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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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giovedì 20 giugno 2013

L'Adorazione Eucaristica: unica originaria fonte di nuova evangelizzazione



Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni mi ha inoltrato questo testo intitolato "L'Adorazione Eucaristica: unica originaria fonte di nuova evangelizzazione": 


"Cari amici, queste note non sono fatte solo per essere lette velocemente e mettere un mi piace di circostanza. Vi chiedo quindi un po’ di tempo, di silenzio interiore. Chiedo di fermarvi, leggere e meditare attentamente... al solito, segue un supporto magisteriale da meditare più ancora che le mie misere righe.



«senza Adorazione Eucaristica non c’è alcuna trasformazione del mondo» (Joseph Ratzinger, Teologia della Liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana, L.E.V., 2011, p. 411)



Oggi (ieri: ndr), prima di pranzo, di ritorno dall’adorazione perpetua diurna per un’oretta di pesante sfogo con Cristo, uscitone sofferente, ma carico e non demotivato, mi sono chiesto: “perché alcuni di noi scansano l’adorazione eucaristica con mille scuse, se l’effetto è così positivo anche per chi non sta bene?”. Quante volte ci è capitato? A chi non ha preso mai l’impegno settimanale (o massimo massimo periodico: quindicinale o mensile) succede di dire di fronte allo stimolo verso l’adorazione: “eh ma non so dove trovarla”; “però è lontana e non ho tempo”; “ho da fare”; “non è obbligatoria”. Per chi invece ha preso l’impegno fisso, la tentazione è più sottile: “va beh, per stavolta non ci fa niente, resto a casa”. Chiediamoci: ma noi quante volte facciamo così (non solo per l’adorazione, in verità)? Eppure cosa lenisce almeno provvisoriamente il dolore più del piangere i nostri problemi a Cristo vivo e vero?! Cosa ti dà carica se non gettare via quelle lacrime che i tuoi drammi si portano appresso, affidandoli a Lui, chiedendo a Lui indicazione su cosa fare? Anche perché non è la stessa cosa pregare, parlare, alla Sua presenza viva come quella di una persona corporale che vedi di fronte, e pregare alla Sua presenza solo spirituale. E, se SI RITIENE di non avere drammi (ma è serenità vera o mandata dal Maligno? E come pensi di poterla distinguere senza parlarne con Lui?), andarci e parlarci non è comunque imprescindibile per capire come agire secondo la Sua volontà, per migliorare? Non è comunque giusto andare (anziché andare quando si ha necessità) e non è ciò che ci è chiesto dal Magistero e dai Santi? E allora perché non ci andiamo? Perché riteniamo di dover solo andare a Messa? Perché siamo impoltriti, imborghesiti cristiani da salotto. Perché per giustificarci troviamo scuse “grosse” (sono stanco, devo lavorare, devo lavare, devo studiare...), ma poi puntualmente quante volte succede che, una volta finiti gli impegni veri, ci mettiamo a fare cose opinabili se non inutili: quell’attività che ci piace particolarmente, che ci solletica perché ci dà importanza; quel piacere effimero del gioco (o della perdita di tempo) al p.c. o dell’uscita a vuoto fuori casa tanto per il piacere d’uscire; quel programma t.v. che ci piace e al posto del quale potremmo anche studiare o lavorare per liberarci un’ora?

E le obiezioni? Si fanno vacue. Non è vero che non hai tempo: è che NON VUOI trovarne e ti giustifichi. Sei stanco? Se proprio ne hai bisogno davvero (anche se, in realtà, i Santi tagliano le ore di sonno, non le moltiplicano!), sfoltisci le stupidaggini così dormi di più ed esci per l’adorazione. Non sai dove trovare l’adorazione? Informati oggi (non domani, oggi!) e inizia a prendere un impegno fisso; è lontana? Taglia cose meno importanti (se non inutili) e vacci! Non uscire a vuoto: se invece qualcuno esce per far altro, fattici portare! Se hai l’auto, alza il fondoschiena dalla zona computer e vai, possibilmente portandoti qualcuno appresso della tua famiglia, insistendo perché venga.

