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domenica 30 dicembre 2012

La Spagna chiede scusa agli ebrei

Cari amici ed amiche.

Su Facebook, un'amica mi ha inoltrato questo testo scritto da Ugo Volli su "Il Sussidiario.net":


"La Spagna chiede scusa per la "cacciata", ma la storia non tornerà indietro di Ugo Volli

La notizia potrebbe rientrare fra i fatti curiosi: la Spagna ha deciso di concedere la cittadinanza a tutti gli ebrei discendenti da coloro che furono espulsi da Isabella e Ferdinando di Spagna nel 1492. In realtà un provvedimento per facilitare la cittadinanza dei discendenti degli espulsi già c'era dal 1968, ma ora tutto sembra davvero molto facile. C'è chi ha calcolato che la nuova legge possa riguardare fra i 250mila e i tre milioni di ebrei nel mondo; in effetti nel mezzo millennio trascorso dall'espulsione si sono succedute almeno venti generazioni, abbastanza perché quasi tutti gli ebrei del mondo, obbligati per ragioni religiose a sposarsi con correligionari, abbiano degli antenati fra gli espulsi, a partire dal presidente israeliano Peres, il cui cognome è assai diffuso fra i sefarditi (così si chiamano in ambiente ebraico i discendenti dalla Spagna). In Italia tutti gli ebrei di Livorno, molti di Venezia e del Piemonte, alcuni anche di Roma hanno questa provenienza.
E' improbabile però che si assista a una massiccia immigrazione ebraica in Spagna, dove gli ebrei oggi non sono più di 40mila, e questo certamente fa parte delle premesse tacite della nuova legge, che dunque ha un carattere soprattutto di principio, una sorta di pubblica scusa per l'espulsione. Altra cosa sarebbe estendere il provvedimento ai moros cacciati sempre da Isabella e Alfonso in quegli anni, che rischierebbe per davvero di innescare un'immigrazione di massa e una nuova islamizzazione della Spagna.
In effetti la "Cacciata", com'è ricordata nel mondo ebraico, fu un trauma terribile, del tutto paragonabile a quello della Shoah. Non perché fosse la prima espulsione, anzi: anche senza contare le persecuzioni che avevano provocato fughe di massa da molte località, c'erano stati prima provvedimenti formali di espulsione da Magonza (1012), dalla Francia (1082), dalla Baviera (1276), dall'Inghilterra (1290), dalla Svizzera (1348), dall'Ungheria (1349) dall'Austria (1421)... una storia di espulsioni che è continuata quasi ininterrottamente fino a tempi recentissimi (nei paesi islamici).
Il fatto è che l'insediamento ebraico in Spagna era antichissimo, risalendo fino alla colonizzazione fenicia e che la popolazione ebraica era numerosa (intorno al 5 per cento della popolazione), colta e in buone condizioni economiche.
Con le successive espulsioni dal Portogallo e dall'Italia meridionale, che facevano parte dei domini del regno, più di mezzo milione di persone fu obbligato a perdere tutto e a cercare un rifugio altrove o a rinunciare alla propria identità culturale e religiosa. Vi furono molte decine di migliaia di morti, il seguito delle persecuzioni dell'Inquisizione contro coloro che erano sospettati di voler tornare alla fede dei padri, un esodo massiccio di popolazione che continuò per un secolo e mezzo in direzione di luoghi più tolleranti come i Paesi Bassi, parte dell'Italia e in particolare Livorno e Venezia, l'Impero turco. Spagna, Portogallo, Sicilia e Calabria furono impoveriti dalla scomparsa di settori attivi ed economicamente importanti.
In linea di principio dunque la condanna di un provvedimento così umanamente e socialmente disastroso è giusto e opportuno. Ci si può chiedere però quanto sia realistica una riparazione dopo mezzo millennio, quando molti Stati ignorano le loro colpe molto più dirette per quello che è accaduto nel secolo scorso: per fare solo qualche esempio la Lituania che minimizza la propria partecipazione alla Shoah, la Turchia che ancora nega il genocidio armeno, i Paesi arabi che insistono per tutelare i rifugiati palestinesi (di cui sono corresponsabili, non avendo minimamente cercato di integrarli in sessant'anni) e non riconoscono l'espulsione dei loro cittadini ebrei né si sognano di accordare ai loro discendenti diritti di cittadinanza. Ma bisogna accogliere con rispetto questa notizia: perché una politica che si misura coi tempi della storia può non essere realistica, ma certamente testimonia di un senso dell'etica e dell'identità che non è comune, né fra gli stati né fra le persone.
".

