Presentazione

Presentazione
Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

Il mio libro sul Covid

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

sabato 15 giugno 2013

Jorge Mario Bergoglio, "Guarire dalla corruzione"



Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni mi ha inoltrato questo testo di Papa Francesco che è intitolato "Jorge Mario Bergoglio, "Guarire dalla corruzione"":


"Non voglio riferirmi qui ai casi ovvi di corruzione, ma piuttosto a stati di corruzione quotidiana, che io chiamerei veniale, ma che fanno arenare la vita religiosa. Come si produce ciò? Il beato Fabro utilizzava una regola d’oro per individuare lo stato di un’anima che viveva tranquillamente e in PACE: proporle qualcosa IN PIÙ (magis). Se un’anima era chiusa alla generosità, avrebbe reagito male. L’anima si abitua al cattivo odore della corruzione. Come succede in un ambiente chiuso: solo chi viene dall’esterno si accorge dell’aria viziata. E quando si vuole aiutare una persona così, il cumulo di resistenze è enorme. Gli israeliti erano schiavi in Egitto, ma si erano abituati alla perdita della libertà, avevano adeguato la forma della loro anima a quella condizione, non immaginavano un’altra maniera di vivere. La loro coscienza era addormentata e, in questo senso, possiamo affermare che era una sorta di corruzione. Quando Mosè annuncia loro il progetto di Dio, «essi non ascoltarono Mosè, perché erano all’estremo della sopportazione per la dura servitù» (Es 6, 9). (…) Sotto la minaccia della potenza assira, gli anziani d’Israele, stanchi e impauriti, vorrebbero scendere a patti con il nemico; deve farsi avanti Giuditta a rileggere loro la storia affinché non accettino come pecore situazioni che Dio non vuole. (…) A Natanaele risulta più facile ripetere il commento scettico che da Nazaret non può venire niente di buono che credere nell’entusiasmo di Filippo. Nemmeno i due discepoli, come altrettanti Giona, volevano problemi: hanno un appuntamento in Galilea e vanno a Emmaus… E gli Apostoli preferivano non credere a ciò che i loro occhi vedevano quella mattina nel cenacolo: dice il Vangelo che «per la grande gioia ancora non credevano» (Lc 24, 41). Ecco qui il nodo del problema: un percorso doloroso demoralizza sempre, avere sperimentato delle sconfitte conduce il cuore umano ad abituar visi, per non doversi sorprendere né tornare a soffrire se ne arrivassero altre. O semplicemente uno è soddisfatto dello stato in cui si trova e non vuole altri problemi. In tutte queste citazioni bibliche incontriamo reticenza: il cuore non vuole problemi. Esiste il timore che Dio ci imbarchi in viaggi che non possiamo controllare. Esiste un timore della visita di Dio, un timore della consolazione. In questo modo si matura una disposizione fatalista; gli orizzonti si rimpiccioliscono a misura della propria desolazione e del proprio quietismo. Si teme l’illusione e si preferisce il realismodel meno alla promessa del più… e si dimentica che il realismo più realista di Dio si esprime in una promessa: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione» (Gen 12, 1). Invece, nella preferenza per il meno che sembrerebbe più realista c’è già un sottile processo di corruzione: si arriva alla mediocrità e alla tiepidezza (due forme di corruzione spirituale), si arriva alla trattativa con Dio secondo il modello del primo o del secondo binario. Nella preghiera penitenziale del sacramento della riconciliazione si chiede il perdono per altri peccati… ma non si mostra al Signore questo stato di scoraggiamento dell’anima. È la lenta, ma definitiva, sclerosi del cuore. L’anima inizia allora ad accontentarsi dei prodotti che le offre il supermercato del consumismo religioso. Più che mai vivrà la vita [di fede] (…) come una realizzazione immanente della sua personalità. Per molti tale realizzazione consisterà nella soddisfazione professionale, per altri nell’esito delle opere, per altri nel compiacimento di sé per la stima di cui sono fatti oggetto. Altri ancora cercheranno nella perfezione degli strumenti moderni di riempire quel vuoto che la loro anima sente rispetto al fine che UN TEMPO cercò e dal quale si lasciò cercare. Altri faranno un’intensa vita sociale: si godranno uscite, vacanze con gli «amici», grandi mangiate e feste; cercheranno di essere tenuti in considerazione in tutte le occasioni che comportano la loro presenza. Potrei continuare citando casi di corruzione, ma – semplificando – tutto questo non è nient’altro che qualcosa di più profondo: ciò che ho già chiamato «mondanità spirituale». La mondanità spirituale comepaganesimo in vesti ecclesiastiche. Davanti a questi uomini e donne corrotti (…), la Chiesa mostra la grandezza dei suoi santi… che hanno saputo trascendere ogni apparenza fino a contemplare il volto di Cristo e questo li ha resi «pazzi per Cristo». Nella corruzione veniale trascorrono la vita molti uomini e donne (…), sistemando la loro anima al bordo della piscina, osservando – per 38 anni – come l’acqua si muova e gli altri guariscano… (Gv 5, 5). Questo cuore è corrotto. Chissà, uno sogna ad occhi aperti e vorrebbe ravvivare questa parte morta del cuore, AVVERTE l’invito del Signore… Ma no, quanto lavoro, troppa fatica! La nostra indigenza deve sforzarsi un poco per aprire uno spazio alla trascendenza, ma la malattia della corruzione ce lo impedisce (…). E il Signore non si stanca di chiamarci: «Non avere paura…».



