Sul blog "Papalepapale", il "Mastino" riporta questo articolo intitolato "Io Faustina, sono stata all’inferno: uno spazio vastissimo. La sua mappa è questa".
Esso parla di Santa Faustina Kowalska (1905-1938), la mistica polacca che vide l'Inferno.
Già altre mistiche del passato video questo luogo di tormenti che può essere equiparato allo Sheol ebraico o all'Ade dei Greci.
Cito il caso della Vergine del Kent, suor Elizabeth Barton (1506-1534) che fu fatta decapitare da re Enrico VIII per avere detto di avere visto l'Inferno, con il posto riservato al re.
Anche Santa Faustina raccontò di questo viaggio.
L'articolo del "Mastino" nel parla in questo modo:
"Perdita di Dio. Scrive suor Faustina che è la perdita di Dio che “costituisce l’inferno”. Effettivamente l’inferno non è un luogo fisico, ma anche uno stato dell’anima. Gli spiriti infernali, siano essi angelici o umani, sono privi sia della visione di Dio (come noi uomini viventi del resto) sia della grazia di Dio (cosa che noi viventi possiamo ottenere). Questa perdita è anche detta pena del danno. Suor Faustina percepisce l’inferno come “uno spazio vastissimo”. Ma l’inferno è uno stato adimensionale, privo cioè sia di spazio sia di tempo, materialmente intesi; eppure Faustina, dotata di corpo e anima, lo percepì durante il viaggio estatico come uno “spazio vastissimo”. L’inferno è interminabile, sconfinato. Non c’è limite di spiriti che possa contenere. Ogni spirito dannato crea dentro di sé il proprio inferno, perdendo in maniera definitiva la grazia e convivendo esclusivamente con il proprio peccato. Il tempo degli spiriti infernali – ma anche di quelli celesti – non è materialmente inteso, viene definito aevum dal Doctor Angelicus, Tommaso. Quando ci sarà il giudizio universale, i corpi risorgeranno sia per i dannati sia per i beati e la pena degli spiriti infernali aumenterà perché sarà anche a livello fisico. Allora l’inferno acquisterà una dimensione, quella spaziale, tipica dei corpi, ma continuerà ad avere l’aevum come tipologia temporale.
Continui rimorsi di coscienza. Dalla perdita di Dio scaturiscono tutte le altre pene. L’incapacità di percepire la grazia di Dio, di quel Dio che pure è presente nell’Inferno in quanto spirito onnipresente, suscita il primo grande tormento dello spirito, sia esso un angelo decaduto o un defunto: il rimorso. I condannati sono perfettamente consapevoli di quale enorme opportunità hanno perso e soprattutto quale grande tesoro hanno gettato via: il paradiso. Ma la consapevolezza non basta ed anzi suscita grande dolore. Se uno analizza i termini della Bibbia sull’inferno, scopre ben presto che vengono utilizzati termini impersonali: fuoco che non si spegne (Marco 9,48); fuoco eterno (Matteo 25,41); forno di fuoco (Matteo 13,42); fuoco ardente (Ebrei 10,27); lago di fuoco e zolfo (Apocalisse 19,20); gehenna di fuoco (Matteo 5,22); fiamma che tormenta (Luca 16,25). Il tormento infernale comune a tutti gli spiriti dannati, paradossalmente, viene da se stessi e non da Dio e questo tormento è proprio il rimorso della coscienza, il verme che non muore mai (Marco 9,48). Ecco perché il vangelo intero è un messaggio di pentimento, invita a prendere consapevolezza, prima che questa consapevolezza sia presa troppo tardi, quando non sarà più possibile tornare indietro ed allora rimarrà solamente il rimorso.
Eternità della dannazione. Gli spiriti sono, per loro natura, immortali. Sebbene molti demoni e defunti sono spiriti assai disperati e tristi, tanto che vorrebbero spegnere la loro esistenza: non possono farlo perché uno spirito non si può dissolvere nel nulla. Il nulla non esiste. I dannati sono consapevoli che la ribellione è stata una decisione insensata, cattiva, che ha provocato solo del male, ma non riescono a pentirsi, perché i loro spiriti sono stati “deformati” dal peccato, hanno cioè perso tutta la componente benefica, incluso il sentimento e la virtù della speranza. L’unica felicità rimasta nel dannato è quella più infima, la mera felicità di essere. Da qui si capisce perché i demoni, anche contro la loro volontà, rendono gloria a Dio: gli rendono gloria con la loro stessa esistenza, con il semplice fatto che esistono. Il fatto che esistano è una prova necessaria alla creazione per dire che Dio è misericordioso, ma anche terribile nel suo giudizio, dimostrato dal fatto che Egli frena e punisca esseri così potenti. La loro esistenza è prova della santità divina, perché Dio come un padre tante volte li richiamò alla penitenza, prima che decidessero definitivamente di vivere senza di Lui. L’esistenza stessa è un dono ed è l’unico dono di Dio rimasto negli spiriti dannati. Ogni dono di Dio è fonte di felicità, per questo padre Fortea, il noto esorcista, scrive nella sua opera Summa Daemoniaca che gli spiriti infernali soffrono per l’eternità, ma al contempo godono del grado più basso di felicità, appunto la felicità di esistere. “Perfino con loro Dio è buono, perché concede loro l’esistenza. Esistere è un bene – scrive Padre Fortea – anche se si soffre. Se si cessasse di essere, si finirebbe di soffrire, ma si perderebbe la possibilità del bene, per quanto poco possa essere”. Per questo sotto esorcismo, i demoni spesso sono costretti a rendere gloria a Dio, per il dono stesso della loro vita, seppure miserabile.
