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domenica 25 novembre 2012

Padre Giovanni Cavalcoli, OP, alla riscossa!

Cari amici ed amiche.

Su Facebook, ho trovato questo testo interessante che è intitolato "Padre Giovanni Cavalcoli, OP, alla riscossa!":



"La denigrazione del cattolicesimo



di P. Giovanni Cavalcoli, OP, da "Riscossa Cristiana" (20/11/2012)



All’interno della Chiesa cattolica sta avanzando un fenomeno sconcertante dalle dimensioni mai finora esistite in tutta la storia della Chiesa, in quanto utilizza forze ufficiali della Chiesa stessa: la denigrazione dello stesso cattolicesimo fatta con vari metodi e modalità che adesso cercherò di descrivere, accennando poi brevemente a come ci si potrà liberare da questa “sporcizia” che sta sfigurando orribilmente il volto della Sposa di Cristo.



Tutto è partito, come ormai si sa, dal gravissimo fraintendimento degli insegnamenti conciliari ad opera di un rinato modernismo mascherato da “progressimo” e non sufficientemente represso sin dagli inizi, anzi a volte elogiato, dallo stesso episcopato, esclusa comprensibilmente Roma, la quale però si è trovata isolata ed inefficace nei suoi numerosissimi interventi magisteriali per la mancanza dell’appoggio dello stesso episcopato.



Un generale senza l’esercito può combinare ben poco. Questa è la tragedia della Chiesa di oggi. Finché i vescovi non si decidono a fare il loro dovere obbedendo al Papa ed al Magistero con coraggio e sapienza, la situazione peggiorerà sempre di più e i modernisti aumenteranno la loro arroganza e la loro prepotenza, nonché il loro prestigio presso una massa enorme di cattolici ormai completamente frastornati ed ingannati dalle loro imposture.



I modernisti fanno di tutto per presentare i veri cattolici sotto un aspetto odioso, isolandoli, diffamandoli e screditandoli, anche se si tratta del Papa, di cardinali o di vescovi o di sacerdoti o di religiosi o di teologi o di fedeli degnissimi. Finora i modernisti hanno usato soprattutto una intimidazione meramente psicologica. Ma, dato che essi hanno aumentato il potere in molti posti, intervengono apertamente con veri e propri mezzi coercitivi e vessatori, per impedire ai cattolici di farsi sentire e di denunciare le eresie del modernismo, proprio quei cattolici che illuminano e confortano i fedeli e avvertono e correggono quelli che si sono lasciati irretire dall’errore.



Presento in pochi punti la via seguita dai modernisti.



Innanzitutto - e questo è un argomento che ho già avuto modo di trattare su questo sito - guastando la retta definizione di “cattolicesimo” data dall’unico organo deputato a ciò, ossia dal Magistero della Chiesa Cattolica. Tale definizione si ricava soprattutto da quell’autorevolissimo documento ufficiale che è il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale continua e nello stesso tempo sviluppa altri importantissimi documenti del genere dei secoli passati, come il famoso Catechismo del Concilio di Trento o il Catechismo di San Pio X o, per citare un documento più recente, il “Credo di Paolo VI” pubblicato nel 1968.



I modernisti si sforzano in tutti i modi di rendere il termine “cattolico” quanto più sincretistico, confuso e contradditorio possibile, inserendo in esso gli attributi più arbitrari e contrari al vero cattolicesimo, così da togliere ai fedeli un criterio chiaro, oggettivo e sicuro di valutazione e discernimento che consenta di distinguere ciò che è cattolico da ciò che non lo è.



Certi modernisti, cioè i più spinti, non hanno la sfacciataggine di dirsi “cattolici”, ma si presentano come semplicemente “cristiani”, considerando peraltro il cattolicesimo come denominazione settaria o “confessionale”, mentre per loro esser “cristiani” è segno di una maggiore apertura mentale e disponibilità al dialogo. Altri invece, come Vito Mancuso, affermano di “restare per sempre nella Chiesa cattolica”, nonostante abbia scritto un libro di enorme successo nel quale dice di rifiutare almeno quattro dogmi della Chiesa cattolica. Così pure è da molti considerato “cattolico”, Karl Rahner nel cui pensiero sono state individuate molte eresie [1].