Come pretendi di farti Santo se non comunichi col tuo Signore? Sono due le cose: o, in fondo in fondo, nonostante le parole, te ne freghi di esser Santo e preferisci fare i tuoi comodi (perché prima di Dio per te viene la televisione, la radio, il p.c., il divano, lo scrivere, il leggere, e giù snocciolando giungendo fino a tuo padre, tua cugina, tuo fratello, l’amico, il tuo fidanzato, l’amichetta tal de tali che ti emoziona quando la senti, etc.), oppure è ora di fare un primo salto di qualità che finora non hai mai fatto. E si tratta di perseverare in esso.

Ce lo chiediamo? Ci chiediamo oggi, adesso: “ma io perché non lo faccio?”? E le scuse che subito ci affolleranno la testa le possiamo lasciare ai tiepidi? Possiamo prendere sul serio la fede?

E, una volta fatto, possiamo iniziare ad andare un’oretta a settimana e, davanti al Santissimo, farci domande su di noi, sulle nostre scelte grandi e piccole (stato di vita, attività, etc.), sui nostri rapporti con gli altri, senza darci risposte noi stessi, ma chiedendo che progressivamente ci vengano date, suggerite da Lui? Ma non rimandando: “va beh inizio da settembre”; no: adesso! Riporto in calce qualcosa di Magistero (e di un probabilmente prossimo laico Beato) per meditare. Abbiamo parlato di evangelizzazione, di amore verso tutti, di apostolato e abbiamo detto che è ora di prendere impegni concreti su come evangelizzare nella nostra vita quotidiana. Ebbene, ora si tratta di capire pure che per evangelizzare devi adorare, altrimenti non evangelizzi nessuno. Nemmeno in primis te stesso! Dove vuoi andare? Chi pretendi di portare agli altri? Cristo? Ma se Cristo non lo conosci nella contemplazione, se non lo conosci nell’adorazione, come puoi portarlo agli altri? Porti solo te stesso, un “Cristo” a tua immagine, misero, piccolo, idolatrico. Di chi pretendi di parlare se prima non Lo hai ascoltato? È l’adorazione eucaristica che fa la differenza. Evangelizza te stesso nell’incontro con Cristo nell’adorazione. Solo dopo evangelizzerai qualcuno, se veramente vuoi farlo e non solo a parole, se veramente vuoi essere cristiano autentico, che porta Cristo agli altri. Se non si fa così, chi porteremo mai? Noi stessi, un “Cristo” che fa fuggire le persone. Un Cristo coi nervi, con lo stress, con la stanchezza, con gli sbalzi d’umore. Quante volte diciamo che la libertà non è far ciò che si vuole? Che non è ritenersi autonomi da Dio (e dagli altri)? Ma allora perché poi nei fatti facciamo come se fossimo autonomi da Lui e non andiamo a trovarlo spesso nell’Adorazione? Amiamo davvero Dio se periodicamente non lo abbracciamo (sull’adorazione come abbraccio vedi i testi di Benedetto XVI infra)?

Sei (sono!) capace di avere lo spirito del Servo di Dio Alberto Michelotti (morto a vent’anni)? Hai (ho!) lo spirito del Servo di Dio Carlo Acutis (morto a quindici)? Entrambi forgiati nell’Adorazione Eucaristica... E se non lo hai, non ti chiedi perché? La risposta, caro amico (sappilo), non è “loro sono Santi”, come se fossero extraterrestri. L’unica risposta è: “io non sono Santo, ma sono io che irresponsabilmente non voglio esserlo”, perché «Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. San Paolo, invece, parla del grande disegno di Dio e afferma: “In lui – Cristo – (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1, 4). E parla di noi tutti» (Benedetto XVI,Udienza generale del 13 aprile 2011).