Inviolabilità dello spirito. Il fuoco del rimorso tormenta lo spirito, ma lo lascia inviolato. Precisa Santa Faustina: “fuoco puramente spirituale acceso dall’ira di Dio”. Oltre al dolore del rimorso, ogni spirito dannato subisce tormenti eterni a seconda del peccato in cui si decise di perseverare in vita: è la cosiddetta pena del senso. Ci sono gradi di sofferenza diversi a seconda dell’intensità del peccato, ma tutti gli spiriti dannati soffrono. I peccati intellettivi sono più gravi di quelli carnali, quindi vengono puniti con più gravità. I demoni non potevano peccare per debolezza carnale, come noi uomini, per questo i loro peccati sono gravissimi, eppure ci sono uomini dannati che soffrono più di alcuni demoni, perché l’intensità del loro peccato in vita superò addirittura quello di taluni spiriti angelici. Tra i peccati, ce ne sono quattro particolarmente gravi, sono i cosiddetti peccati che invocano la vendetta divina:l’omicidio volontario, le perversioni sessuali che confondono la società (sodomia e pedofilia), l’oppressione dei poveri, il defraudamento della giusta mercede a chi lavora. Questi peccati gravissimi più di tutti “accendono l’ira di Dio”, perché egli ha cura di ogni suo figlio, soprattutto dei più piccoli, dei più poveri, dei più deboli. Ci sono anche altri sette peccati, particolarmente gravi anche perché mortali per l’anima, e sono i sette peccati contro lo Spirito Santo: la disperazione della salvezza, la presunzione di salvarsi senza merito (questo peccato è molto diffuso tra i protestanti che credono di salvarsi “per sola fede”), impugnare la verità conosciuta, l’invidia della grazia altrui, l’ostinazione nei peccati, l’impenitenza finale. Gli esorcismi sono la prova che gli spiriti dannati convivono eternamente con il proprio peccato. I demoni, infatti, si differenziano proprio a seconda del loro “peccato”: ci sono demoni dell’ira e quindi si manifestano con rabbia e furore; demoni della disperazione e quindi si mostrano sempre tristi e senza speranza, demoni dell’invidia e quindi più degli altri odiano tutto ciò che li circonda, inclusi gli altri demoni. Poi ci sono i peccati dettati dalla debolezza carnale e dalle passioni. Essi sono di intensità minore, perché dettati dalla debolezza della carne, ma possono essere egualmente gravi e quindi mortali per l’anima, perché comunque deformano lo spirito e allontanano dalla grazia. Sono proprio questi i peccati che più trascinano le anime all’Inferno, come ha detto Maria ai tre veggenti di Fatima. “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41).
Oscurità continua. Le tenebre esterne di cui parla il vangelo (Matteo 8,12) si riferiscono proprio a questa caratteristica infernale. Dio è onnipresente, non c’è luogo o essere che Dio non possa raggiungere, eppure anche se Dio è presente negli spiriti dannati, è capace di sondare ogni loro pensiero, i demoni non lo percepiscono e al contrario, corrotti dai peccati, si sentono totalmente lontani da lui. Questa oscurità dunque è la definizione stessa del male, privatio boni, come direbbe Sant’Agostino, ossia privazione del bene, della luce di Dio. Aggiunge suor Faustina che, nonostante l’oscurità, i demoni e i defunti dannati comunicano tra di loro, riescono a “vedersi”, e vedono anche i loro peccati. Gli spiriti, in quanto privi di corpi, non hanno bisogno di un linguaggio verbale o, comunque, semantico per comunicare tra di loro. Ad essi basta la volontà, è una comunicazione che potremmo definire telepatica. Gli spiriti dannati formano un tutt’uno, sono collegati tra loro, così ad ogni pena personale si aggiunge la visione orribile dei peccati e delle pene altrui. E’ una sorta di “comunione dei dannati”.
Compagnia continua di Satana. E’ questo un elemento che accomuna molte descrizioni dell’Inferno da parte di mistici santi. Santa Veronica Giuliani, ad esempio, riporta che: “la visione di Satana forma il tormento dell’Inferno, come la visione di Dio forma la gioia del Paradiso”. La visione è intesa come la penetrazione spirituale, totale e onnicomprensiva, del mistero in considerazione. Avere la visione di Satana è qualcosa di terribile, un tormento inimmaginabile. Scrive ancora la santa Giuliani: “La visione di Satana, il loro massimo nemico e l’artefice in parte della loro dannazione, li fa soffrire indicibilmente”.