In secondo luogo, i modernisti hanno creato due figure di “cattolico” in opposizione tra di loro non secondo il criterio più ovvio del cattolico buono e di quello cattivo, criterio che loro irridono come infantile, “manicheo” ed astratto, ma secondo due categorie artificiose - queste sì astratte e manichee - da loro inventate o desunte dalla politica, come: “cattolico di sinistra” (corrispondente a quello buono) e “cattolico di destra” (cioè quello cattivo), oppure desunte dall’ideologia illuminista-massonica sette-ottocentesca: “progressista”, “avanzato” o “maturo” o “adulto” (il buono) e conservatore, superato, reazionario o tradizionalista (il cattivo), senza contare tutta un’ulteriore variopinta serie di altri aggettivi, ben noti e che non sto qui ad elencare. Si tratta di attributi senza alcun fondamento morale, evangelico ed ecclesiale, ma raccattati qua e là da altre correnti o ideologie, come il marxismo, il liberalismo, l’islamismo, il protestantesimo, la politica da strapazzo e via discorrendo.



Naturalmente i modernisti, mancando, per la natura stessa della loro ideologia, di autentici riferimenti fondamenti teoretici seri ed oggettivi, dato che loro stessi predicano il relativismo e l’evoluzionismo concettuale, e fondano la loro “teologia” su di un modo di pensare che non è vero pensiero ma emotività irrazionale fatta di slogan, frasi fatte e luoghi comuni, non hanno alcun serio argomento per squalificare i veri cattolici e per sostenere la loro posizione.



Non osano quindi far ricorso alle categorie normali del vero e del falso [2], dell’ortodosso e dell’eretico, semmai all’opposizione tra “ciò che va oggi” (“vero”) e “ciò che andava ieri” (“falso”), oppure: “preconcilio” (“falso”) e “postconcilio” (“vero”) e sciocchezze del genere, cercando piuttosto di suscitare con quegli slogan rozze emozioni che siano tali da provocare simpatia e ammirazione per il modernista, nonché antipatia, ripugnanza e disprezzo per il retrogrado “tradizionalista lefevriano”.



Per i modernisti quei cattolici che denunciano la drammaticità della situazione attuale della Chiesa, sono quegli uggiosi e brontoloni “profeti di sventura”, dai quali prese le distanze Papa Giovanni, e la Madonna, che a Medjugorje ci avverte del rischio del castigo divino, è semplicemente una seccatrice, che farebbe bene a stare in cielo senza venire sulla terra a rompere le uova nel paniere.



Al contrario, secondo il card. Martini, “mai la Chiesa è andata bene come oggi”, salvo poi a dichiarare pochi mesi dopo, prima di presentarsi al giudizio divino, che “la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni”. Allora quale Chiesa? Quella di Benedetto XVI, naturalmente, mentre la sua è perfettamente è all’altezza dei tempi e guida dell’umanità verso le “magnifiche sorti e progressive”, per dirla con le famose parole della Ginestra di Giacomo Leopardi.



Per i modernisti i veri cattolici “non sono evolutivi”, sono delle persone rigide, chiuse in aride formule, ferme alle idee del pre-concilio, non capiscono cosa sia il progresso. E certo i veri cattolici non accettano il falso progresso di marca illuministica ed hegeliana dai modernisti sbandierata contro il vero progresso, che è quello dello Spirito di Cristo che conduce la sua Chiesa alla pienezza della verità.



Per i modernisti i veri cattolici sono “troppo polemici”, semplicemente perché denunciano le loro eresie. I modernisti, sì, invece sono persone miti, aperte, comprensive, dialoganti, flessibili e duttili, senza spirito inquisitoriale, senza esclusivismi e presunzione di “possedere la verità”. Se però qualche buon cattolico osa contestare questa loro ipocrisia, viene trattato, come si dice a Bologna, “a pesce in faccia”.



Col recente aumento del loro potere, per il quale hanno raggiunto molte cariche nella Chiesa, i modernisti non si limitano più a lasciare fare ai loro “compagni di partito”, permettendo le critiche da parte dei veri cattolici. Cominciano invece a perseguitare quei pochi cattolici, che sono fedeli a Roma, con vari pretesti, accompagnati da una campagna denigratoria. Un pretesto che attualmente si sta affermando, tale da rendere il malcapitato oggetto del pubblico disprezzo, è quello della “disobbedienza”.



