Presentazione

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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 31 dicembre 2011

MESSA DI FINE D'ANNO DI PAPA BENEDETTO XVI


Cari amici ed amiche.

Innanzitutto, vi auguro buon anno.
Ieri, il Santo Padre Benedetto XVI ha detto delle cose molto importanti, durante la Messa di fine d'anno.
Questo è il testo dell'omelia che ho preso dal blog "Il Magistero di Benedetto XVI":

"Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle!


Siamo raccolti nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per rendere grazie al Signore al termine dell’anno, cantando insieme il Te Deum.
Ringrazio voi tutti che avete voluto unirvi a me in questa circostanza sempre densa di sentimenti e di significato. Saluto in primo luogo i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, i religiosi e le religiose, le persone consacrate ed i fedeli laici che rappresentano l’intera comunità ecclesiale di Roma. In modo speciale saluto le Autorità presenti, ad iniziare dal Sindaco di Roma, ringraziandolo per il dono del calice che, secondo una bella tradizione, ogni anno si rinnova. Auspico di cuore che non manchi l’impegno di tutti affinché il volto della nostra Città sia sempre più consono ai valori di fede, di cultura e di civiltà che appartengono alla sua vocazione e alla sua storia millenaria.
Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace. Per questo, non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? Questa è una domanda che attraversa la storia, anzi attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano. Ma a questa domanda c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte. Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio. Il Natale non richiama solo il compimento storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e reale, ce la dona di nuovo.
Come è suggestivo, in questo tramonto di un anno, riascoltare l’annuncio gioioso che l’apostolo Paolo rivolgeva ai cristiani della Galazia: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Queste parole raggiungono il cuore della storia di tutti e la illuminano, anzi la salvano, perché dal giorno del Natale del Signore è venuta a noi la pienezza del tempo. Non c’è, dunque, più spazio per l’angoscia di fronte al tempo che scorre e non ritorna; c’è adesso lo spazio per una illimitata fiducia in Dio, da cui sappiamo di essere amati, per il quale viviamo e al quale la nostra vita è orientata in attesa del suo definitivo ritorno.

Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, l’uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. L’uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato l’umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l’amore, che è eterno.

La Chiesa vive e professa questa verità ed intende proclamarla ancora oggi con rinnovato vigore spirituale. In questa celebrazione abbiamo speciali ragioni di lodare Dio per il suo mistero di salvezza, operante nel mondo mediante il ministero ecclesiale. Abbiamo tanti motivi di ringraziamento al Signore per ciò che la nostra comunità ecclesiale, nel cuore della Chiesa universale, compie al servizio del Vangelo in questa Città. A tale proposito, unitamente al Cardinale Vicario, Agostino Vallini, ai Vescovi Ausiliari, ai Parroci e all’intero presbiterio diocesano, desidero ringraziare il Signore, in particolare, per il promettente cammino comunitario volto ad adeguare alle esigenze del nostro tempo la pastorale ordinaria, attraverso il progetto «Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale». Esso ha l’obiettivo di porre l’evangelizzazione al primo posto, al fine di rendere più responsabile e fruttuosa la partecipazione dei fedeli ai Sacramenti, così che ciascuno possa parlare di Dio all’uomo contemporaneo e annunciare con incisività il Vangelo a quanti non lo hanno mai conosciuto o lo hanno dimenticato.
La quaestio fidei è la sfida pastorale prioritaria anche per la Diocesi di Roma. I discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo, a partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo? Occorre dare il primato alla verità, accreditare l’alleanza tra fede e ragione come due ali con cui lo spirito umano si innalza alla contemplazione della Verità (cfr GIOVANNI PAOLO II, Enc. Fides et ratio, Prologo); rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e cultura moderna; far riscoprire la bellezza e l’attualità della fede non come atto a sé, isolato, che interessa qualche momento della vita, ma come orientamento costante, anche delle scelte più semplici, che conduce all’unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona. Si tratta di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale.
In questo quadro di riferimento, nel Convegno diocesano dello scorso giugno la Diocesi di Roma ha avviato un percorso di approfondimento sull’iniziazione cristiana e sulla gioia di generare nuovi cristiani alla fede. Annunciare la fede nel Verbo fatto carne, infatti, è il cuore della missione della Chiesa e l’intera comunità ecclesiale deve riscoprire con rinnovato ardore missionario questo compito imprescindibile. Soprattutto le giovani generazioni, che avvertono maggiormente il disorientamento accentuato anche dall’attuale crisi non solo economica ma anche di valori, hanno bisogno di riconoscere in Gesù Cristo «la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (Conc. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 10).
I genitori sono i primi educatori alla fede dei loro figli fin dalla più tenera età; pertanto è necessario sostenere le famiglie nella loro missione educativa attraverso opportune iniziative. In pari tempo, è auspicabile che il cammino battesimale, prima tappa dell’itinerario formativo dell’iniziazione cristiana, oltre a favorire la consapevole e degna preparazione alla celebrazione del Sacramento, ponga adeguata attenzione agli anni immediatamente successivi al Battesimo, con appositi itinerari che tengano conto delle condizioni di vita che le famiglie devono affrontare. Incoraggio quindi le comunità parrocchiali e le altre realtà ecclesiali a proseguire con impegno nella riflessione per promuovere una migliore comprensione e recezione dei Sacramenti attraverso i quali l’uomo è reso partecipe della vita stessa di Dio. Non manchino alla Chiesa di Roma fedeli laici pronti ad offrire il proprio contributo per edificare comunità vive, che permettano alla Parola di Dio di irrompere nel cuore di quanti ancora non hanno conosciuto il Signore o si sono allontanati da Lui. Al tempo stesso, è opportuno creare occasioni di incontro con la Città, che consentano un proficuo dialogo con quanti sono alla ricerca della Verità.
Cari amici, dal momento che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito, perché noi potessimo ottenere la figliolanza adottiva (cfr Gal 4,5), non può esistere per noi compito più grande di quello di essere totalmente al servizio del progetto divino. A tale proposito desidero incoraggiare e ringraziare tutti i fedeli della Diocesi di Roma, che sentono la responsabilità di ridonare un’anima a questa nostra società. Grazie a voi, famiglie romane, prime e fondamentali cellule della società! Grazie ai membri delle molte Comunità, delle Associazioni e dei Movimenti impegnati ad animare la vita cristiana della nostra Città!
«Te Deum laudamus!» Noi ti lodiamo, Dio! La Chiesa ci suggerisce di non terminare l’anno senza rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. È in Dio che deve terminare l’ultima nostra ora, l’ultima ora del tempo e della storia. Dimenticare questo fine della nostra vita significherebbe cadere nel vuoto, vivere senza senso. Per questo la Chiesa pone sulle nostre labbra l’antico inno Te Deum. È un inno pieno della sapienza di tante generazioni cristiane, che sentono il bisogno di rivolgere in alto il loro cuore, nella consapevolezza che siamo tutti nelle mani piene di misericordia del Signore.
«Te Deum laudamus!». Così canta anche la Chiesa che è in Roma, per le meraviglie che Dio ha operato e opera in essa. Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia del 2012, ricordando che il Signore veglia su di noi e ci custodisce. A Lui questa sera vogliamo affidare il mondo intero. Mettiamo nelle sue mani le tragedie di questo nostro mondo e gli offriamo anche le speranze per un futuro migliore. Deponiamo questi voti nelle mani di Maria, Madre di Dio, Salus Populi Romani. Amen.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana".

