Cari amici ed amiche.
L'amico e collaboratore Angelo Fazio mi ha inoltrato questa immagine (presa dalla pagina di Facebook "Guardiani della Fede Cristiana Cattolica") con questo testo:
"Gennaro è il santo Patrono principale di Napoli e, negli ultimi
anni del pontificato del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła,
1978-2005), è tornato ad essere patrono delle due Sicilie, cioè del sud Italia.
Sulla sua vita non si hanno notizie storicamente documentate. Nato a
Napoli nella seconda metà del III secolo, la sua storia è stata
tramandata da opere agiografiche dove la realtà e la leggenda spesso si
intrecciano e mescolano in un unico racconto, i cui elementi storici non
sempre sono facilmente distinguibili. Il fatto che portò alla
consacrazione di Gennaro sarebbe avvenuto all'inizio del IV secolo,
durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore
Diocleziano.
Gennaro era il vescovo di
Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo in
visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno, Sossio - già amico di
Gennaro che era venuto a trovarlo in passato a Miseno per discutere di
fede e leggi divine -, volendo rec Gennaro è il santo Patrono principale di Napoli e, negli ultimi
anni del pontificato del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła,
1978-2005), è tornato ad essere patrono delle due Sicilie, cioè del sud Italia.
Sulla sua vita non si hanno notizie storicamente documentate. Nato a
Napoli nella seconda metà del III secolo, la sua storia è stata
tramandata da opere agiografiche dove la realtà e la leggenda spesso si
intrecciano e mescolano in un unico racconto, i cui elementi storici non
sempre sono facilmente distinguibili. Il fatto che portò alla
consacrazione di Gennaro sarebbe avvenuto all'inizio del IV secolo,
durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore
Diocleziano.
Gennaro era il vescovo di
Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo in
visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno, Sossio - già amico di
Gennaro che era venuto a trovarlo in passato a Miseno per discutere di
fede e leggi divine -, volendo recarsi ad assistere alla visita
pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del
persecutore Dragonzio, governatore della Campania. Gennaro, insieme a
Festo e Desiderio, si recarono allora in visita dal prigioniero, ma,
avendo intercesso per la sua liberazione, ed avendo fatto professione di
fede cristiana, furono anch’essi arrestati e condannati da Dragonzio ad
essere sbranati dagli orsi nell'anfiteatro di Pozzuoli. Il giorno dopo,
tuttavia, per l'assenza del governatore stesso, impegnato altrove, il
supplizio fu sospeso. Dragonzio comandò allora che a Gennaro ed ai suoi
compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi del Forum
Vulcani (l'attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati
nell'anno 305; il corpo di Gennaro sarebbe stato sepolto nell'Agro
Marciano (Fuorigrotta?).
Secondo la tradizione, subito dopo la
decapitazione sarebbe stato conservato del sangue, come era abitudine a
quel tempo, raccolto da una pia donna di nome Eusebia che lo racchiuse
in due ampolle; esse sono divenute un attributo iconografico tipico di
S. Gennaro. Il racconto della pia donna è tuttavia recente e compare
pubblicato per la prima volta solo nel 1579, nel volume del canonico
napoletano Paolo Regio su “Le vite de' sette Santi Protettori di
Napoli”.
Documenti liturgici molto antichi,
come il calendario cartaginese (redatto poco dopo il 505) ed il
Martirologio Geronimiano del V secolo assegnano come data del martirio
di Gennaro e dei suoi compagni il 19 settembre; indicano invece nel 13
aprile la data della prima traslazione dei resti del santo. Anche in un
altro martirologio risalente all' VIII secolo, redatto dal monaco
inglese Beda, il 19 settembre viene indicato come data del martirio.
Nel calendario marmoreo di Napoli la data del 19 settembre viene
indicata come "dies natalis" di S. Gennaro. Tutte queste fonti, e
numerose altre ancora, attestano che la venerazione per il santo ha
origini antichissime che risalgono all'epoca del suo martirio o, al più
tardi, a quella della prima traslazione delle sue spoglie, avvenuta nel V
secolo.
Le reliquie del santo furono trasportate dal re
Giovanni I di Napoli nelle catacombe napoletane a Capodimonte che
presero il nome del Santo, e qui furono centro di vivissimo culto. Di là
il principe di Benevento Sicone, assediando la città di Napoli, nell'
831, ne approfittò per impossessarsi dei resti mortali che riportò nella
sua città, sede episcopale.
