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giovedì 18 ottobre 2012

Mafie, un problema di tutti


Cari amici ed amiche.

Oramai, la questione delle mafie è diventata una vera e propria emergenza nazionale.
Esse non riguardano più solo la Campania, la Calabria e la Sicilia, le tre regioni di Mastrosso, Carcagnosso (o Scarcagnosso) e Osso, i tre cavalieri spagnoli che, secondo la leggenda, fondarono rispettivamente la Camorra napoletana, la 'Ndrangheta calabrese e la Mafia siciliana.

Oggi quello delle mafie è un problema nazionale.
Perché sta avvenendo questo?
Fondamentalmente, la prima causa di diffusione di queste tre associazioni criminali fu proprio la giustizia italiana.
In passato, i vari boss della Camorra, della 'Ndrangheta e della Mafia furono confinati nel nord dell'Italia, lontani dalle loro zone, perché così si credeva che essi non avrebbero fatto danni.
Invece, li danni li fecero!
Anzi, essi stabilirono le prime basi al nord poiché capirono che lì ci fu il terreno ideale per attecchire.
In secondo luogo, anche lo Stato in passato si piegò di fronte a questo "mostro con tre teste".
Basti pensare alla Trattativa Stato-Mafia del 1992.
La debolezza dello Stato di fronte alla Mafia aprì la strada a quest'ultima.
Inoltre, lo Stato commise e sta commettendo un altro grosso errore.
Con il suo sistema burocratico pesante, i suoi sprechi e le sue tasse esose e con la sua mancanza di serie riforme che rendano il sistema più efficiente, il cittadino si sentì tradito dalle istituzioni.
Questo lo avvicinò alle associazioni criminali.
In terzo luogo, anche la Mafia si evolse.
Da associazione di uomini pronti a sparare con la lupara, la Mafia divenne una holding finanziaria.
Avvicinandosi all'imprenditoria, il mafioso diventava un imprenditore che iniziava a riciclare i soldi dei traffici sporchi per fare "affari puliti" (come gli ospedali e le catene di ristoranti) o per avvicinare la politica, attraverso la corruzione.
Inoltre, c'è anche una questione storica.
La Mafia iniziò a crescere dopo l'unificazione dell'Italia.
Nel periodo borbonico, la Mafia era contenuta.
La Mafia esplose dopo, anche perché alcuni garibaldini erano collusi con essa.
Ora, la lotta alle mafie si deve fare con serietà ed attenzione.
Per esempio, quando viene sciolta un'amministrazione comunale che è ritenuta contigua alla mafia, non bisogna solo cacciare i politici ma anche i burocrati.
I politici passano ma il ceto burocratico resta e spesso è questo ad operare con la Mafia.
In secondo luogo, la lotta alle Mafie non deve essere una lotta di partito.
Fare della lotta alle mafie una lotta politica è un grosso errore perché significa favorire le associazioni criminali.
Una società divisa dai contrasti politici è un buon terreno di coltura per le mafie.
Anche lo Stato dovrà metterci del suo.
Per esempio, dovrà riformarsi, abbattendo la burocrazia e gli sprechi e riducendo le tasse.
Così, il cittadino non vedrà più un appiglio nelle mafie.
Prendiamo, ad esempio, un piccolo imprenditore strozzato dal fisco.
Egli, per salvare la propria azienda è costretto a chiedere un prestito.
Poniamo caso che la banca non gli dia i soldi che chiede.
Allora, l'imprenditore sarà tentato a rivolgersi all'usuraio.
Ora, spesso e volentieri, dietro gli usurai c'è proprio la Mafia.
Quell'imprenditore, poveretto, sarà di fatto nella rete della Mafia e dovrà fare quello che essa gli dirà.
Bisogna fare in modo che questo circolo vizioso sia spezzato.
Prima di tutto, però, serve un cambio di cultura, per vincere la Mafia.
Di fronte ad essa non si deve tacere!
Cordiali saluti.





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