Infatti, costui viene punito solo perché egli preferisce obbedire a Dio o alla Chiesa piuttosto che al “legittimo superiore”, proprio questo superiore sessantottino, che fin dagli anni del seminario si è vantato di appartenere ai “cattolici del dissenso”, ribelli al Magistero della Chiesa e al Papa, e adesso da superiore, credendosi dio in terra, continua il “suo dissenso”, con questa differenza: che chi osa disobbedire a lui, mal glie ne incoglie. Al Papa si può disobbedire come si vuole, senza che succeda nulla, anzi si ricevono applausi dal mondo. Ma chi disobbedisce al superiore modernista, sono affari suoi. È nata, come dicevo in un recente articolo, una nuova inquisizione: mentre quella di prima puniva l’eresia, quella di oggi punisce l’ortodossia.



Che fare? Bisogna che i vescovi si sveglino. Occorre che Roma li esorti all’obbedienza, alla collaborazione e al coraggioso e tempestivo compimento del loro dovere. Occorre liberare i seminari e gli studentati religiosi dai maestri e dai diffusori di eresie. Capita spesso che vi siano giovani di buona volontà con una buona base cattolica, che vogliono farsi preti o religiosi, ma che una volta entrati in seminario o nello studentato sono costretti con sottili minacce psicologiche, e magari con grave crisi di coscienza, ad adeguarsi all’andazzo modernista, se vogliono avanzare negli studi ed esser graditi ai superiori, a volte allo stesso vescovo. Questo scandalo gravissimo dura ormai da decenni, sicché adesso abbiamo un’intera generazione di vescovi modernisti formati alla scuola di Rahner, Schillebeeckx e compagnia bella.



Tutti i vescovi però sono sempre i vescovi, tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedek. Per questo, nonostante tutto, se vogliamo essere cattolici, dobbiamo continuare ad avere una fiducia assoluta nei nostri vescovi, certo non tanto nel singolo vescovo o nel gruppo di vescovi, ma in quanto in unione col Papa, fosse anche un singolo vescovo isolato tra gli altri.



Inoltre bisogna che i vescovi vigilino di più sulla formazione dei loro seminaristi e intervengano per tempo, perché è notorio che se questi soggetti diventano preti o addirittura teologi famosi con delle idee storte, dopo non c’è niente da fare. Se poi questi qui diventano dei vescovi o superiori, la disgrazia è ancora peggiore. Più salgono nella gerarchia più la sciagura aumenta per tutto il popolo di Dio.



Nostro Signore Gesù Cristo certamente porta pazienza; tuttavia, in quanto Fondatore e custode della Chiesa Cattolica, alla quale ha garantito fino alla fine del mondo l’assistenza infallibile dello Spirito Santo che guida il Successore di Pietro insieme con l’Episcopato unito a lui, non potrà tollerare il tentativo dei modernisti di falsificare e deformare la struttura essenziale della Chiesa, la quale, come vivo organismo, certamente progredisce nella storia, ma conservando inalterata la propria identità.



NOTE

[1] Vedi il mio libro di successo “Karl Rahner. Il Concilio tradito”, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009, II edizione 2011.

[2] Un grande teologo di oggi che con franchezza e competenza esamina le teologie contemporanee sulla base del criterio del vero e del falso, è Mons. Antonio Livi col suo libro «Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”», Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012.



*****



La grande manovra dell’idealismo



di P. Giovanni Cavalcoli, OP, da "Riscossa Cristiana" (23/11/2012)



Dall’epoca del modernismo, condannato da San Pio X è in atto all’interno della Chiesa una complessa manovra dei filoidealisti per ottenere all’interno della dottrina cattolica un diritto di cittadinanza anche all’idealismo tedesco, il cosiddetto “idealismo trascendentale”, un’operazione simile - ciò sia detto senza disprezzo per nessuno - a quella per la quale sul campo politico la Turchia si sta adoperando per mostrare all’Europa di avere le carte in regola per poter far parte della Comunità Europea.