Le sante reliquie furono deposte nella
Cattedrale - che allora si chiamava Santa Maria di Gerusalemme - ove
restarono fino al 1154. In quell'anno, infatti, considerando che la
città di Benevento non era più sicura, il re di Sicilia Guglielmo I,
detto il Malo (1120-1166), provvide affinché esse venissero traslate
nell'Abbazia di Montevergine. A Montevergine, però, la devozione dei
pellegrini che vi si recavano era rivolta soprattutto a S. Guglielmo ed
alla popolarissima icona bizantina della Madonna chiamata "Mamma
Schiavona", sicché di S. Gennaro si perse ben presto la memoria e
addirittura la cognizione del suo luogo di sepoltura. A Napoli, invece,
rimaneva vivissimo il culto, anche per la presenza delle altre sue
reliquie: il capo e le ampolle col suo sangue.
Carlo II d'Angiò, detto lo zoppo
(1248-1309), - re di Napoli (1285-1309) e di Sicilia (1285-1302) - dopo
aver fatto eseguire dai maestri orafi francesi Stefano Godefroy,
Guglielmo di Verdelay e Milet d'Auxerre un preziosissimo
busto-reliquiario in argento dorato per contenere la testa e le ampolle
col sangue del santo, espose per la prima volta la reliquia alla
pubblica venerazione nel 1305. Suo figlio Roberto d'Angiò, detto il
Saggio (1277 - 20 gennaio 1343), invece, fece realizzare la teca
d'argento che custodisce le due ampolle del sangue.
Tuttavia la
liquefazione del sangue non è attestata prima del 17 agosto 1389,
allorché il miracolo si compì durante una solenne processione intrapresa
per una grave carestia.
Quando a Montevergine, per merito del
cardinale Giovanni di Aragona, furono ritrovate le ossa di S. Gennaro,
collocate al di sotto dell'altare maggiore, la potente famiglia dei
Carafa si impegnò, grazie soprattutto all'interessamento del cardinale
Oliviero e con il sostegno di suo fratello l'arcivescovo napoletano
Alessandro Carafa, affinché le reliquie tornassero a Napoli: la cosa
avvenne nel 1497, non senza l'opposizione da parte dei monaci di
Montevergine.
Come degno luogo per ospitarle, il cardinale Oliviero
Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell'altare
maggiore, una cripta d'eccezione in puro stile rinascimentale: la
Cappella del Succorpo.
A seguito di una terribile
pestilenza che imperversò a Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani
fecero voto a S. Gennaro di edificargli una nuova cappella all'interno
del Duomo. Benché i lavori fossero iniziati solo nel 1608 e siano durati
quasi quarant'anni, la sfolgorante e ricca Cappella del Tesoro di S.
Gennaro venne infine consacrata nel 1646. Al di sopra del suo splendido
cancello, realizzato da Cosimo Fanzago, figura l'iscrizione “Divo
Ianuario e fame bello peste ac Vesaevi igne miri ope sanguinis erepta
Neapolis civi patr. Vindici” ("A San Gennaro, al cittadino salvatore
della patria, Napoli, salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e
dal fuoco del Vesuvio, per virtù del suo sangue miracoloso, consacra").
Il 25 febbraio 1964 il cardinale arcivescovo Alfonso Castaldo fece la
ricognizione canonica delle venerate reliquie: “Le ossa furono trovate
ben custodite, in un'olla di forma ovoidale che reca incisa l'iscrizione
calligrafica, Corpus Sancti Jannuarii Ben. E.P.”.
Una ricognizione
scientifica eseguita il 7 marzo 1965 dal professore G. Lambertini
stabilì che il personaggio a cui appartengono le ossa è da individuarsi
in un uomo di età giovane (35 anni) di statura molto alta (m.1,90).
Secondo la leggenda, il sangue di S. Gennaro si sarebbe liquefatto per
la prima volta ai tempi di Costantino, quando il vescovo S. Severo
(secondo altri fu il vescovo Cosimo) trasferì le spoglie del santo
dall'Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il
tragitto avrebbe incontrato la nutrice Eusebia con le ampolline del
sangue del Santo: alla presenza della testa, il sangue nelle ampolle si
sarebbe sciolto.
Oggi le due ampolle, fissate all'interno di una
piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e
provvista di un manico, sono conservate nel Duomo di Napoli. Delle due
ampolle, una è riempita di 3/4, mentre l'altra più alta è semivuota
poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone
che lo portò con sé in Spagna.