(Nota 41: La mondanità spirituale rappresenta «il pericolo maggiore, la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce – insidiosamente – quando tutte le altre sono state vinte, alimentata anzi da queste stesse vittorie» (De Lubac). Lo stesso de Lubac la definisce in questo modo: «Ciò che si presenta praticamente come distacco dall’altra mondanità, ma il cui ideale morale, e anche spirituale, sarebbe l’uomo e il suo perfezionamento, invece della gloria del Signore. La mondanità spirituale non è altro che un atteggiamento radicalmente antropocentrico (…)».).".


Filippo ha portato un bel testo. Gli riconosco l'acume.
Questo testo fa il paio con la messa di oggi.
Per quanto possa essere buono, l'uomo può peccare.
Basti pensare a re Davide, che rubò la moglie ad Urìa l'Ittita, il quale fu fatto uccidere.
L'uomo può commettere errori.
Tuttavia, Dio è misericordioso e per l'uomo che cerca la sua misericordia c'è il perdono.
Ora, la corruzione nasce dal peccato e porta altro peccato.
In primo luogo, la corruzione nasce dalla brama di potere.
Il potere in sé non è cattivo ma quando l'uomo vuole usare il potere per sé ne diventa schiavo e sarebbe disposto a fare di tutto pur di continuare ad averlo.
L'uomo in queste condizioni non distingue più il bene dal male poiché non ha più barriere morali.
In fondo, l'antropocentrismo è questo.
In una visione antropocentrica, l'uomo si crede autonomo da Dio.
Per combattere la corruzione, serve (prima di tutto) un cambio culturale.
Il potere (che, ripeto, non è in sé negativo) deve essere visto come un servizio.
Questo non può che essere l'inizio di qualcosa di buono e di positivo.
Ora, però, faccio anche una considerazione di carattere "politico".
La corruzione, spesso e volentieri, si manifesta ove essere viene favorita.
Per esempio, uno Stato che tassa il cittadino oltre la misura consentita, senza dargli i servizi, crea nel cittadino la sfiducia verso lo Stato.
Da qui nasce la corruzione.
Uno Stato che non assicura una giustizia seria crea sfiducia nel cittadino.
Dalla sfiducia del cittadino nasce la corruzione.
Per combattere la corruzione bisogna spezzare questo circolo vizioso.
Ognuno rifletta su questo.
Cordiali saluti.





Nessun commento:

Posta un commento

Translate

Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.