Quella dell’idealismo è una secolare questione, che si trascina dal Medioevo, dai tempi di Meister Eckhart, grande mistico domenicano tedesco, il quale ideò una spiritualità cristiana di tendenza panteista, che però non fu approvata dalla Chiesa ed anzi fu condannata. Oggi c’è chi si sforza di mostrare le buone intenzioni di Eckhart sostenendo che la sua mistica difetterebbe solo dal punto di vista del linguaggio e rifletterebbe la modalità propria della spiritualità tedesca, portata ad una specie di soggettivismo o ad un accentuato interiorismo che assomiglierebbe all’immanentismo e al panteismo ma senza esserlo, espressione di ciò che i tedeschi chiamano con un termine intraducibile il Gemüt, una specie di sintesi fra sentimento, emozione e intuizione.



Una certa presenza di idealismo o di apriorismo è sempre stata ammessa nella Chiesa: si tratta del filone platonico, che è presente nel grande S. Agostino e avvia tutta una scuola di spiritualità che rifulge per esempio in S. Anselmo e in S. Bonaventura. Nel contempo però, al sorgere del genio di S. Tommaso d’Aquino, la Chiesa, sino ai nostri giorni, non ha mai nascosto la sua preferenza per il realismo tomista rispetto al pur moderato ed accettabile idealismo proprio soprattutto della tradizione mistica.



Tuttavia c’è idealismo ed idealismo. Con Cartesio è nato un nuovo e più spinto idealismo che ha cominciato a creare preoccupazioni per la Chiesa. Già le opere di Cartesio nel 1663 furono messe all’Indice. E da allora l’idealismo cartesiano, alleatosi in Germania col luteranesimo, avviò una tendenza di pensiero la quale, pur dichiarandosi “cristiana”, culminata col pensiero di Hegel, entrò in sempre maggior conflitto con la dottrina della Chiesa Romana, fino a che si giunse alle condanne dell’idealismo in Pio IX, al Concilio Vaticano I, in S. Pio X e in Pio XII. Propaggini di questa opposizione all’idealismo immanentista si trovano ancor oggi, per esempio nell’enciclica Fides et Ratio del Beato Giovanni Paolo II.



Stranamente l’idealismo soggettivista e panteista non è stato condannato dal Concilio Vaticano II. C’è chi si lamenta che esso non ha neppure ribadito la condanna del comunismo. Ma ciò non mi pare una grave lacuna, giacché sin dal 1937 esisteva la splendida enciclica Divini Redemptoris di Pio XI, un documento di ampio respiro col quale il comunismo veniva dettagliatamente descritto e confutato.



Nulla di simile la Chiesa ha mai fatto per l’idealismo, che pure è una dottrina complessa, non priva di valori, ma dove l’errore è sottile e fascinoso, tale da ingannare anche spiriti eletti e uomini dotti, perché si presenta col volto dell’alta speculazione, della mistica e della spiritualità. Inoltre l’idealismo tedesco, erede di Cartesio e di Lutero, si presenta con la nomea seducente di “pensiero moderno”, al di là della “teologia scolastica”, considerata ormai superata per non dire sbagliata. E ciò naturalmente coinvolge anche la dottrina di S. Tommaso. E chi non vuol essere moderno e restar fermo al Medioevo? Tanto più che abbiamo avuto cinquant’anni fa un Concilio che ha precisamente avuto tra i suoi intenti quello di assumere i valori della modernità. E dunque?



Tuttavia il Concilio non ha affatto abbandonato la tradizionale preferenza per il realismo tomista, espressione eccellente del realismo biblico e del tradizionale realismo della Chiesa e di tutti i Padri, i Santi e Dottori, pur nel pieno rispetto della tradizione agostiniana, il cui idealismo però è del tutto innocuo ed anzi raccomandabile, perché, nell’esaltare il vero valore della coscienza e dell’interiorità, ammette la trascendenza divina e la limitatezza dell’uomo, mentre l’idealismo moderno “trascendentale” cade nell’immanentismo e in una concezione dell’uomo che si identifica con Dio, magari sotto il pretesto dell’“Incarnazione del Verbo” e della vita di grazia.



Per questo, qui non ci siamo assolutamente e la Chiesa non può che respingere assolutamente, senza mezzi termini, questo tipo di idealismo, il quale, come ho detto, ha il suo massimo rappresentante in Hegel e nella sua scuola fino ad oggi, come per esempio in Italia Giovanni Gentile.



