavoro? “È ovvio, lo cercate accanto a mammà!” (lo sfogo seccato del ministroCancellieri); 
 Ancora non lavorate? “Che poveri disgraziati!” (sempre parole di Renato Brunetta); 
 Siete precari? “Semplicemente l’Italia peggiore!” (altra perla di saggezza dell’on. Brunetta); 
 Guadagnate appena 500 euro al mese? “Ma quanto siete sfigati…” (la chiosa dell’on.Straquadagno); 
 Cercate un posto fisso? “Ma che monotonia…” (il pensiero borioso del premier Monti); 
 Lo avete trovato, ma nel pubblico impiego? “I soliti fannulloni!” (la sintesi ideale del Brunetta-pensiero); 
 Lo state ancora cercando, non più giovanissimi? “Che generazione perduta…” (la conclusione pilatesca del senator Monti…).

Al bando ogni senilismo demagogico o giovanilismo di comodo, è solare che sia facile scovare, nel mucchio dell’intera “generazione Y” nata a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90, adolescenti viziati e menefreghisti, pronti a prendersela col mondo intero pur di non assumersi le proprie responsabilità;studenti parcheggiati all’università, che preferiscono vivere di rendita piuttosto che cercarsi un lavoro;giovani fannulloni impiegati nella pubblica amministrazione i quali, conquistato il “posto fisso”, ripongono il minimo impegno nel proprio lavoro.
Di “mele marce” se ne trovano in qualsiasi paniere: chi fa politica, anzi, ha meno autorità di chicchessia nel dare lezioni di morale…
Esiste, però, un’Italia “per bene” di cui andare fieri: una “meglio gioventù”, silenziosa ma pur sempre maggioritaria, che tutti i giorni si fa in quattro per formarsi al meglio nelle nostre università, per mantenersi in qualche modo negli studi o per farsi strada nel mondo del lavoro puntando sulle proprie forze.
È accettabile, allora, che lo sport nazionale preferito da certi politici -ultimamente praticato con successo anche dai tecnici- sia divenuto il “tiro al bersaglio dei giovani”, una gara senza regole ad offendere, umiliare, bistrattare un’intera generazione (ieri sconsideratamente cresciuta a “pane e televisione”, oggi maldestramente rabbonita con “bastoni e carote”)?

Il ministro del Lavoro ha esortato i giovani ad “accontentarsi” nella ricerca di prima occupazione. 
Il vero problema, semmai, è che ci si accontenta fin troppo: i più non sono affatto “schizzinosi”, né nella ricerca del primo né del secondo, terzo od ennesimo lavoro! 
Il 71% dei giovani under 35 è disponibile ad accettare qualsiasi lavoro, purché remunerato: solo il 20% preferisce aspettare il posto che lo soddisfi al meglio (fonte Cisl). 
Chiedere quantomeno d’essere pagati, fosse anche per il più umile mestiere, vuol forse dire esser“choosy”? 
Un recentissimo studio di Bankitalia, inoltre, ha rivelato che, tra i giovani entrati nel mondo del lavoro tra il 2009 e il 2011:
 il 25% dei laureati si è adatto benissimo a svolgere un’occupazione con bassa o nessuna qualifica, più dei propri coetanei tedeschi (in Germania il dato scende al 18%);
 oltre il 30%, invece, svolge un’occupazione del tutto diversa da quella per la quale ha studiato.
Forse il mondo reale assume tutt’altro aspetto dall’alto di una cattedra…
Prendersela con Elsa Fornero, però, è come sparare sulla croce rossa, avendo il Ministro già abbondantemente dato prova -dopo le sue prime “lacrime di coccodrillo” - di aver la stessa sensibilità di un procione in calore!
Non si tratta forse della medesima persona che si è rivolta ai malati di Sla con queste parole: Anche la vita da ministro è dura…?! 

