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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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lunedì 19 dicembre 2011

STORIA DELLA LINGUA SICILIANA

Cari amici ed amiche.

Vi parloerò di un argomento che farà piacere a molti. Di sicuro, farà molto piacere agli amici Filippo Giorgianni, Stefania Ragaglia, Vittorio Leo, Alessandra Spanò, Angelo Fazio e a vari parenti che (sia su Facebook che su questo blog) mi seguono dalla Sicilia e non solo.
Sto parlando della storia del dialetto siciliano, anzi della lingua siciliana.
Proprio così, secondo alcuni etnologi, non si può parlare di dialetto siciliano ma di lingua siciliana poiché il gruppo linguistico è abbastanza distinto dall'italiano.
La stessa situazione riguarda altre realtà linguistiche, come il friulano, che è una lingua ladina, o il sardo.
In realtà, anche parlare solo di lingua siciliana sarebbe riduttivo.
Infatti, lo stesso gruppo linguistico è esteso anche nella Calabria centro-meridionale (da Catanzaro fino a Reggio Calabria), nel Salento (Puglia meridionale) e in una piccola parte del Cilento campano.
La lingua siciliana rispecchia la storia della Sicilia e di tutte quelle terre ad essa vicine.
Le prime popolazioni siciliane erano delle tribù come i Sicani, gli Elimi ed i Siculi. Essi vissero circa fra il I ed il II millennio BC.
Secondo le fonti storiche l'elimo era una lingua di origine indoeuropea, ossia una lingua che originaria di quel ceppo linguistico della zona compresa tra Europa ed India. Anche l'idioma siculo era di origini indoeuropee. Anzi, secondo alcuni studiosi pare che l'idioma siculo fosse stato una lingua italica (come il latino) mentre secondo altri pare che fosse stato vicino al sanscrito, una lingua parlata in India.
Fra il X l'VIII secolo BC in Sicilia arrivarono i Fenici, un popolo che parlava una lingua semitica, di gruppo moabitico (simile all'ebraico).
I Fenici furono i primi ad avere un alfabeto.
Dall'VIII secolo in avanti arrivarono i Greci. Elimi, Siculi e Sicani si ritrarono all'interno dell'isola.
Il fenicio si parlava in città come Palermo, Mozia, Lillibeo e Solunto.
Nella zona orientale della Sicilia si parlava greco.
Quest'ultima lingua divenne per secoli la lingua parlata in Sicilia, anche dopo la conquista romana, nel III secolo BC.
Con i Romani arrivarono anche i Mamertini, un popolo originario del centro Italia che parlava una lingua di radice osco-umbra.
Durante il periodo romano, il fenicio (o meglio il punico cartaginese) si estinse.
Il greco rimase la lingua delle classi povere delle città mentre il latino si diffuse nei ceti ricchi di queste e nelle campagne.
La latinizzazione fu ancora più forte con la cristianizzazione (IV secolo AD).
Nel 440 AD, in Sicilia arrivarono i Vandali, un popolo germanico che in quell'anno iniziò a fare delle incursioni nell'isola.
Dopo il dominio bizantino dell'isola (535-IX secolo AD) in Sicilia arrivarono gli Arabi.
Il dominio arabo iniziò con lo sbarco a Mazara del Vallo nell'827 AD.
Dall'878 AD al 965 AD l'invasione delle Sicilia da parte degli Arabi continuò e si completò proprio nel 965 AD, con la caduta di Rometta, una città della Provincia di Messina.
gli Arabi vi rimasero fino al 1060, anno in cui vennero i Normanni, a cui successero gli Svevi (1194 AD), gli Angioini (1266AD) gli Aragonesi (1302), gli Spagnoli (1501 AD). Nel 1713 AD, con la Pace di Utrecht, arrivò il dominio dei Savoia. Cinque anni dopo, in seguito a un tentativo di riconquista da parte degli Spagnoli (con l'Alberoni), la Sicilia passò al dominio asburgico di Casa d'Austria. Il figlio di secondo letto di Filippo V , don Carlos di Borbone, la Sicilia ebbe di nuovo un re, re Carlo III di Borbone. I Borboni rimasero fino al 4 aprile 1860, giorno in cui arrivò Giuseppe Garibaldi con i suoi uomini, che nel 1861 annetterono l'isola ed il sud Italia al Regno di Sardegna, il regno sabaudo.
