Sul "Minzolini fan club" di Facebook è comparsa questa foto con questa didascalia:
"Vendola alla festa del PD: "Siamo responsabili di aver fatto cadere Prodi nel 1998? Bene, oggi rimediamo proponendolo per il Quirinale". Ovazione della sinistra, tutti d'accordo, dal SEL a Bersani, ai comunisti duri e puri, ai cattocomunisti come Bindi, fino a Renzi, che si è affidato a Prodi per il programma economico! Come si fa a candidare come prima carica dello Stato uno con il passato di Prodi? La nostra rovina è quasi tutta da ascrivere alle sue scelte scellerate e non si sa quanto disinteressate! Per ricordate tutto le corbellerie di Prodi non basterebbe la Treccani, pubblichiamo solo qualche brano da un dossier di Roberta Angilli, vice presidente del Parlamento europeo:
"Romano Prodi - Storia di un anti-italiano"
Dossier sulla militanza anti-italiana del Professore quando era Presidente della Commissione europea
Non vi annoieremo con storie consumate, anche se ci piacerebbe ripercorrere la biografia ambigua e tortuosa di Romano Prodi e raccontare ancora una volta delle gesta del Professore bolognese quando era Presidente dell’IRI, di quelle discusse privatizzazioni che, in realtà, furono delle vere e proprie svendite del patrimonio economico italiano. Come non ricordare che marchi prestigiosi e storici della nostra industria alimentare, da Motta ad Alemagna fino a Cirio, di fatto regalati alle multinazionali. Come non ricordare che proprio dalla gestione Prodi nascono i guai dell’Alitalia, negli anni ’80 tra le prime compagnie al mondo, e delle acciaierie di Terni, che rappresentavano un polo industriale d’eccellenza. E ancora, si potrebbe discutere delle polemiche sulle consulenze d’oro della società Nomisma, di cui il Professore è stato Presidente fino al 1995, o dell’oscura vicenda di Telekom Serbia che, scandali politici a parte, fece perdere all’Italia 500 miliardi delle vecchie lire. Quello di Prodi è un ritratto politico degno di Dorian Gray. Il suo primo inquietante esordio pubblico fu nel 1978, nel corso del rapimento Moro, quando Prodi, dopo aver partecipato ad una seduta spiritica, raccontò che bisognava indagare su Gradoli, pensando che fosse un paesino vicino al lago di Bolsena. Indicò due numeri, di cui uno si accertò poi corrispondere al civico della strada dove si trovava il covo in cui fu detenuto Aldo Moro. E’ stato poi ministro di provata fede democristiana, uomo di potere durante quindici governi della Prima repubblica, nel pentapartito, nell’era Craxi e nei governi tecnici di Amato e Ciampi, fino al 1995 quando fondò l’Ulivo, diventando il leader, pro-tempore, del centro-sinistra italiano. Ma su tutto questo si sono già versati fiumi di inchiostro. Noi ci concentreremo su un passato più recente, ma non meno chiacchierato, quando Prodi, dal 1999 al 2004, è stato Presidente della Commissione europea. Riepilogheremo fatti già noti, commentati dalla stampa italiana e internazionale, oggetto di lunghissime discussioni al Parlamento europeo. Racconteremo le gaffes più clamorose, gli scandali, le omissioni, i silenzi e soprattutto le scellerate decisioni a danno dell’Italia. “Il guaio degli uomini è che essi dimenticano”, come recita Merlino nel film “Excalibur”. E’ quindi bene ricordare questi fatti, perché tracciano la storia di un Prodi anti-italiano, deciso ad utilizzare le istituzioni europee solo come un taxi per tornare a fare politica in Italia: pur di andare contro il Governo di centro-destra non ha esitato a danneggiare gli interessi del nostro Paese e la sua credibilità internazionale..."
e scusate se è poco!
Ci toccherà rimpiangere Napolitano?
M. Rizzi. ".
Romano Prodi al Quirinale?
Per l'amor di Dio, spero che una cosa del genere non accada.
Tra l'altro, trovo inquietante il fatto che al Quirinale ci siano persone che (con il dovuto rispetto) hanno fatto riferimento e fanno riferimento alla sinistra.
Basti pensare a Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e a Giorgio Napolitano.
Con il dovuto rispetto, ciò mi sembra troppo.
Essere al Quirinale, infatti, significa avere di fatto il controllo sulle leggi, non firmandole.
Così si rischia di bloccare la democrazia.
Cordiali saluti.
Nessun commento:
Posta un commento