Tre volte l'anno :
1. il primo sabato di maggio e negli otto giorni successivi, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli;
2. il 19 settembre e per tutta l'ottava, ricorrenza della decapitazione;
3. il 16 dicembre «festa del patrocinio di S. Gennaro», in memoria
della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le
invocazioni al santo.
durante una solenne cerimonia religiosa
guidata dall'arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al “miracolo
della liquefazione del sangue di S. Gennaro”.
Il popolo napoletano nei secoli ha
voluto vedere nella velocità del prodigio, un auspicio positivo per il
futuro della città, mentre una sua assenza o un prolungato ritardo è
visto come fatto negativo per possibili calamità da venire. La catechesi
costante degli ultimi arcivescovi di Napoli ha convinto la maggioranza
dei fedeli, che, anche la mancanza del prodigio o il ritardo vanno
vissuti con serenità e intensificazione, semmai, di una vita più
cristiana.
La liquefazione del sangue è innegabile e spiegazioni
scientifiche finora non se ne sono trovate, come tutte le ipotesi
contrarie formulate nei secoli, non sono mai state provate. È singolare
il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a
Napoli, la pietra, conservata nella chiesa di S. Gennaro (vicino alla
Solfatara), che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa
per essere decapitato, diventa più rossa.
Il vostro servitore,
che ha preparato questa composizione agiografica, ha assistito, durante
sei anni, molto da vicino, essendo seminarista, negli anni 50/60, al
Seminario Arcivescovile di Napoli/Capodimonte, alle diverse liquefazioni
del sangue di S. Gennaro che avvengono, “naturalmente”, solo e soltanto
grazie alle ferventi, e spesso insistenti, preghiere del “Pastore” di
Napoli e del suo “gregge”. (gpm)
PREGHIERA A SAN GENNARO
O
Gennaro, strenuo atleta della fede di Gesù Cristo, inclito Patrono
della cattolica Napoli, volgi benigno il tuo sguardo verso di noi, e
degnati di accogliere i voti che con piena fiducia nel tuo potente
patrocinio deponiamo oggi ai tuoi piedi.
Quante volte sollecito sei
accorso in aiuto dei tuoi concittadini, ora arrestando il cammino della
lava sterminatrice del Vesuvio, ed ora prodigiosamente liberandoci dalla
peste, dai terremoti, dalla fame, e da tanti altri castighi divini, i
quali gittavano lo spavento in mezzo a noi!
Il perenne miracolo della
liquefazione del è segno sicuro ed oltremodo eloquente che vivi in mezzo
a noi, conosci le nostre necessità e ci proteggi in una maniera affatto
singolare.
Prega, deh! prega per noi che a te ricorriamo, sicuri di
essere esauditi: e liberaci da tanti mali che da ogni parte ci
opprimono.
Salva la tua Napoli dall'invadente incredulità e fa che
quella fede, per cui generosamente sacrificasti la tua vita, renda
sempre in mezzo a noi frutti ubertosi di sante opere. Così siaarsi ad assistere alla visita
pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del
persecutore Dragonzio, governatore della Campania. Gennaro, insieme a
Festo e Desiderio, si recarono allora in visita dal prigioniero, ma,
avendo intercesso per la sua liberazione, ed avendo fatto professione di
fede cristiana, furono anch’essi arrestati e condannati da Dragonzio ad
essere sbranati dagli orsi nell'anfiteatro di Pozzuoli. Il giorno dopo,
tuttavia, per l'assenza del governatore stesso, impegnato altrove, il
supplizio fu sospeso. Dragonzio comandò allora che a Gennaro ed ai suoi
compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi del Forum
Vulcani (l'attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati
nell'anno 305; il corpo di Gennaro sarebbe stato sepolto nell'Agro
Marciano (Fuorigrotta?).
Secondo la tradizione, subito dopo la
decapitazione sarebbe stato conservato del sangue, come era abitudine a
quel tempo, raccolto da una pia donna di nome Eusebia che lo racchiuse
in due ampolle; esse sono divenute un attributo iconografico tipico di
S. Gennaro. Il racconto della pia donna è tuttavia recente e compare
pubblicato per la prima volta solo nel 1579, nel volume del canonico
napoletano Paolo Regio su “Le vite de' sette Santi Protettori di
Napoli”.
Documenti liturgici molto antichi,
come il calendario cartaginese (redatto poco dopo il 505) ed il
Martirologio Geronimiano del V secolo assegnano come data del martirio
di Gennaro e dei suoi compagni il 19 settembre; indicano invece nel 13
aprile la data della prima traslazione dei resti del santo. Anche in un
altro martirologio risalente all' VIII secolo, redatto dal monaco
inglese Beda, il 19 settembre viene indicato come data del martirio.
