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mercoledì 26 giugno 2013

Caso Ruby, perché la sentenza è scandalosa?

Cari amici ed amiche.

Leggete l'articolo scritto da Riccardo Cascioli sul sito "La Nuova Bussola Quotidiana" che è intitolato "Una condanna giuridicamente scandalosa".
E' interessante la parte che recita:

"Proprio per fare chiarezza anzitutto sull’aspetto penale della vicenda, abbiamo chiesto un’analisi al professor Mauro Ronco, ordinario di Diritto Penale all’Università di Padova e già componente del Consiglio Superiore della Magistratura.

Professor Ronco, davanti a una sentenza così pesante - che ne segue altre tutte sfavorevoli a Berlusconi -, viene spontaneo chiedersi se ci sia davvero un accanimento nei confronti del leader del Pdl, oppure se ci sono davvero le prove inoppugnabili per una condanna del genere.
Mi si chiede se vi siano "davvero le prove inoppugnabili" per la condanna pronunciata contro Berlusconi. Il problema va sdoppiato in due aspetti distinti. Il primo riguarda la quaestio facti, da risolversi attraverso la valutazione probatoria. La seconda riguarda i profili giuridici relativi alla verifica se i fatti, eventualmente ritenuti probatoriamente esistenti, concretizzino i reati contestati.

Alla prima questione si può rispondere in modo compiuto soltanto in base a una conoscenza diretta degli atti processuali. Tuttavia, a una visione dall'esterno, appare chiaro che le prove testimoniali erano tutt'altro che allineate rispetto alla ipotesi dell'accusa, tanto è vero che il Tribunale ha ritenuto la falsità delle numerosissime fonti di prova che hanno riferito cose in contrasto con tale ipotesi. E' molto raro, se non addirittura costituente un unicum, che un così alto numero di testimoni sia messo in disparte in forza di una accusa di falsità. Peraltro non può trascurarsi di rilevare che le ipotesi accusatorie poggiavano su un terreno estremamente friabile e mal sicuro, poiché la contestazione riguardava fatti difficilmente conoscibili nella loro interezza e precisione da parte di testimoni esterni, bensì situazioni di vita sfumate e incerte, quali sono per loro natura i rapporti più o meno intimi tra le persone, il grado della confidenza, il superamento della soglia di rapporti consentiti o il permanere delle varie persone in situazione di ambiguità difficilmente accertabili nel loro esatto tenore. Non è errato sostenere che l'ipotesi di accusa si muoveva intorno alla contestazione di uno stile di vita, piuttosto che focalizzarsi intorno a ben precisi fatti illeciti. In una situazione del genere, che la dottrina penalistica avrebbe unanimemente riconosciuto, almeno fino a qualche anno fa, come estranea all'ambito della prova penale, è ovvio che vi siano state testimonianze incerte e contraddittorie, più o meno orientate in senso accusatorio o difensivo a seconda delle diverse modalità con cui è stata percepita da ciascuno una realtà sfuggente e non ben definita. Quindi, sul terreno della quaestio facti, pur non potendo esprimere opinioni assolutamente certe, ritengo quanto meno azzardato il sospetto generalizzato di falsità nei confronti di coloro che si sono discostati dall'accusa.

E per quanto riguarda i profili giuridici?
Sul piano giuridico mi sento di esprimere opinioni in assoluta divergenza con quelle accolte dal Tribunale di Milano. Ritengo infatti che né il delitto di concussione, né quello di prostituzione minorile siano sussistenti. La prostituzione minorile postula infatti l'esistenza della nota fondamentale dello sfruttamento sessuale a fini commerciali che, nella vicenda in oggetto, è del tutto assente. Anche se, alla stregua di una giurisprudenza estensiva, anche un isolato atto sessuale retribuito è considerato atto di meretricio per il fruitore della prestazione, nel concetto di prostituzione deve ricorrere uno scambio diretto tra atto sessuale e utilità economica. Tale scambio postula un nesso di tipo sinallagmatico o contrattuale. Nel caso di specie, anche nell'ipotesi accusatoria, non c'è mai stato tale scambio, in quanto le dazioni del premier mai hanno avuto il carattere di controprestazione, bensì quello, totalmente diverso, di liberalità o di regalia disancorate da un rapporto prostitutivo. Estendere la norma punitiva a tale tipo di vicende significa applicarla in senso analogico, contro il dettato del diritto sia ordinario che costituzionale.

C’è anche l’accusa di concussione.
Questa poi è addirittura paradossale. Per la prima volta, credo, in Italia o in qualsiasi paese del mondo, l'invito a un funzionario di tenere un comportamento di minor rigore verso un minore, ben frequente nell'esperienza ordinaria, è stato ricondotto entro i parametri di un reato gravissimo, che si realizza quando un Pubblico ufficiale minacci un danno ingiusto a taluno per ottenerne un vantaggio patrimoniale o comunque di tipo economico. Qui siamo di fronte non tanto all'applicazione, vietata, di una norma penale, bensì, addirittura, alla interpretazione che parifica temerariamente alla minaccia di un danno ingiusto la raccomandazione o il consiglio a un funzionario di tenere un comportamento più comprensivo delle problematiche di un minore.

C’è però la famosa telefonata in Questura, e qui le versioni dei funzionari sono discordanti….
Non mi pare che ci siano versioni discordanti tra i funzionari. Piuttosto vi è concordanza tra essi, a quanto mi è dato capire, circa il fatto che nessuna minaccia di un danno ingiusto è stata loro rivolta. Dove stia pertanto la concussione, non si comprende.
". 

In pratica, qui c'è una condanna senza prove certe.
Una persona viene condannata senza che ci sia stata la "pistola fumante" , ossia la prova certa che avrebbe potuto incriminare realmente il presidente Berlusconi.
I magistrati sono andati per supposizioni.
Essi, per esempio, hanno supposto che i presunti concussi (le presunte vittime del reato concussione) abbiano negato di avere subito il reato perché esso sarebbe state perpetrato da un uomo potente, qual è il presidente Berlusconi, che all'epoca era Presidente del Consiglio.
Lo stesso discorso vale anche per la marocchina Karima El Marough (Ruby) che ha negato di essersi prostituita.
Hanno fatto anche un paragone molto azzardato con le persone taglieggiate dalla mafia.
Questo, oltre ad essere offensivo, è anche contrario a quello che è un principio fondante di un serio Stato di diritto, la garanzia di un giusto processo.
Qui manca il giusto processo!
Questo processo è fondato sul nulla.
Situazioni come queste non creano fiducia tra cittadino e giustizia.
In secondo luogo, il presidente Berlusconi era Presidente del Consiglio (Primo Ministro) e, come tale, egli avrebbe dovuto essere processato nel Tribunale dei Ministri e non nella Procura di Milano.
E' evidente che qui si voglia fare fuori un uomo politico che a qualcuno è scomodo.
Cordiali saluti.




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