Liquidare il problema dei giovani senza lavoro con un “vadano a scaricare la frutta al mercato”, poi,è quanto di più banale e demagogico si possa affermare.
Qual è la funzione della Politica?
Preparare sommessamente i giovani “al peggio” oppure tentare di offrir loro opportunità, ricercando qualsiasi soluzione per sciogliere i nodi e lacciuoli che legano il mercato del lavoro e bloccano l’economia?
Qua è il compito di un ministro del Lavoro?
Invitare i ragazzi a competere con la manodopera rumena e la manovalanza tunisina o stimolarli a misurarsi con i giovani ingegneri indiani e i nuovi imprenditori cinesi?
Se s’inculca nei giovani la convinzione che il lavoro serva soltanto a guadagnarsi da vivere e “portare a casa lo stipendio”, non anche a realizzarsi e mettere in campo le proprie capacità, come stupirsi del fatto che i laureati diminuiscono sempre di più, mentre crescono gli inattivi e gli sfiduciati?
Se s’inibisce nei giovani finanche la capacità di sognare un futuro migliore, che ne sarà di loro?

L’impressione è che, dietro queste ripetute “gaffe”, si celi una strategia ben mirata: la ricerca dell’“alibi perfetto” per sottacere le gravi responsabilità di un’intera classe dirigente nell’affrontare i problemi della mancanza di occupazione, crescita e sviluppo, che certo non dipendono solo da fattori esogeni (l’assenza di un’Europa politica, la crisi finanziaria internazionale o la congiuntura economica sfavorevole).
Un esempio chiarificatore?
Tra il 1999 ed il 2007 l’Italia ha beneficiato del c.d. “dividendo dell’euro”, ovvero di bassi tassi d’interesse sul debito pubblico che hanno consentito di risparmiare centinaia di miliardi (secondo alcuni economisti, addirittura “100 miliardi” di euro all’anno).
Un enorme “tesoretto” che, se oculatamente speso in politiche d’investimento e affiancato da riforme strutturali, avrebbe consentito all’Italia di essere tra i paesi più virtuosi d’Europa, piuttosto che tra gli stati “pigs” citati come modello negativo persino nella campagna elettorale americana.
Di chi la responsabilità se l’Italia negli anni Duemila ha “dilapidato” queste risorse?
Se in capo ad ogni italiano grava un debito pubblico di oltre “30.000 euro”, in termini assoluti il terzo al mondo (tra il 1950 e il 1969 la media del debito pubblico in rapporto al Pil era del 30%, oggi ha sfondato quota 126%)?
Se la spesa pubblica è lievitata a dismisura (nel 1950 si attestava sotto il 25% in rapporto al Pil, oggi supera il 50%)?
Se la pubblica amministrazione è divenuta un ente erogatore di stipendi, piuttosto che di servizi (Sicilia docet)?
Se il nostro regime tributario è il più opprimente al mondo (nel 1951 la pressione fiscale era del 18,2%, oggi supera il 55%)?
Se i costi del lavoro e dell’energia sono nettamente più alti della media europea?
Se le ultime grandi imprese italiane (vedi la Fiat) e le poche multinazionali straniere presenti (vedi l’Alcoa) pagherebbero penali pur di delocalizzare?
Se la corruzione ci costa “60 miliardi” di euro l’anno, mentre l’evasione fiscale il doppio?

Di chi la responsabilità se l’Italia si è ridotta ad un Paese “a corto di futuro”, con il cappio al collo del debito e la pistola dei mercati alla tempia?
Tutto questo è forse imputabile ai giovani che solo oggi si affacciano sul mercato del lavoro, magari illusi che il mondo reale non fosse poi così distante da quello rappresentato da “mamma Tv”?
È colpa dei giovani italiani se un loro coetaneo su tre è senza lavoro?
Se la loro generazione è divenuta “precaria” per antonomasia?
Se l’ingresso nel mercato del lavoro solitamente passa attraverso la scorciatoia obbligata di un’occupazione in nero e senza tutele?
Se il mondo delle professioni è chiuso a camera stagna da caste autoreferenziali, mentre il mercato del lavoro è drogato dal precariato?
Se gli stipendi degli italiani sono in media i più bassi d’Europa, per molti insufficienti a garantire una piena indipendenza economica dalla famiglia d’origine?
Se molti di loro -i migliori o i più audaci- preferiscono scappare all’estero piuttosto che accontentarsi di un lavoro tanto dequalificato quanto malpagato?
Su un punto ha perfettamente ragione il viceministro Martone: essere giovani in Italia vuol dire aver ricevuto in dote dalla sorte una “sfiga” pazzesca!