Inoltre questo idealismo, come è stato dimostrato dal Fabro e dal Cottier, non è che un criptoateismo, che verrà esplicitato da Marx, il quale appunto esplicitamente parte da Hegel e non fa che esplicitare le potenzialità contenute nel pensiero hegeliano. Infatti, se con l’idealismo l’uomo viene assorbito in Dio (la famosa Erhebung), nulla impedisce l’operazione contraria di un Dio che si dissolve e scompare nell’assolutezza dell’uomo, come lo stesso Marx ebbe a dire: “L’uomo è Dio per l’uomo”. L’“alienazione” (Entfremdung e Entäusserung), per la quale l’uomo è schiavo di un Dio trascendente, c’è già in Hegel e Marx non farà altro che “liberare” l’uomo da questo Dio trascendente e schiavista. E se in Hegel il Dio immanente è l’uomo stesso, in Marx resta soltanto l’assolutezza dell’uomo, che non si chiama più “Dio”, ma semplicemente “Uomo”. Ed è significativo che oggi certi atei, come riferiva il card. Ravasi, non vogliono chiamarsi “atei” (pur restandolo), ma “umanisti secolari”.



Neppure la massoneria, che pur rifiuta ogni religione positivo-rivelata, giunge all’empietà, che è finta spiritualità, dell’idealismo hegeliano sfociante nell’ateismo marxista, giacché almeno la massoneria ufficiale (se vogliamo escludere quella esoterica) si ferma alla religione naturale-razionale dell’illuminismo ed ammette l’esistenza di Dio.



Senza parlare dello sbocco totalitario (fascista, nazista e comunista) dei princìpi hegeliano-marxisti, che abbiamo abbondantemente sperimentato nel secolo scorso. La massoneria, almeno, per quanto anticlericale, si pone sul piano della democrazia e dei diritti umani. Ma le conseguenze ultime dell’hegelismo marxista conducono l’umanità alla più atroce barbarie.



È successo però che con l’atmosfera del Vaticano II, aperta come si sa al dialogo con le culture e le religioni, fino al contatto con i non-credenti, gli idealisti si sono rifatti vivi in forze più che mai decisi ad essere ammessi nell’orizzonte ufficiale della dottrina cattolica, ovvero tentando di dissolvere la tradizione dotata di univocità, precisione ed unità propri della dottrina cattolica in nome di un confuso e contraddittorio “pluralismo” che potesse dar spazio anche a Lutero, Hegel, Cartesio e magari anche Marx.



Non si può negare che l’attenzione data dalla Chiesa all’idealismo in generale abbia dato risulti positivi, portando per esempio alla valorizzazione di personaggi un tempo emarginati da una tendenza tomista forse troppo prevalente nella Chiesa: pensiamo per esempio a un Blondel, a un Rosmini, a un Newman, a un Duns Scoto, a una Edith Stein. Lo stesso Eckhart vien visto con simpatia e qualcuno ha suggerito di promuoverne la causa di beatificazione. Tutto ciò è certamente positivo.



Occorre invece bloccare e sventare una buona volta un’altra maniera di appoggiare l’idealismo, che non può portare e non porta a nulla di buono. Si tratta di una manovra idealistica che ha le sue origini esplosive nel modernismo dei tempi di S.Pio X, ma era già iniziata in sordina nel secolo precedente, allorché la Chiesa, con Gregorio XVI e il Beato Pio IX, disapprovò il tentativo di alcuni teologi tedeschi, Hermes, Günther e Frohschammer, di conciliare il cattolicesimo con l’hegelismo.



Alla Scuola di Lovanio, all’inizio del secolo scorso, vi fu poi il tentativo, esso pure fallito, benché abbia avuto molto successo, del gesuita Joseph Maréchal, di conciliare S. Tommaso con Kant. Tale tentativo precorse quello, ben peggiore, esso pure fallito (ma pochi oggi se ne sono accorti), di Karl Rahner di conciliare S. Tommaso con tutti gli errori dell’idealismo moderno fino ad Husserl ed Heidegger.



