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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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venerdì 14 giugno 2013

Jorge Mario Bergoglio, "Guarire dalla corruzione"


Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni, attraverso Facebook, mi ha fatto avere questo articolo di Papa Francesco:
"Non bisogna confondere peccato con corruzione. Il peccato, soprattutto se reiterato, conduce alla corruzione, non però quantitativamente (tanti peccati fanno un corrotto) ma piuttosto qualitativamente, con il generarsi di abitudini che vanno deteriorando e limitando la capacità di amare, ripiegando ogni volta di più i riferimenti del cuore su orizzonti più vicini alla sua immanenza, al suo egoismo. Così lo esprime san Paolo: «Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto […]. Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili» (Rom. I, 19-23). Potremmo dire che il peccato si perdona, la corruzione non può essere perdonata. Semplicemente per il fatto che alla radice di qualunque atteggiamento corrotto c’è una stanchezza della trascendenza: di fronte al Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell’espressione della sua salvezza: si stanca di chiedere perdono. Questo sarebbe un primo tratto caratteristico di qualunque corruzione: l’immanenza. Nel corrotto esiste un’autosufficienza di base, che inizia come incosciente e in seguito viene assunta come la cosa più naturale. L’autosufficienza umana non è mai astratta. È un atteggiamento del cuore riferito a un tesoro che lo seduce, lo tranquillizza e lo inganna. […] l’autosufficiente è sempre – in fondo – uno schiavo di quel tesoro, e quanto più schiavo, tanto più insufficiente nella consistenza di quella autosufficienza. Così si spiega perché la corruzione non può rimanere nascosta: lo sbilanciamento tra la convinzione di bastare a se stessi e la realtà di essere schiavi di quel tesoro non può essere arginato. È uno squilibrio che esce fuori e, come succede con tutte le cose chiuse su se stesse, bolle per sfuggire alla propria pressione… e – al fuoriuscire – sparge l’odore di questa chiusura su se stessi: puzza. Sì, la corruzione odora di putrefazione. Quando qualcosa inizia ad avere un odore cattivo è perché esiste un cuore schiacciato dalla pressione tra la sua propria autosufficienza immanente e l’incapacità reale di auto-bastarsi; c’è un cuore putrefatto a causa dell’adesione eccessiva a un tesoro che lo ha conquistato. Il corrotto non si accorge del suo stato di corruzione. Succede come con l’alito cattivo: difficilmente chi ha l’alito pesante se ne rende conto. Sono gli altri che se ne accorgono, e devono farglielo notare. Ne consegue che altrettanto difficilmente il corrotto può uscire da questo stato per un rimorso interiore. Si ritrova con la virtù di quell’ambito anestetizzata. Generalmente il Signore lo salva attraverso prove che gli arrivano da situazioni che non può evitare (malattie, perdita di ricchezze, di persone care, ecc.) e sono queste che spaccano l’ossatura corrotta e permettono l’accesso della grazia. Solo allora potrà essere curato. Da ciò segue che la corruzione, più che perdonata, deve essere guarita. È come una di quelle malattie di cui ci si vergogna e che si cerca di nascondere, e la si nasconde finché non è più possibile occultarne la manifestazione… Allora la guarigione inizia ad essere possibile.





Non bisogna confondere la corruzione con i vizi (anche se la familiarità con essi porta a trasformarli in tesoro). Il corrotto fa sempre in modo di salvare le apparenze […]. Il corrotto coltiverà, fino alla squisitezza, le buone maniere… per poter così nascondere le sue abitudini cattive. Nella condotta del corrotto l’atteggiamento malsano risulterà con un certo stile e, al massimo, avrà l’aspetto di debolezza o di punto debole relativamente accettabile e giustificabile dalla società. Per esempio: un corrotto che ambisce al potere si presenterà – al massimo – con atteggiamenti di una certa velleità o superficialità che lo portano a cambiare opinione o riposizionarsi a seconda delle situazioni: allora di lui si dirà che è debole oppure opportunista o ancora interessato… Ma la piaga della sua corruzione (l’ambizione del potere) resterà nascosta. Un altro caso: per lussuria o avarizia travestirà la sua corruzione con forme più socialmente accettabili, e allora si presenterà come frivolo. E la frivolezza è molto più grave che un peccato di lussuria o di avarizia, semplicemente perché l’orizzonte della trascendenza si è cristallizzato verso un più in qua difficilmente reversibile. Il peccatore, nel riconoscersi come tale, in qualche modo ammette la falsità del tesoro al quale ha aderito o aderisce… Il corrotto, invece, ha sottomesso il suo vizio a un corso accelerato di buona educazione; nasconde il suo vero tesoro, non occultandolo alla vista degli altri ma piuttosto rielaborandolo perché risulti socialmente accettabile. E l’autosufficienza cresce… Comincerà con la velleità e la frivolezza, fino a concludere nel convincimento, totalmente sicuro, di essere migliore degli altri […].