A chi il compito di indicare una qualche via d’uscita, “una luce in fondo al tunnel”?
A una classe politica “novecentesca”, la stessa che fin oggi ha scavato la fossa sotto i piedi dei propri figli?
Ad un governo tecnico -il più sobrio degli ultimi 150 anni- che, definendo “perduta” la generazione dei 30/40enni, ha già giudicato spacciati un quinto dei cittadini che rappresenta?
Che futuro può avere un Paese che, piuttosto che riconoscere i giovani come un “organo vitale” del Sistema, li liquida sbrigativamente come un “arto in cancrena” da amputare per salvare il resto del Corpo sociale?".

Alla faccia di chi dice che io non dialoghi, prendo spunto dal blog di un mio diretto concorrente.
Ora, io vorrei esprimere un pensiero:
il problema dell'Italia è il fatto che in passato non si siano fatte delle riforme e quando esse venivano fatte c'era chi protestava e faceva di tutto per fare sì che non venissero implementate.
Qui la colpa è anche dei giovani.
Cito il caso della riforma dell'università voluta dal Ministro dell'Istruzione e dell'Università del governo del presidente Berlusconi, l'onorevole Maria Stella Gelmini.
Questa riforma avrebbe stroncato le "baronie" , mettendo dei criteri di meritocrazia e di sussidiarietà.
Ergo, questa riforma avrebbe fatto sì che fossero valorizzate e finanziate solo quelle attività chi si sarebbero mostrate virtuose.
Mi ricordo di tutte le manifestazioni di protesta organizzate dagli studenti di sinistra e dagli insegnanti contro questa riforma che sarebbe stata utile.
Qui, i giovani sono andati contro sé stessi.
Allora, non santifichiamo i giovani, cosa che, per esempio, fa Beppe Grillo.
Anche i giovani sbagliano.
Però, va detta anche un'altra cosa.
In passato, l'Italia ha commesso degli errori.
Per esempio, in ambito europeo, sono stati fatti degli errori madornali, come quelli delle "Quote Latte".
Per salvare il centro siderurgico di Bagnoli (Napoli), centro che poi è stato dismesso, è stata sacrificata l'agricoltura, specie qui al nord.
Questo è stato fatto anche per il continuo veto dei sindacati.
In pratica, per fare contenti la CGIL ed il Partito Comunista Italiano, è stata sacrificata la nostra agricoltura.
Ora, ci sono tanti giovani che vorrebbero cimentarsi nell'agricoltura, coniugando ricerca moderna e tradizione.
In Veneto ci sono giovani che aprono aziende agricole.
Però, essi non sono incentivati dalle politiche nazionali, anche per via delle "Quote Latte".
Inoltre, le aziende italiane sono penalizzate dal fisco.
Il nostro fisco è abnorme e serve a mantenere un'apparato burocratico gigantesco.
Questo fisco colpisce famiglie ed imprese e vanno ad alimentare uno Stato spendaccione ed un apparato burocratico che è fuori controllo.
Le famiglie non arrivano a fine mese ed arrivano a rinunciare alle cure.
Le aziende vanno in crisi e si delocalizza in Paesi in cui la manodopera costa meno oppure si arriva al fallimento.
Io, che sono giovane (di trentadue anni) e disoccupato, so di cosa parlo.
Ho girato varie aziende ed i titolari mi hanno detto che non potevano assumere.
Mi è capitato di vedere i cancelli chiusi, perché le aziende sono fallite. 
Il nostro tessuto industriale è fatto prevalentemente da piccole e medie imprese.
Con una pressione fiscale che supera il 50%, molte aziende non ce la fanno.
A ciò, si unisce ora l'idea di mettere la patrimoniale, una tassa sui patrimoni.
Io spero che una cosa del genere non passi.
La patrimoniale è l'imposta più incivile del mondo.
In pratica, si ammazza l'imprenditoria.
Noi giovani siamo quelli che ci rimettono di più.
Non possiamo fare impresa, per via delle tasse, e le aziende non ci assumono, sempre per via delle tasse. 
E poi dicono che noi siamo "choosy" o "bamboccioni".
Cordiali saluti. 



 



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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.