Quest’ultimo tentativo, benché abbia già suscitato da quarant’anni giuste critiche, non è ancora stato condannato ufficialmente dalla Chiesa, ma attende di esserlo, come sempre la Chiesa ha condannato questi ibridismi ingannevoli, soprattutto quando si diffondono pericolosamente. Finora i rahneriani, con la loro astuzia, si sono coperti all’ombra del Concilio, ma quando sarà veramente chiaro a tutti che cosa il Concilio ha veramente detto (cosa che ancora dopo cinquant’anni è ancora da chiarire, almeno sul problema della teologia), gli errori di Rahner verranno in chiaro a tutti.



In modo simile all’Università Cattolica di Milano vi fu negli anni cinquanta-sessanta il tentativo generoso ma ingenuo e sostanzialmente illusorio di Giuseppe Bontadini, smascherato e confutato da padre Fabro, di conciliare il cattolicesimo con l’idealismo di Giovanni Gentile, che spudoratamente si dichiarava “cattolico” (e tale era considerato da molti), nonostante il suo apertissimo immanentismo panteista.



Bontadini tentò di avviare un cattolicesimo di ispirazione idealista e addirittura parmenidea, rifiutando Aristotele. Le conseguenze ultime di tale insensata impresa le trasse un suo discepolo, Emanuele Severino, il quale cadde addirittura in una forma di monismo eternalista ateo, con l’accusa di “nichilismo” fatta al cristianesimo ed all’intero pensiero occidentale. Vogliamo forse rifugiarci nell’Oriente? Nel nichilismo buddista? C’è qualcuno che ci pensa seriamente.



È necessario che il genio tedesco, che si esprime nell’idealismo trascendentale, ma non solo in esso, si lasci disciplinare dalla dottrina cattolica, interprete infallibile della Parola di Dio, come ha fatto molto tempo prima di lui la cultura greco-romana dando così il meglio di se stessa nell’obbedienza a Cristo.



Il che vuol dire che bisogna che la Chiesa distingua chiaramente una volta per tutte un idealismo lecito e compatibile col Vangelo, sorgente di umiltà e santità, come quello di un S. Agostino e un S. Bonaventura, da un idealismo illecito e incompatibile con Cristo, sorgente di superbia ed empietà, come quello che iniziando con Cartesio mescolato con Lutero, culmina con Hegel.



A queste condizioni il genio tedesco darà veramente il meglio di se stesso nel concerto pluralistico del pensiero cattolico e della piena comunione ecclesiale, secondo la sua più bella tradizione che inizia con S. Alberto Magno, prosegue con Corrado Köllin per arrivare ai Kleutgen, ai Weiss, agli Schmaus, ai Bartmann, ai Pieper, ai Guardini, fino a giungere alla stella attuale della sapienza tedesca, lo stesso Joseph Ratzinger, oggi Sommo Pontefice felicemente regnante, Papa Benedetto XVI. Il Papa, come dottore privato, è evidentemente padronissimo di seguire S. Agostino o S. Bonaventura o Guardini, anche se ufficialmente raccomanda S. Tommaso, ma non troveremo mai un Ratzinger, neppure come dottore privato, seguace di Lutero o di Hegel.



Così pure anche Giovanni Paolo II, come Papa, non poteva non raccomandare S. Tommaso, ma, come dottore privato - come ebbe un giorno a dirmi padre Fabro che aveva sentito questa cosa dal Papa stesso - Wojtyla preferiva Duns Scoto. Il pluralismo teologico è una della ricchezze e dei vanti della Chiesa Cattolica, ma nel cammino sulla via della verità ci sono dei paletti che non si possono oltrepassare.
".