Queste parole trasudano saggezza ed invitano noi cristiani (e cattolici) ed essere il "sale della Terra".
Come dice il Vangelo, se il sale perde il suo sapore e che serve?
Queste sono parole che valgono per i preti, perché essi facciano sì che la recezione dei Sacramenti sia per noi semplici fedeli perché cerchiamo di fare capire agli altri cosa significhi essere cristiani.
Essere cristiani non significa solo fare la carità ed essere buoni.
Questo lo possono fare tutti i filantropi del mondo.
Essere cristiani vuole dire essere dei "piccoli Cristi".
Infatti, Gesù Cristo parlò di carità, di amore e di misericordia ma seppe anche essere duro ed inflessibile, nel difendere certi valori, come la famiglia e la vita.
Il "marchio di fabbrica" dell'essere cristiani è questo.
Allora, riflettiamo!
Dobbiamo anche affidarci a Dio.
Soprattutto in questo momento difficile, noi dobbiamo portare quel messaggio di speranza che Dio ci ha dato.
Il messaggio è Gesù Cristo stesso.
Termino, facendo gli auguri di buon compleanno a don Claudio Hitaj, il parroco di una parrocchia di Bagnone (Carrara) che si è sempre nell'opera culturale della trasmissione del messaggio cristiano.
Ci vorrebbero tante figure simili a lui.
Termino anche con la PREGHIERA PER IL NUOVO ANNO che è stata scritta dal giovane contadino sudamericano Arley Tuberqui.
Ringrazio l'amico Angelo Fazio che l'ha messa su Facebook:
La preghiera recita:

Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,
per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.

Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.

Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelli a me più vicini,
quelli che sono più lontani,
quelli che se ne sono andati,
quelli che mi hanno chiesto una mano
e quelli che ho potuto aiutare,
quelli con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.

Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato,
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,
semplicemente… ti chiedo perdono.

Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, e, all’inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario
ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.

Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,
la forza e la prudenza,
la carità e la saggezza.

Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,
chiudi le mie orecchie a ogni falsità,
le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste
o in grado di ferire,
apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,
così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni
e le sparga a ogni mio passo.

Riempimi di bontà e allegria
perché quelli che convivono con me
trovino nella mia vita un po’ di te.

Signore, dammi un anno felice
e insegnami e diffondere felicità.

Nel nome di Gesù, amen.

Arley Tuberqui
giovane contadino sudamericano


Cordiali saluti e buon anno nuovo.

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Ringrazio un caro amico di questa foto.