In Sicilia, a Galati Mamertino (il paese di mia madre, in Provincia di Messina) ci sono molte famiglie che hanno cognomi di con radice ebraica, come Emanuele, o che sono nomi di città, come Messina.
Anche questi ultimi, pare, che siano di origine ebraica.
Anche mia madre è una Messina.
Pare che queste famiglie discendano proprio da quegli ebrei spagnoli che furono cacciati dalla Spagna nel 1492.
Com'è noto, nella Spagna di re Ferdinando di Aragona e della regina Isabella di Castiglia si volle eliminare ogni opposizione.
Gli ebrei rappresentavano una potenziale opposizione, poiché vi era il timore (infondato) che essi potessero favorire il ritorno dei musulmani.
Si sa, nel 1492 finì la Reconquista cristiana della Spagna.
Granata, l'ultimo possedimento musulmano, fu conquistata dalla Spagna cristiana nel 1492.
Quindi, ci fu un certo fervore religioso che, purtroppo, fu strumentalizzato dalla politica.
Soprattutto, Ferdinando ritenne che la religione fosse uno strumento politico.
Gli ebrei erano visti come una minaccia.
Forse, questo fu un segno di debolezza della monarchia spagnola.
In passato, gli ebrei potevano vivere bene negli Stati cristiani che si formarono nella Penisola Iberica.
Re cristiani come Giovanni II d'Aragona (il padre di Ferdinando, 29 giugno 1397-20 gennaio 1479) nominò l'ebreo Abiathar Crescas come suo "ebreo di corte" (mediatore tra la corte e la comunità ebraica) ed astrologo.
Poi, però, la situazione peggiorò.
Molte famiglie ebraiche si convertirono al cattolicesimo.
Nacquero così i "conversos".
Tuttavia, molti di questi ebrei convertiti continuarono a praticare il loro culto d'origine di nascosto.
Essi vennero chiamati "marrani".
La politica allora si fece aspra.
Nel 1492, i sovrani decisero di decretare l'espulsione degli ebrei.
Si ipotizzano che le ragioni fossero state economiche.
Il padre di Ferdinando prese molti soldi dalle banche e queste ultime erano in mano a famiglie ebree e di origini ebraiche.
Ferdinando, allora, sfruttò i suoi contatti con il Papato, che era molto più debole rispetto al Medio Evo.
Il Papa non voleva l'Inquisizione in Spagna ma Ferdinando lo minacciò di portare a Roma parte delle sue guarnigioni in Sicilia.
Sotto questa pressione, nel 1478, il Papa dovette cedere e dare l'ordine della costituzione dell'Inquisizione.
Il Papa, però, fu scontento degli eccessi e ritenne che l'Inquisizione fosse un modo per togliere gli averi agli ebrei.
D'altro canto, il Papa non avrebbe potuto scomunicare il re.
Era troppo debole.
Ci sarebbe stato il rischio di uno scisma spagnolo ed il ricordo di quello che era successo con Papa Bonifacio VIII nel 1306 era ancora vivo.
Del resto, basti dare un'occhiata a quello che accadde all'Inghilterra, nel 1534.
Questa fu la dimostrazione della debolezza del Papato e del fatto che certi governanti assetati di potere abbiano usato il nome di Cristo e di Dio per prendere il potere.
Basti pensare ai cattolici perseguitati in Inghilterra, in Svezia e nei vari Paesi protestanti.
Cordiali saluti.





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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.