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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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domenica 16 giugno 2013

"Storia di Mr. X", tratta dal poema epico della realtà: "Evangelizzare oggi"

Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni, attraverso Facebook, mi ha fatto avere questo testo intitolato "Storia di Mr. X", tratta dal poema epico della realtà: "Evangelizzare oggi":


"Cari amici,

Quante volte sentiamo parlare di nuova evangelizzazione? Quante volte i Pontefici (e, da ultimo, Francesco) ce ne parlano? Quante volte ci illudiamo di operarla? E quante volte i Pontefici ci parlano anche dell'uso cristiano del mezzo telematico? (In calce troverete preziosissimi testi papali da MEDITARE in merito a tutti questi punti...)

Vi vorrei rendere partecipi di una riflessione che, come vedrete, sgorga dal Magistero pontificio e che mi è nata meditando un episodio che ho rinvenuto sul web: fatto realmente accaduto, veduto con i miei occhi, ma di cui non riporterò alcuna coordinata (protagonisti, sito internet, dettagli, etc.) per evitare di distribuire giudizi, torti e meriti (sebbene naturalmente non è detto conosciate necessariamente i soggetti in gioco). Intendo solo farvi riflettere su come agire (e non agire) oggi.

Il signor X, intento a pensare alla propria sofferenza, si lamenta di alcune persone. Non riesce del tutto a riconciliarsi, per così dire, o comunque a fare il massimo che Cristo gli richiede, tendendo a giustificare se stesso in qualche modo.

Il signor Y, allora, interviene dicendo che neanche lui vi riesce, ma che comunque la santità non è cosa per tutti.

Il signor X non corregge minimamente l’errore, tirando per la strada intrapresa.

Interviene il signor Z che, evidentemente intuendo l'occasione sprecata di gettare semi di salvezza nel signor Y, lo corregge e condivide con lui delle riflessioni di alcuni Papi sulla santità (che è per tutti ed è amore verso tutti, senza distinguo e limiti!), precisando all'incirca: “mi auguro di esserti utile”.

Il signor Y, leggendo i testi, esulta più o meno così: “sì, grazie, mi sei stato utilissimo. Ultimamente sto passando un brutto momento in cui ho anche un po’ colpevolizzato Dio”.

Vi chiedo, cari amici, alla luce della reazione del signor Y e anche dei testi pontifici che leggerete: se il signor Z non fosse passato di là e/o non fosse intervenuto, il signor Y non ne avrebbe avuto un nocumento? Dunque chi ha emesso un giudizio veramente cristiano? Colui che, pensando a se stesso, ha formulato giudizi (auto)assolutori nel condividere il suo pensiero viziato dalla sofferenza (che non va sminuita e va compresa, ma non può neanche esser pretesto per scusarsi), o colui che ha pensato primariamente al bene dell'altro, del signor Y, e non ha giocato al ribasso? Chi è stato il vero testimone? Chi è stato cristiano tra il signor X e il signor Z? Chi ha usato cristianamente il mezzo elettronico? Chi ha evangelizzato? Chi ha provato (e forse è riuscito) a contribuire un pochino alla salvezza e alla santificazione altrui, e non di un astratto “altro”, bensì del concretissimo signor Y?

Ultima cosa: leggete nel commento che riporto in calce alla nota cosa scriveva Santa Caterina a un sodomita. Con quanta serenità, entusiasmo e desiderio di salvarlo scriveva! Mi chiedo dunque: E NOI? Su FB, sul web, ma soprattutto con la gente del mondo reale, quando usiamo supponenza e superiorità, quando schifiamo l’avversario o chi per lui, quando litighiamo, quando ci arrabbiamo, ci infastidiamo, mostriamo sdegno... CHE FACCIAMO? Stimoliamo le anime a cambiare e abbiamo vero desiderio di salvare quell'anima o quelle anime (che, davanti alle nostre intemperanze, si chiudono in se stesse, rispondendoci per le rime, ovviamente, anziché porsi dei dubbi), oppure affermiamo noi stessi,NASCONDENDOCI dietro la “verità” da difendere? Facciamo salvo il peccatore (e NON a parole ma coi fatti!), lo rispettiamo, oppure no? Oppure facciamo come diceva San Pedro Poveda? “Se preferiamo l’asprezza, la reticenza, la durezza, l’ira, l’impazienza, i modi bruschi, l’insolenza non è perché siamo convinti di fare un bene maggiore al prossimo; è perché in questo modo soddisfacciamo le nostre passioni, l’amor proprio, la superbia; perché questo modo ci risulta più comodo, più facile,più piacevole” (in Amici forti di dio: vedi https://www.facebook.com/notes/filippo-giorgianni/san-pedro-poveda-castroverde-amici-forti-di-dio/10151918355398327)? E quando pensiamo solo al nostro ombelico, intenti a pensare a noi stessi, intenti come siamo a fare tutti i distinguo di questo mondo (“amo ma non riesco oltre questo punto...”; “ci vuol tempo...”; “non sono pronto”) perché non siamo capaci di amare e accampiamo scuse per dire che in fondo non è vero: stiamo già amando, ma con “moderazione”? Che facciamo? Emettiamo giudizi cristiani, davvero utili agli altri, oppure ci parliamo addosso egocentricamente, facendo danno a noi e a loro?