Testi:

«Lentamente la mia vita sta cambiando. C’è Qualcuno che entra sempre di più nella mia giornata, è Gesù. Certi giorni corro per tutta la città, perché in qualche chiesa c’è l’ultima messa: lì posso incontrarmi con Lui nell’Eucaristia. Ad un tratto penso: Alberto, un mese fa queste cose non le avresti fatte pernessuno, nemmeno per la tua ragazza»

«Ciao Carlo, sono in questa splendida chiesa di S. Siro. Sono solo e sul tetto di legno sento picchiare dolce la pioggia. È un momento tutto particolare, bellissimo. Quasi non vorrei andarmene più. Sono passato di qui per mettergli nel Suo Cuore tutte le infinite cose che io non so fare, che magari rovino soltanto. Tra le tante, in questi giorni ci sei tu, la Cinzia. Quasi sento nella mia carne, nel mio cuore tutto il momento delicato che stai attraversando, che sto attraversando. In questo silenzio così bello mi sta rispondendo chenon ci possiamo fermare, amare, amare tutti, spaccarci il cuore per fare uscire il vero amore, quellonato dal dolore. So, conosco, le mie, le tue debolezze, forse oggi stesso cadremo con la purezza, ma Lui mi chiede, ti chiede di continuare ad amare. Giorni fa, no ieri sera, una ragazza mi ha fatto capire che se volevo potevo andare a letto con lei. È lì che capisci la tua libertà, quella che nessuno conosce. Carlo, aiutami sempre a vivere la mia libertà. [per Alberto la purezza è lo strumento per raggiungere la veralibertà]. Ciao, sono pronto a dare la vita per te. Alberto» (Servo di Dio Alberto Michelotti, lettere al Servo di Dio Carlo Grisolia)



Magistero:

«Vorrei che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore? Andiamo da Dio solo per chiedere, per ringraziare, o andiamo da Lui anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia. Questo ha una conseguenza nella nostra vita: spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unicipadroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri. Questa sera vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come centro, come via maestra della nostra vita. Cari fratelli e sorelle, il Signore ci chiama ogni giorno a seguirlo con coraggio e fedeltà; ci ha fatto il grande dono di sceglierci come suoi discepoli; ci invita ad annunciarlo con gioia come il Risorto, ma ci chiede di farlo con la parola e con la testimonianza della nostra vita, nella quotidianità. Il Signore è l’unico, l’unico Dio della nostra vita e ci invita a spogliarci dei tanti idoli e ad adorare Lui solo. Annunciare, testimoniare, adorare» (Francesco, Omelia a San Paolo Fuori le Mura del 14 aprile 2013)



«La parola greca [per adorazione] suona proskynesis. Essa significa il gesto della sottomissione, ilriconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misuradella verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni. Questo gesto è necessario,anche se la nostra brama di libertà in un primo momento resiste a questa prospettiva. Il farlacompletamente nostra sarà possibile soltanto nel secondo passo che l’Ultima Cena ci dischiude. La parola latina per adorazione è ad-oratio - contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere» (Benedetto XVI, Omelia alla GMG di Colonia del 21 agosto 2005)



«Adriano: “Santo Padre, ci hanno detto che oggi faremo l'Adorazione Eucaristica? Che cosa è? Come si fa? Ce lo puoi spiegare? Grazie”

Allora, che cos’è l’adorazione, come si fa, lo vedremo subito, perché tutto è ben preparato: faremo delle preghiere, dei canti, la genuflessione e siamo così davanti a Gesù. Ma, naturalmente, la tua domanda esige una risposta più profonda: non solo come fare, ma che cosa è l’adorazione. Io direi: adorazione è riconoscere che Gesù è mio Signore, che Gesù mi mostra la via da prendere, mi fa capire che vivo bene soltanto se conosco la strada indicata da Lui, solo se seguo la via che Lui mi mostra. Quindi, adorare è dire: “Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te”. Potrei anche dire che l’adorazione nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: “Io sono tuo e ti prego sii anche tu sempre con me”» (Benedetto XVI, Catechesi ai bambini di Prima Comunione del 15 ottobre 2005)