Una delle caratteristiche del corrotto di fronte alla profezia è un certo complesso di “inquestionabilità”. Si offende dinanzi a qualunque critica, discredita la persona o l’istituzione che la emette, fa in modo che qualsiasi autorità morale in grado di criticarlo sia eliminata, ricorre a sofismi ed equilibrismi nominalistico-ideologici per giustificarsi, sminuisce gli altri e attacca con l’insulto quelli che la pensano diversamente (cfr. Ioann. IX, 34). Il corrotto è solito perseguitarsi inconsciamente, ed è tale l’irritazione che gli genera questa autopersecuzione che la proietta sul prossimo e, da autoperseguitato, si trasforma in persecutore. […] Temono la luce perché la loro anima ha acquisito le caratteristiche del lombrico: nelle tenebre e sotto terra
.".

Faccio i complimenti a Filippo per l'acume dimostrato nel portare all'attenzione un simile argomento.
La corruzione non è un peccato ma è un modo di vivere che è in sé peccaminoso.
La corruzione, infatti, è il degrado della vita di una persona.
La corruzione non riguarda necessariamente l'aspetto finanziario.
Esiste, infatti, una corruzione assai più perniciosa, quella del pensiero e dell'ideologia.
Per esempio, non è corrotto il pensiero di chi, in nome del suo interesse personale o di corrente, fa perdere il partito in cui milita?
La corruzione è l'anteporre sé stessi a Dio e al proprio prossimo.
La corruzione è figlia del peccato e generatrice di altri peccati. 
Essa è figlia del peccato (poiché tanti peccati portano alla corruzione) ma è anche un modo di vivere che crea peccati e da questi peccati nasce altra corruzione.
Quindi, l'uomo corrotto vive in una sorta di circolo vizioso.
Un uomo veramente corrotto vive la sua condizione come se nulla fosse.
Magari, egli riesce a dissimulare la propria condizione, sembrando irreprensibile.
Si manifesta come una persona pulita.
Ma sotto questa apparente pulizia, vi è la corruzione delle sue azioni.
Francis Bacon diceva: "Un uomo malvagio diventa peggiore quando finge di essere un santo". 
Il corrotto che vive la sua condizione con questa disinvoltura, non prova vergogna di ciò e alla fine getterà la maschera e arriverà a mostrarsi per quello che è.
Il corrotto, infatti, più ha più vuole avere e, a meno che non subisca un trauma che lo porti a cambiare rotta, egli resterà in quella condizione fino alla fine dei suoi giorni.
Certo, la corruzione non è irreversibile.
Un trauma subito o una presa di coscienza della sua reale condizione possono indurre un corrotto a cambiare.
Ora, però, vorrei porre una serie di interrogativi che erano stati posti dallo stesso Filippo Giorgianni.
Siamo NOI (non gli altri… NOI!) solo dei peccatori o PIUTTOSTO dei corrotti? Ce lo siamo mai chiesti? E se non ce lo siamo chiesti, perché non l’abbiamo fatto? Forse perché abbiamo paura? Quante volte corrispondiamo alle descrizioni fatte dal Papa nelle nostre situazioni quotidiane? Quante PICCOLE o GRANDI schiavitù possediamo (il Papa ci torna spesso su) che ci impediscono di amare TUTTI gli uomini CONCRETAMENTE (e non a parole, con il sedere comodo sul divano del salotto mentre tuoniamo su Facebook contro (!?!) qualcuno)? Quanta autosufficienza abbiamo quando qualcuno ci consiglia e ammonisce? COME RISPONDIAMO quando qualcuno ci mette in questione su aspetti morali o spirituali? Con che toni? “Difensivi” e magari, al contempo, anche aggressivi? Oppure siamo ben disposti ad ascoltare?
E se forse dovessimo NOI essere corrotti? Siamo disposti a cambiare ORA, oppure diciamo che "no, ma io che c'entro? Mica sono corrotto!" e preferiamo aspettare che il Signore ci obblighi con la sofferenza (come ha fatto, lo dico per inciso testimoniale, con ME di recente… e assicuro che è molto molto più pesante!)?
Io parlo per me.
A volte, quando qualcuno mi genera un'offesa, sento che dentro di me c'è qualcosa che spesso mi induce ad avere comportamenti che normalmente non avrei.
Per esempio, questa cosa mi porta ad augurare il male a questa persona o, peggio, sono tentato di farle del male.
Magari non faccio nulla, poiché alla fine prevale la ragione sull'istinto,  ma sento che queste pulsioni ci sono.
Dentro ognuno c'è una parte peggiore, una parte che induce alla corruzione.
Noi dobbiamo combattere questa parte.
Cordiali saluti. 







1 commento:

  1. Ottimo l'articolo proposto e grazie anche a te che lo diffondi.
    Buon lavoro

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