Ora, tutte queste dominazioni influirono molto sulla lingua siciliana.
Pensiamo, per esempio ad alcune parole come "dudda"
Questa parola è il nome siciliano della mora. Pare che questa parola derivi dall'indoerupeo antico roudho ma è affine al gallese rhudd, al serbo-croato rud, al lituano rauda e al romeno dudà.
Questa parola potrebbe essere stata delle lingue delle popolazioni che abitavano l'isola prima dei Fenici e dei Greci (Elimi, Sicani e Siculi) oppure potrebbe essere stata introdotta attraverso le successive dominazion.
Anche l'influenza greca si fece sentire e molte parole di origine greca sono presenti nel siciliano.
In realtà, alcune parole potrebbero essere state introdotte non dai Greci antichi ma dai Bizantini.
Esempi di queste parole sono babbaluciu (che deriva boubalakion ed indica la lumaca), cirasa (che deriva da kerasos e che indica la ciliegia), naca (che deriva da nake ed indica la culla) e tuppuliari (che deriva da typto e significa "battere, bussare").
Anche gli Arabi lasciarono il loro segno.
Parole come bagghiu (che deriva da bahah e significa "cortile"), capu rrais (che significa "capobanda" e deriva da ra' is), dammusu (che significa "soffitto, caverna" e deriva da dammus) e taliàri (che deriva da tal' a' e significa "osservare, guardare") sono esempi di ciò.
Anche i Normanni lasciarono le loro tracce.
Esempi di parole normanne nel siciliano sono buatta (che deriva da boite e significa "barattolo") , foddi (che deriva da fol e significa "pazzo") e racina (che deriva da raisin e significa "uva") sono esempi di ciò.
Ci sono anche parole di origini diverse come addumari (che deriva da allumer, una parola di origine sardo-lugoderese, simile al corso, e significa "accendere"), affruntarisi (che deriva dal catalano afrontar-se e significa "vergognarsi") e accurdarisi (che deriva dal castigliano acordar e significa "accontentarsi") sono esempi di ciò.
Dal catalano e dal castigliano, il siciliano prese molto, come prese anche dall'inglese.
Un esempio è il ferrabottu (ferry boat, il traghetto) o il pisci stoccu (stock fish, lo stoccafisso).
Il siciliano è a tutti gli effetti una lingua "europea", viste le influenze.
Non sarebbe esagerato dire che il siciliano sia la "lingua di Dio", dato che esso è una lingua neolatina con parole greche e persino ebraiche.
Si sa che l'ebraico, il greco ed il latino sono le tre lingue della Chiesa.
Termino con una mia poesia.
Del resto, l'aveva capito anche l'imperatore Federico II di Svevia che tra il 1230 ed il 1250 fondò la Scuola siciliana, da cui attinse anche Dante Alighieri.
La lingua siciliana lasciò una forte impronta anche furi dall'Italia.
Pensiamo al siculish, uno slang parlato dai discendenti dei siciliani emigrati in America del Nord o al sicignolu, uno slang parlato dai loro conterranei emigrati in Argentina e in Uruguay.
Pensiamo anche alla lingua maltese, una lingua che deriva dal siculo-arabo.
Com'è noto scrivo poesie in calco medioevale, con parole siciliane e della lingua corsa, la lingua parlata in Corsica che ha qualche affinità con il siciliano.

ARRICU DI CURNUVAGGHIA


"Lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola."

Accussì...picchì ranni fici violentia...
unni hà a stari mittìu u maestru Danti...
accussì nto Nfernu...certu 'n aeterna ponitentia...
picchì 'n Viterbu...ranni fici u mali di Montfort Simon...
cuntru Arricu, di Curnuvagghia duca, et so' cuscinu...
et chiddu chì l'omini ficiru et camora fanu...
a pajari avaranu...picchì chistu hè vuliri divinu!

Cordiali saluti.

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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.