Tremenda disperazione, odio di Dio, bestemmie. Ogni defunto condannato all’inferno si degrada ontologicamente nel male, in misura pari se non peggiore rispetto a quelli d’origine angelica. La perdita di ogni virtù porta lo spirito a provare esclusivamente disperazione, a provare gli stessi sentimenti di Satana. Tra questi, merita particolare attenzione l’odium inimicitiae, l’odio contro Dio, un odio radicale che caratterizza la volontà dei demoni. Qualcuno chiede: “Se gli spiriti dannati dovessero pentirsi, Dio li perdonerebbe?”. Sicuramente! Il problema del peccato non è un problema di onnipotenza divina, poiché Dio può perdonare anche Satana, ma è un problema di volontà del peccatore. Al contrario di quanto predicano certi cattobuonisti, Dio non è una “energia positiva che accoglie e perdona tutto”, ma un salvatore misericordioso e un giudice terribile. Non dimentichiamoci che l’apocastasi, dottrina che vuole la salvezza universale del creato alla fine dei tempi, è una eresia già condannata dalla chiesa nel 543 dal concilio di Costantinopoli. Il demonio non vuole essere perdonato, entra totalmente nel mistero di iniquità, anche da dannato continua ad invidiare Dio, a non voler ammettere la sua condizione creaturale, a voler bramare a tutti i costi la condizione di Dio…".
Mi viene in mente un personaggio della serie TV americana "Smallville", Lex Luthor (impersonato dall'attore Michael Rosenbaum), un personaggio che si adatta bene alla discussione.
Luthor rappresenta l'uomo che si vuole ergere a dio di sé stesso.
Basti pensare al fatto che egli si affidasse alla scienza e che facesse esperimenti senza tenere conto della morale.
All'inizio, cercava di essere amico di Clark Kent (Tom Welling, il protagonista) che lo aveva salvato da un incidente e cercava di fare del bene.
Tuttavia, dentro di sé Luthor aveva un lato oscuro che in seguito gli aveva fatto perdere l'amicizia di Kent e lo aveva condotto alla rovina.
Ho fatto questa citazione televisiva per cercare di fare capire quella che è la realtà del male, la realtà che conduce l'uomo all'Inferno.
L'uomo che rifiuta Dio e che si erge a dio di sé stesso già fa un passo verso l'Inferno.
Egli crede di essere al di sopra del bene e del male.
Questa è la manifestazione più plateale della superbia, un peccato che si radica in modo subdolo e che lavora piano piano dentro la persona.
Quando questa superbia si manifesta realmente, è già troppo tardi.
La storia di Lucifero ne è l'esempio lampante.
Lucifero era l'angelo più importante ma perse il controllo e si lasciò prendere dalla superbia, ribellandosi a Dio, che lo cacciò dal Paradiso.
Dalla superbia nascono tutti gli altri peccati, la gola, la lussuria, l'ira, l'avarizia, l'invidia e l'accidia, tutti vizi che portano l'uomo a disobbedire a Dio e a fare male al prossimo.
Questo porta l'uomo alla distruzione.
Pensiamo ad esempio, all'invidia.
L'invidia, si sa, è la presa di coscienza e non accettazione del proprio fallimento.
Questo induce l'uomo a perdere ogni senno.
Per ottenere quel risultato che egli non ha ottenuto, l'uomo invidioso arriva a fare qualsiasi cosa, anche la più malsana.
Arriva anche a fare del male al prossimo.
Lo stesso discorso può valere per l'ira.
L'ira può essere un rancore verso una persona o la presa di coscienza della propria incapacità di centrare un obiettivo che ci si è prefissi di centrare e che si vuole centrare.
L'ira porta inevitabilmente alla distruzione.
Un discorso del genere può valere anche per gli altri peccati.
L'uomo che si allontana da Dio e che non si ravvede arriva alla distruzione sua e può distruggere anche gli altri.
Il male è l'esatto contrario del discorso di Cristo che recita. "Ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente ed ama il prossimo tuo come te stesso".
Il discorso del male può essere interpretato in questo modo: "Ama te stesso con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze e non amare il prossimo tuo più di te stesso".
L'amare sé stessi in realtà implica l'odio verso Dio o, quantomeno, il negarlo poiché l'uomo in quelle condizioni si sostituisce a Dio.
Per questo c'è l'Inferno.
L'Inferno è il luogo di tormenti eterni, tormenti che sono in funzione dei peccati mortali di ciascuna persona.
Satana ha tutti i peccati.
Perciò, egli sta con i dannati e li tormenta, fomentando ancora più odio verso Dio in quelle anime che hanno perso ogni senso di bene e di purezza.
Santa Faustina ci trasmise questo messaggio per farci capire che noi non possiamo (né dobbiamo) fare il male (senza pagarne le conseguenze e fare danni al prossimo) e dobbiamo affidarci a Dio.
Cordiali saluti.
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