Nel calendario marmoreo di Napoli la data del 19 settembre viene
indicata come "dies natalis" di S. Gennaro. Tutte queste fonti, e
numerose altre ancora, attestano che la venerazione per il santo ha
origini antichissime che risalgono all'epoca del suo martirio o, al più
tardi, a quella della prima traslazione delle sue spoglie, avvenuta nel V
secolo.
Le reliquie del santo furono trasportate dal re
Giovanni I di Napoli nelle catacombe napoletane a Capodimonte che
presero il nome del Santo, e qui furono centro di vivissimo culto. Di là
il principe di Benevento Sicone, assediando la città di Napoli, nell'
831, ne approfittò per impossessarsi dei resti mortali che riportò nella
sua città, sede episcopale.
Le sante reliquie furono deposte nella
Cattedrale - che allora si chiamava Santa Maria di Gerusalemme - ove
restarono fino al 1154. In quell'anno, infatti, considerando che la
città di Benevento non era più sicura, il re di Sicilia Guglielmo I,
detto il Malo (1120-1166), provvide affinché esse venissero traslate
nell'Abbazia di Montevergine. A Montevergine, però, la devozione dei
pellegrini che vi si recavano era rivolta soprattutto a S. Guglielmo ed
alla popolarissima icona bizantina della Madonna chiamata "Mamma
Schiavona", sicché di S. Gennaro si perse ben presto la memoria e
addirittura la cognizione del suo luogo di sepoltura. A Napoli, invece,
rimaneva vivissimo il culto, anche per la presenza delle altre sue
reliquie: il capo e le ampolle col suo sangue.
Carlo II d'Angiò, detto lo zoppo
(1248-1309), - re di Napoli (1285-1309) e di Sicilia (1285-1302) - dopo
aver fatto eseguire dai maestri orafi francesi Stefano Godefroy,
Guglielmo di Verdelay e Milet d'Auxerre un preziosissimo
busto-reliquiario in argento dorato per contenere la testa e le ampolle
col sangue del santo, espose per la prima volta la reliquia alla
pubblica venerazione nel 1305. Suo figlio Roberto d'Angiò, detto il
Saggio (1277 - 20 gennaio 1343), invece, fece realizzare la teca
d'argento che custodisce le due ampolle del sangue.
Tuttavia la
liquefazione del sangue non è attestata prima del 17 agosto 1389,
allorché il miracolo si compì durante una solenne processione intrapresa
per una grave carestia.
Quando a Montevergine, per merito del
cardinale Giovanni di Aragona, furono ritrovate le ossa di S. Gennaro,
collocate al di sotto dell'altare maggiore, la potente famiglia dei
Carafa si impegnò, grazie soprattutto all'interessamento del cardinale
Oliviero e con il sostegno di suo fratello l'arcivescovo napoletano
Alessandro Carafa, affinché le reliquie tornassero a Napoli: la cosa
avvenne nel 1497, non senza l'opposizione da parte dei monaci di
Montevergine.
Come degno luogo per ospitarle, il cardinale Oliviero
Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell'altare
maggiore, una cripta d'eccezione in puro stile rinascimentale: la
Cappella del Succorpo.
A seguito di una terribile
pestilenza che imperversò a Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani
fecero voto a S. Gennaro di edificargli una nuova cappella all'interno
del Duomo. Benché i lavori fossero iniziati solo nel 1608 e siano durati
quasi quarant'anni, la sfolgorante e ricca Cappella del Tesoro di S.
Gennaro venne infine consacrata nel 1646. Al di sopra del suo splendido
cancello, realizzato da Cosimo Fanzago, figura l'iscrizione “Divo
Ianuario e fame bello peste ac Vesaevi igne miri ope sanguinis erepta
Neapolis civi patr. Vindici” ("A San Gennaro, al cittadino salvatore
della patria, Napoli, salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e
dal fuoco del Vesuvio, per virtù del suo sangue miracoloso, consacra").
Il 25 febbraio 1964 il cardinale arcivescovo Alfonso Castaldo fece la
ricognizione canonica delle venerate reliquie: “Le ossa furono trovate
ben custodite, in un'olla di forma ovoidale che reca incisa l'iscrizione
calligrafica, Corpus Sancti Jannuarii Ben. E.P.”.
Una ricognizione
scientifica eseguita il 7 marzo 1965 dal professore G. Lambertini
stabilì che il personaggio a cui appartengono le ossa è da individuarsi
in un uomo di età giovane (35 anni) di statura molto alta (m.1,90).