Ringrazio l'amico Andrea Casiere che ha messo il testo su Facebook.
Questo testo mi appassiona.
Domani sera, alle ore 21:00, qui nella Parrocchia di San Giovanni Battista di Roncoferraro, ci sarà un incontro dedicato alla conoscenza di Dio.
Questo testo mi ha dato uno spunto per fare una riflessione.
Prima, nell'epoca antica, c'era il politeismo.
Poi si affermò il monoteismo, con un Dio che fu prima degli ebrei e poi di noi cristiani.
Questo Dio fu presente per tutto il Medio Evo ed ebbe la sua espressione nella Chiesa, corpo mistico di Cristo.
Ad un certo punto, con il Rinascimento, l'unità della Chiesa venne meno.
Ci fu la Riforma protestante.
Quindi, si stabilì la concezione del "Cristo sì, Chiesa no".
Il fedele, stando alle idee di Lutero, Calvino e Butzer, diventava sacerdote di sé stesso.
Poi, però, la cosa andò oltre.
I vari pensatori inglesi della fine del XVII secolo e del XVIII (come John Locke e John Toland) iniziarono a proporre un Cristianesimo trasformato in una "religione naturale" privata dalla tensione verso la Salvezza.
Questo pensiero gettò le basi dell'Illuminismo e del suo deismo.
In pratica, si affermò l'idea del "Dio sì, Cristo no".
Dio, però, non fu più il Dio personale di Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè, quel Dio che fece diventare carne la sua parola in Gesù Cristo.
Il Dio degli illuministi fu un dio astratto, un "Grande Architetto dell'Universo", il Dio della massoneria.
Il Dio della massoneria poteva essere il Dio degli ebrei e di noi cristiani, come un dio pagano (come Dagon, Baal, Giove o Apollo) o, peggio ancora, Lucifero.
A questo dio astratto si inginocchiarono i vari pensatori, come Voltaire. 
Questa visione si concretò nella Rivoluzione francese, quando nella "Dichiarazione dell'uomo e del cittadino" viene citato un "Essere supremo" o nella soppressione delle chiese che venivano riconvertite in templi dedicati alla dea Ragione.
Inoltre, si affermò l'ateismo, un pensiero che, in realtà, nascondeva un'avversione verso il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.
L'uomo divenne il dio di sé stesso e gli effetti si videro.
Questo pensiero si concretò nel nazismo e nel comunismo. 
La famiglia veniva dissacrata e la società decadeva.
Questa decadenza, però, colpì anche la Chiesa.
Come nel XVII e nel XVIII ci fu uno scontro tra giansenisti, gesuiti, molinisti, agostiniani e quant'altro, nel tempo nostro c'è uno scontro tra chi vuole cristianizzare a tutti i costi le idee attuali, compreso il comunismo, e chi vuole conservare la dottrina.
Questa divisione favorisce chi porta avanti certe idee, come quelle pro-aborto, pro-matrimoni gay e pro-eutanasia.
Infatti, chi ha queste idee, ha l'appoggio di quella parte del mondo cattolico che mostra la sua tiepidezza di fronte a queste stesse idee.
Anzi, chi sostiene queste idee incoraggia questa divisione e porta sé quella parte debole del mondo cattolico.
Ergo, se un prete progressista dice che i gay si debbano sposare, quei gruppi che sostengono quelle idee si vedono "legittimati" dalla Chiesa.
Io penso che i cattolici veri, i conservatori autentici (e non quelli che si limitano a seguire i riti), debbano svegliarsi.
Noi rischiamo di finire come gli anglicani.
Infatti, la Chiesa anglicana ha tre correnti, la "High Church", la "Low Church" e la "Broad Church".
Una chiesa gestita dalla "Broad Church" è l'abbazia di Romsey, in Inghilterra. 
In quest'ultima vi sono tutte quelle idee provenienti dall'Illuminismo e quelle "moderne", come quelle pro-matrimonio gay piuttosto che l'idealismo di Hegel.
In pratica, gli anglicani hanno provato a cristianizzare certe idee.
Il risultato è stato disastroso!
Infatti, quelle idee hanno contribuito a mettere in crisi la Chiesa anglicana, distruggendola dall'interno.
Gli esponenti di queste idee sono arrivati ai vertici della Chiesa anglicana, spaccandola tra chi appoggia certe idee e chi ha valori della tradizione.
Questo determinò il passaggio di molti anglicani alla nostra fede, la fede cattolica.
Noi cattolici rischiamo di fare questa fine.
Bisogna fermare il virus, prima che ci siano danni gravi.
Bisogna impedire di prendere ruoli di responsabilità nella Chiesa a chi sostiene certe idee.
Serve una seria formazione del clero.
Bisogna ridare slancio alla liturgia, ridando valore all'Eucaristia.
Bisogna insegnare ai laici cattolici il significato di certe parole ed espressioni, come "transustanziazione" o "magistero papale".
Bisogna rilanciare la pratica del Santo Rosario.
Bisogna anche parlare di difesa della sacralità della vita e della famiglia. 
Se non si facesse così, i danni potrebbero essere molto gravi.
Cordiali saluti. 











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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.