IMITIAMO CATERINA e PEDRO! Mettiamo al primo posto gli altri, senza sconti a noi stessi e trovando tutte le attenuanti invece per gli altri. Come sempre alla scuola dei Santi, senza tagliuzzamenti a piacimento, perché “I Santi sono i nostri maestri; se non impariamo da loro a santificarci, da chi dobbiamo imparare?” (Santo Curato d’Ars). Oggi evangelizzare significa seguire la stella polare indicata da Papa Francesco: amare. Tutti, senza distinzioni. E lo ha ribadito a tutti: laici e preti, religiosi e comuni fedeli. Tutti dobbiamo essere sulle frontiere (frase di ieri…). Discorsi magnifici o semplici omelie mattutine sempre a dirci: sporchiamoci le mani di fango per la strada. Non cerchiamo la falsa pace (parole di oggi…) del focolare, perché presi dalle fatiche degli impegni. Anzi, MOLTIPLICHIAMOLI QUESTI IMPEGNI!Chiediamo la forza nella preghiera per fare molto di più per gli altri! NON COMPROMETTIAMOCI CON LA MONDANITA’ mischiando Spirito e spirito del mondo (la “macedonia” di cui parlava il Papa pochi giorni fa). Andiamo verso tutti e TUTTI proviamo a portare nella Chiesa. NON FACCIAMO I CRISTIANI DA SALOTTO (definizione a cui io, in modo anticipatore, modestamente ho da mesi affiancato il “cattolici da tastiera”) che fulminano tutti dalla torre d'avorio, ma poi non fanno niente per salvare qualcuno concretamente. Alziamo il deretano! Andiamo nelle parrocchie, diamo una mano. Andiamo nei nostri ambienti e NON SIAMO INDIFFERENTI A CHI CI E’ INTORNO. AMIAMOLI con verità! Non temiamo di dire le cose come stanno, liberamente, ma NON duramente. Anzi, con dolcezza, con entusiasmo. Cerchiamo di coinvolgere gli altri! Di aiutarli, non di rimproverarli! Amiamo tutti, senza far fuggire nessuno con la durezza. Certamente ci saràil rifiuto di qualcuno (forse di molti), di chi è ideologico (e qui il pensiero corre a “tradizionalisti” ed anticlericali pregiudiziali), di chi è corrotto nel cuore e non vuole ammettere la propria corruzione (ognuno cerchi in sé…), ma la luce di Dio in tutti può penetrare grazie a noi. L’importante è che noi siamo capaci di non chiuderci ideologicamente in maniera preventiva (così come invece fa chi ci rifiuta), cercando di riaffermare unicamente dei contenuti o dei principi e non invece amando, giungendo a uno scontro che ci fa solo perder tempo e non a uno stimolo per la coscienza altrui. Infine, ultimo rischio: l’inerzia. L’utilizzo del web per il nullismo. Per non dir nulla di significativo in termini di salvezza, magari perché provati da cattive esperienze di scontro.



Testi da MEDITARE per la riflessione:

Soprattutto i giovani stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita. Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell’autenticità del proprio essere. La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di “amicizie”, ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio “profilo” pubblico. Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi. CHI è il mio “prossimo” in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere MENO PRESENTI verso chi incontriamo nella nostra vita QUOTIDIANA ORDINARIA? Esiste il rischio di essere più DISTRATTI, perché la nostra ATTENZIONE è FRAMMENTATA e ASSORTA in un mondo “differente” rispetto a quello in cui VIVIAMO? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano VERAMENTE profondi e duraturi? E’ importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano DIRETTO con le persone a tutti i livelli della nostra vita. Anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue cheesiste uno STILE cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed APERTA, responsabile e RISPETTOSA dell’altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel MODO di comunicare, scelte, PREFERENZE, giudizi che siano PROFONDAMENTE coerenti con il VANGELO,anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15). L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua “popolarità” o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari “annacquandola”. Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento. La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esigesempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane direttenella trasmissione della fede! Vorrei invitare, comunque, i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile. Non semplicemente persoddisfare il desiderio di essere presenti, ma perché questa rete è parte integrante della vita umana. Ilweb sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa. Anche in questo campo siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia, Colui nel quale tutte le cose raggiungono il loro compimento (cfr Ef 1,10). La proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che STIMOLA il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesùrisorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), i quali furonocondotti gradualmente alla comprensione del mistero mediante il suo farsi vicino, il suo dialogare con loro, il far emergere con delicatezza ciò che c’era nel loro cuore. La verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network. I credenti, testimoniando le loro più profonde convinzioni, offrono un prezioso contributo affinché il web non diventi uno strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi è potente di monopolizzare le opinioni altrui. Al contrario, i credenti incoraggiano tutti a mantenere vive le eternedomande dell’uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta. È proprio questa tensione spirituale propriamente umana che sta dietro la nostra sete di verità e di comunione e che ci spinge a comunicare con integrità e onestà. Invito soprattutto i giovani a fare BUON uso della loro presenza nell’arena digitale. (Benedetto XVI, Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2011)



“Vorrei dire anche a chi si sente lontano da Dio e dalla Chiesa, a chi è timoroso o indifferente, a chi pensa di non poter più cambiare: il Signore chiama anche te a far parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore! Lui ci invita a far parte di questo popolo, popolo di Dio. Come si diventa membri di questo popolo? (…) E’ attraverso il Battesimo che noi siamo introdotti in questo popolo, attraverso la fede in Cristo, dono di Dio che deve essere alimentato e fatto crescere in tutta la nostra vita. Chiediamoci: come faccio crescere la fede che ho ricevuto nel mio Battesimo? Come faccio crescere questa fede che io ho ricevuto e che il popolo di Dio ha? Come la faccio crescere? E... un’altra domanda. Qual è la legge del Popolo di Dio? E’ la legge dell’amore, amore a Dio e amore al prossimo secondo il comandamento nuovo che ci ha lasciato il Signore (cfr Gv 13,34). Un amore, però, che non è sterile sentimentalismo o qualcosa di vago, ma che è il riconoscere Dio come unico Signore della vita e, allo stesso tempo,l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi; le due cose vanno insieme. Quanto cammino dobbiamo ancora fare per vivere in concreto questa nuova legge, quella dello Spirito Santo che agisce in noi, quella della carità, dell’amore! Ma quando noi guardiamo sui giornali o alla televisione tante guerre fra cristiani, ma come può capitare questo? Dentro il popolo di Dio, quante guerre! Nei quartieri, nei posti di lavoro, quante guerre per invidia, gelosie…! Anche nella stessa famiglia, quante guerre interne! Noi dobbiamo chiedere al Signore che ci faccia capire bene questa legge dell’amore. Che buono, che bello amarci gli uni con gli altri come fratelli veri. Che bello! Facciamo una cosa oggi. Forse tutti abbiamo simpatie e non simpatie; forse tanti di noi sono un po’ arrabbiati con qualcuno; allora almeno diciamo al Signore: Signore io sono arrabbiato con questo o con questa; io ti prego per lui e per lei. Pregare per coloro con i quali siamo arrabbiati è un bel passo in questa legge dell’amore. Lo facciamo? Facciamolo oggi eh! Oggi! Che missione ha questo popolo? Quella di portare nel mondo la speranza e la salvezza di Dio: essere segno dell’amore di Dio che chiama tutti all’amicizia con Lui; essere lievito che fa fermentare tutta la pasta, sale che dà il sapore e che preserva dalla corruzione, essere una luce che illumina. Attorno a noi, basta aprire un giornale, – l'ho detto – vediamo che la presenza del male c’è, il Diavolo agisce. Ma vorrei dire a voce alta: Dio è più forte!Voi credete questo: che Dio è più forte? Ma lo diciamo insieme?, lo diciamo insieme tutti: Dio è più forte! Tutti! E sapete perché è più forte? Perché Lui è il Signore, l’unico Signore. Com’era quello? Dio è più forte! Bene! E vorrei aggiungere che la realtà a volte buia, segnata dal male, può cambiare, se noi per primi vi portiamo la luce del Vangelo soprattutto con la nostra vita. Se in uno stadio, pensiamo qui a Roma all’Olimpico, o a quello di San Lorenzo a Buenos Aires, in una notte buia, una persona accende una luce, si intravvede appena, ma se gli oltre settantamila spettatori accendono ciascuno la propria luce, lo stadio si illumina. Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo; insieme porteremo la luce del Vangelo all’intera realtà. (…) Cari fratelli e sorelle, essere Chiesa, essere Popolo di Dio, secondo il grande disegno di amore del Padre, vuol dire essere il fermento di Dio in questa nostra umanità, vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso è smarrito, bisognoso di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa sia luogo della misericordia e della speranza di Dio, dove ognuno possa sentirsi accolto, amato,perdonato, incoraggiato a vivere secondo la vita buona del Vangelo. E per far sentire l’altro accolto, amato, perdonato, incoraggiato la Chiesa deve essere con le porte aperte, perché tutti possano entrare. E noi dobbiamo uscire da quelle porte e annunciare il Vangelo!” (Francesco, Udienza generale del 12 giugno 2013).





Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita. E’ entrare nella logica del Vangelo. Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”,uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione dichiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, SE vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi. Qualcuno potrebbe dirmi: “Ma, padre, non ho tempo”, “ho tante cose da fare”, “è difficile”, “che cosa posso fare io con le mie poche forze, anche con il mio peccato, con tante cose? Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una Messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di “uscire” per portare Cristo. Siamo un po’ come san Pietro. Non appena Gesù parla di passione, morte e risurrezione, di dono di sé, di amore verso tutti, l’Apostolo lo prende in disparte e lo rimprovera. Quello che dice Gesù sconvolge i suoi piani, appare inaccettabile, mette in difficoltà le sicurezze che si era costruito, la SUA idea di Messia. E Gesù guarda i discepoli e rivolge a Pietro forse una delle parole più dure dei Vangeli: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Dio pensa sempre con misericordia: non dimenticate questo. Dio pensa sempre con misericordia: è il Padre misericordioso! Dio pensa come il padre che attende il ritorno del figlio e gli va incontro, lo vede venire quando è ancora lontano… Questo che significa? Che tutti i giorni andava a vedere se il figlio tornava a casa: questo è il nostro Padre misericordioso. E’ il segno che lo aspettava di cuore nella terrazza della sua casa. Dio pensa come il samaritano che non passa vicino al malcapitato commiserandolo o guardando dall’altra parte, ma soccorrendolo senza chiedere nulla in cambio; senza chiedere se era ebreo, se era pagano, se era samaritano, se era ricco, se era povero: non domanda niente. Non domanda queste cose, non chiede nulla. Va in suo aiuto: così è Dio. Dio pensa come il pastore che dona la sua vita per difendere e salvare le pecore. La Settimana Santa è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie – che pena tante parrocchie chiuse! – dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire” incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede. Uscire sempre! (Francesco, Udienza generale del 27 marzo 2013)
".

Ringrazio Filippo dello spunto. Confermo l'ottima impressione che mi ha dato come interlocutore.
Evangelizzare tramite la rete è oggi una delle mission che noi cristiani dobbiamo porci.
La tecnologia in sé non è male.
Non dobbiamo fare del luddismo.
La tecnologia non è negativa.
E' un po' come il coltello.
Se lo si usa per ammazzare una persona è uno strumento di morte.
Se lo si usa per affettare il salame è utile.
Lo stesso discorso vale per la rete.
Se essa è usata per portare dei messaggi positivi è utile.
Anzi, noi cristiani dobbiamo entrare anche nella rete poiché essa oggi porta il messaggio del mondo.
Basti pensare a certe scritte contenenti violenza politica.
Io stesso, qualche volta, vengo fatto oggetto di ciò.
Inoltre, si inneggia all'odio contro la Chiesa e contro Dio.
Noi cristiani dobbiamo dire la nostra anche in ambito della rete.
Certo, la rete è solo una parte di tutto ciò che concerne la nuova evangelizzazione.
Essere cristiani, prima di tutto, significa vivere la vita ed esperienze vere.
Essere cristiani significa andare a messa (almeno) alla domenica e nelle feste comandate.
Essere cristiani significa creare vere amicizie.
Certo, oggi le amicizie sono una rarità.
Essere cristiani significa impegnarsi per gli altri, ad esempio, nel volontariato ed in politica.
Ad esempio, è per questo che (nel mio piccolo) io mi sono messo in politica.
Essere cristiani significa difendere la famiglia e la vita.
In un mondo come questo, in cui si fanno i "Gay Pride" a destra e manca e in cui si fanno campagne pro-aborto, ciò non è poco.
La rete può fare la sua parte ma servono esperienze di vita vera.
Cordiali saluti.








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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.