Se pur in ritardo, vorrei dare una risposta all'ex-Primo Ministro britannico Tony Blair che, durante la puntata speciale della trasmissione "Ballarò" che era dedicata alle dimissioni del presidente Berlusconi , aveva detto che nella politica di oggi serve la praticità e non l'essere di destra o di sinistra.
Entro certi termini, Blair ha detto il vero.
Tuttavia, egli non ha tenuto conto di un piccolo fattore.
Infatti, l'Italia non è la Gran Bretagna.
Qui in Italia, nel bene e nel male, le ideologie contano.
Storicamente, è sempre stato così.
Pensiamo all'antica Roma e allo scontro tra la fazione di Mario e quella di Silla (82 B.C) oppure agli scontri tra guelfi e ghibellini (nel Medio Evo) o a quello tra Bigi, Arrabbiati, Piagnoni e Palleschi (nella Firenze di Girolamo Savonarola 1490-1498), fino allo scontro tra filo-asburgici ed anti-asburgici (nell'Italia del nord) e tra garibaldini ed anti-garibaldini nel XIX secolo, come anche gli scontri tra fascisti ed antifascisti all'inizio del secolo scorso.
Non mi risulta che dopo il 1688 (anno della "Gloriosa Rivoluzione), in Inghilterra ci sia stata una situazione simile.
Pur tra mille contraddizioni, come il caso dei cattolici e dell'"Act of Settlement" del 1701, in Inghilterra ci fu una pacificazione e, ad eccezione della questione nordirlandese (che certamente fu grave), non ci furono tensioni mal sopite e pronte ad esplodere tra partiti e fazioni politiche.
Qui in Italia, invece, anche nel nostro secolo, si può anche morire di politica.
Pensiamo a Marco Biagi (24 novembre 1950-19 marzo 2002) il giuslavorista che fu ucciso dalla nuove Brigate Rosse dieci anni fa.
Inoltre, Blair non ha tenuto conto di un'altra questione.
In Gran Bretagna non c'è mai stato un partito comunista forte come il Partito Comunista Italiano, partito che è stato a lungo la causa di tensioni.
In verità, quello che è stato affermato da Blair altro non è stato che una conferma del fatto che tra la scuola politica britannica e quella europea vi sia uno "spread" molto elevato.
La scuola politica britannica è figlia di una lunga tradizione incominciata con l'Eptarchia anglosassone (450-850 AD) e che passò attraverso la stesura della Magna Charta Libertatum (1215), l'Habeas Corpus del 1679 ed il Bill of Rights del 1689 e, fatti salvi alcuni suoi passaggi (come il martirio di re Carlo I Stuart che avvenne nel 1649), la storia della politica inglese non fu caratterizzata da eventi violenti.
In Italia, invece, come nel resto d'Europa, la politica moderna è figlia di un processo storico caratterizzato da fatti molto discutibili, la Rivoluzione francese del 1789.
Questo processo viene visto da molti come una conquista di civiltà.
In realtà, esso fu una vera menzogna che ingannò il popolo.
Esso, infatti, non portò maggiori diritti al popolo ma portò semplicemente una classe politica che puntò a distruggere il potere preesistente e che aprì le porte al populismo e al totalitarismo.
Esso volgarizzò la politica e portò al potere la parte peggiore del popolo.
Ideologie malvagie e perniciose (come nazismo e comunismo) sono figlie della Rivoluzione francese, un processò che puntò anche alla divinizzazione dello Stato.
In Italia, oltre a ciò vi furono anche l'endemica conflittualità della politica ed un altro processo storico molto discutibile,il processo di unificazione del 1861 che avvenne con la spedizione di Giuseppe Garibaldi.
Quanto fatto da Garibaldi, infatti, fu la cosa più vergognosa ed indegna da un punto di vista storico e politico.
Egli, infatti, attaccò il Regno delle Due Sicilie, che era uno Stato sovrano, anche ricorrendo all'aiuto della mafia.
Inoltre, egli agì contro ciò che avrebbe potuto unire realmente il nostro Paese, la Chiesa cattolica.
Quindi, egli generò uno scontro tra Stato e Chiesa, oltre ad avere posto le basi dello scontro tra Nord e Sud del Paese.
L'atteggiamento dei sindacati e dei partiti comunisti fu un ulteriore fattore di conflittualità.
Questa è la storia della nostra politica, una politica ben lontana da quella britannica.
Cordiali saluti.
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