Secondo la leggenda, il sangue di S. Gennaro si sarebbe liquefatto per
la prima volta ai tempi di Costantino, quando il vescovo S. Severo
(secondo altri fu il vescovo Cosimo) trasferì le spoglie del santo
dall'Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il
tragitto avrebbe incontrato la nutrice Eusebia con le ampolline del
sangue del Santo: alla presenza della testa, il sangue nelle ampolle si
sarebbe sciolto.
Oggi le due ampolle, fissate all'interno di una
piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e
provvista di un manico, sono conservate nel Duomo di Napoli. Delle due
ampolle, una è riempita di 3/4, mentre l'altra più alta è semivuota
poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone
che lo portò con sé in Spagna.
Tre volte l'anno :
1. il primo sabato di maggio e negli otto giorni successivi, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli;
2. il 19 settembre e per tutta l'ottava, ricorrenza della decapitazione;
3. il 16 dicembre «festa del patrocinio di S. Gennaro», in memoria
della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le
invocazioni al santo.
durante una solenne cerimonia religiosa
guidata dall'arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al “miracolo
della liquefazione del sangue di S. Gennaro”.
Il popolo napoletano nei secoli ha
voluto vedere nella velocità del prodigio, un auspicio positivo per il
futuro della città, mentre una sua assenza o un prolungato ritardo è
visto come fatto negativo per possibili calamità da venire. La catechesi
costante degli ultimi arcivescovi di Napoli ha convinto la maggioranza
dei fedeli, che, anche la mancanza del prodigio o il ritardo vanno
vissuti con serenità e intensificazione, semmai, di una vita più
cristiana.
La liquefazione del sangue è innegabile e spiegazioni
scientifiche finora non se ne sono trovate, come tutte le ipotesi
contrarie formulate nei secoli, non sono mai state provate. È singolare
il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a
Napoli, la pietra, conservata nella chiesa di S. Gennaro (vicino alla
Solfatara), che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa
per essere decapitato, diventa più rossa.
Il vostro servitore,
che ha preparato questa composizione agiografica, ha assistito, durante
sei anni, molto da vicino, essendo seminarista, negli anni 50/60, al
Seminario Arcivescovile di Napoli/Capodimonte, alle diverse liquefazioni
del sangue di S. Gennaro che avvengono, “naturalmente”, solo e soltanto
grazie alle ferventi, e spesso insistenti, preghiere del “Pastore” di
Napoli e del suo “gregge”. (gpm)
PREGHIERA A SAN GENNARO
O
Gennaro, strenuo atleta della fede di Gesù Cristo, inclito Patrono
della cattolica Napoli, volgi benigno il tuo sguardo verso di noi, e
degnati di accogliere i voti che con piena fiducia nel tuo potente
patrocinio deponiamo oggi ai tuoi piedi.
Quante volte sollecito sei
accorso in aiuto dei tuoi concittadini, ora arrestando il cammino della
lava sterminatrice del Vesuvio, ed ora prodigiosamente liberandoci dalla
peste, dai terremoti, dalla fame, e da tanti altri castighi divini, i
quali gittavano lo spavento in mezzo a noi!
Il perenne miracolo della
liquefazione del è segno sicuro ed oltremodo eloquente che vivi in mezzo
a noi, conosci le nostre necessità e ci proteggi in una maniera affatto
singolare.
Prega, deh! prega per noi che a te ricorriamo, sicuri di
essere esauditi: e liberaci da tanti mali che da ogni parte ci
opprimono.
Salva la tua Napoli dall'invadente incredulità e fa che
quella fede, per cui generosamente sacrificasti la tua vita, renda
sempre in mezzo a noi frutti ubertosi di sante opere. Così sia.".
Già che ci sono e viste le mie difficoltà, chiedo intercessioni anche per me.
San Gennaro è, di certo, un santo molto importante per tutta la tradizione cattolica ma lo è ancora di più per Napoli e per i napoletani.
Essi gli chiedono intercessioni con tono quasi confidenziale e, a volte, quasi insultandolo.
Tra l'altro, ieri c'è stata la liquefazione del sangue del santo.
Questo, per i napoletani è segno di buon auspicio.
Qualcuno vede ciò come segno di superstizione.
Non mi riferisco solo ad alcuni non cattolici (come atei e protestanti) ma anche a quei cattolici "adulti".
Certo, la linea di demarcazione tra fede e superstizione è labile.
Tuttavia, esiste anche una genuina fede popolare che è autentica.
Molto spesso, la fede e la devozioni hanno bisogno di simboli.
San Gennaro è un simbolo.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
Il mio libro
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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venerdì 20 settembre 2013
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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