«Nel periodo della riforma liturgica spesso la Messa considerata come Cena eucaristica e l’adorazione del Ss.mo Sacramento erano viste come in contrasto tra loro: il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato, secondo un’obiezione allora diffusa. Nell’esperienza di preghiera della Chiesa si è ormai manifestata la mancanza di senso di una tale contrapposizione. Già Agostino aveva detto: “...nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit;...peccemus non adorando - Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; ...peccheremmo se non la adorassimo”. Di fatto, non è che nell’Eucaristia riceviamo semplicemente una qualche cosa. Essa è l’incontro e l'unificazione di persone; la persona, però, che ci viene incontro e desidera unirsi a noi è il Figlio di Dio. Una tale unificazione può soltanto realizzarsi secondo le modalità dell’adorazione. Ricevere l’Eucaristia significa adorare Colui che riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui. Perciò, lo sviluppo dell’adorazione eucaristica, come ha preso forma nel corso del Medioevo, era la più coerente conseguenza dello stesso mistero eucaristico: soltanto nell’adorazione può maturare un’accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell’Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri» (Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005)
".

Io ho letto e riflettuto, raccogliendo l'invito di quel genio qual è Filippo.
Molto spesso, mi capita di discutere queste cose con mio cugino.
A lui voglio bene come se fosse un fratello ma abbiamo idee diverse su alcuni temi.
Il tema riportato su questa nota è uno di questi.
Lui dice che andare a messa e alle funzioni religiose sia solo una ritualità esteriore.
Io gli rispondo dicendo che la messa è un incontro con Cristo.
Cristo viene incontrato proprio nell'Eucaristia.
Quindi, andare a messa significa proprio incontrare Cristo e renderlo partecipe della propria vita.
Un cristiano è tale se incontra Cristo.
Tutti possono fare opere buone.
Tutti possono aiutare il prossimo e comportarsi bene.
Ciò è lodevole.
Però, essere cristiani significa avere quel "quid" in più.
Il "quid" in più è l'incontro con Cristo.
Cristo lo si incontra proprio nell'ostia consacrata.
Quindi, il valore dell'Eucaristia sta proprio in questo.
Da questo si può capire quanto sia importante l'Adorazione Eucaristica.
Adorare l'Eucaristia non è semplicemente pregare di fronte ad un ostensorio.
Adorare l'Eucaristia significa adorare Cristo.
Questa è una cosa che, per esempio, distingue noi cattolici dai protestanti.
Questi ultimi (almeno i calvinisti e chi la pensa come loro) ritengono la presenza di Cristo nell'Eucaristia sia solo simbolica e non reale.
La presenza di Cristo, invece, è reale.
Quell'ostia consacrata è a tutti gli effetti il Corpo di Cristo.
Nella consacrazione, l'ostia si converte nella sostanza del Corpo di Cristo.
Il Vangelo secondo Giovanni (capitolo 6, versetti 53-57) parla chiaro: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me ...".
Gesù venne sulla Terra per salvare l'umanità, attraverso il suo sacrificio.
Non può dirsi cristiana una persona che non crede in ciò.
Purtroppo, anche in certi ambienti della Chiesa stessa si è perso il senso della portata di quello che è realmente l'Eucaristia.
Una Chiesa che dimentica ciò perde la capacità di evangelizzare veramente.
Termino, suggerendovi di leggere l'articolo scritto sul sito "Zenit" da Gisèle Plantec che è intitolato "
La prima condizione dell’evangelizzazione è l’adorazione".
Spero che vi aiuti a riflettere.
Cordiali saluti.







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Beatrice Venezi boicottata perché è di destra

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screenshot del Corriere della Sera.