Leggete questo articolo del sito del Grande Oriente Democratico che è intitolato "Adesso che le celebrazioni retoriche e le condoglianze altisonanti hanno lasciato spazio al silenzio e alla metabolizzazione del lutto, Grande Oriente Democratico saluta con affetto il Fratello Carlo Maria Martini, passato all’Oriente Eterno":
"Carlo Maria Martini è morto venerdì 31 agosto 2012.
In molti ne hanno pianto con sincerità la dipartita, tanti altri l’hanno celebrata esteriormente a denti stretti, in cuor loro sentendo di essersi liberati definitivamente di un peso.
Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, si è risparmiato l’ipocrisia di ricordare all’Angelus di domenica 2 settembre un uomo e una figura ecclesiale il cui pensiero e le cui azioni rappresentavano un perenne monito e un atto di (dolce) accusa rispetto al tradizionalismo reazionario da cui la Chiesa Cattolica di Cristo è affetta da molti secoli, con la luminosa eccezione delle speranze (poi tradite) legate al Concilio Vaticano II.
Un Papa che vive circondato dall’ipocrisia propria e di chi gli sta intorno (su molte e intricate questioni) per una volta ha preferito manifestare limpidamente la distanza umana, teologica e pastorale dall’ex Arcivescovo di Milano, evitando clamorosamente qualunque accenno affettuoso alla morte di Martini, nel corso dell’Angelus di quella prima domenica di settembre, ad appena poche ore dall’evento luttuoso.
In effetti, benché Martini avesse più volte compiuto atti di amicizia e apertura di credito verso Ratzinger (persino durante il Conclave del 2005 che lo elesse Papa), al di là delle frasi e dei comportamenti di circostanza, non si può dire lo stesso del contegno di Benedetto XVI verso il Cardinale di Santa Cecilia.
In effetti, su troppe questioni, Carlo Maria Martini costituiva una sfida e una provocazione a tutto quello che Benedetto XVI rappresenta e vuole conservare.
L’uno, Ratzinger, prima è stato, come Cardinale e Prefetto dellaCongregazione per la Dottrina della Fede (dal 1981 al 2005), il severo custode dell’ortodossia più becera e bigotta (salvo mostrarsi cieco e muto rispetto a diversi casi di pedofilia riguardanti il clero di mezzo mondo); poi, come Papa, non si è dimostrato nulla più di uno stucchevole conservatore e reazionario, la cui azione alla guida della Chiesa di Roma verrà ricordata malamente anche per la scelta di un Segretario di Stato intrallazzatore come pochi altri, Sua Eminenza Tarcisio Bertone.
Ma Carlo Maria Martini era malato da tempo, e le istanze progressiste che egli avrebbe voluto inserire nel corpo sclerotizzato della Chiesa di Roma languono da decenni nei conciliaboli più riservati di alcuni prelati, vescovi e cardinali illuminati; i quali tuttavia non hanno mai trovato il coraggio di uscire allo scoperto e contestare esplicitamente, formando un fronte compatto, gli enormi ritardi teologico-dottrinali, pastorali ed etici che affliggono i vertici curiali della cristianità cattolica.
Martini era solito dire che la Chiesa era in ritardo di almeno 200 annirispetto alla società contemporanea.
Martini la pensava diversamente da Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI su temi come il sacerdozio femminile, la sessualità etero ed omo, il diritto alla ricerca scientifica e alle sue applicazioni mediche più avanzate, i diritti civili delle coppie gay, la laicità delle istituzioni pubbliche, etc.
Su tutte queste materie, Carlo Maria Martini aveva una visione progressista, se valutata in termini “profani”, ma in realtà tradizionalmente radicata in una interpretazione del Cristianesimo come religione dell’amore, dell’inclusione, della tolleranza, dell’umiltà e della non ingerenza prepotente nella sfera civile e laica, del dubbio critico che sia anche delicatezza spirituale, della fede che sia anelito gentile e profondo alla conoscenza delle cose prime e ultime, non arroganza dogmatica, fanatica e arrogante.
Uomo di vastissima cultura, non soltanto biblica, e di non comune raffinatezza intellettuale, in anni lontani era solito recarsi in incognito presso alcune famiglie di diseredati, svolgendo gratuitamente, con umiltà e amore, alcune attività di servizio per queste persone, come un qualsiasi collaboratore domestico.
Carlo Maria Martini era un gesuita.
E come diversi altri padri gesuiti che vissero la propria giovinezza e maturità nel Secondo Dopoguerra, influenzati dalla grande figura spirituale e morale (progressista) di Pedro Arrupe (1907-1991, Superiore Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983), Martini ebbe curiosità per la sapienzialità massonica.
Carlo Maria Martini volle essere iniziato Libero Muratore.
Ma di questo fatto – e delle modalità in cui poté verificarsi – si troverà probabilmente una qualche traccia illustrativa nel libro del Fratello Gioele Magaldi, MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere Editore, in uscita per novembre 2012.
Per quanto ci riguarda, invece, con grande semplicità e commozione, con immenso affetto e infinita stima, vogliamo salutare il Fratello Carlo Maria Martini nel suo viaggio verso l’ORIENTE ETERNO.
Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, si è risparmiato l’ipocrisia di ricordare all’Angelus di domenica 2 settembre un uomo e una figura ecclesiale il cui pensiero e le cui azioni rappresentavano un perenne monito e un atto di (dolce) accusa rispetto al tradizionalismo reazionario da cui la Chiesa Cattolica di Cristo è affetta da molti secoli, con la luminosa eccezione delle speranze (poi tradite) legate al Concilio Vaticano II.
Un Papa che vive circondato dall’ipocrisia propria e di chi gli sta intorno (su molte e intricate questioni) per una volta ha preferito manifestare limpidamente la distanza umana, teologica e pastorale dall’ex Arcivescovo di Milano, evitando clamorosamente qualunque accenno affettuoso alla morte di Martini, nel corso dell’Angelus di quella prima domenica di settembre, ad appena poche ore dall’evento luttuoso.
In effetti, benché Martini avesse più volte compiuto atti di amicizia e apertura di credito verso Ratzinger (persino durante il Conclave del 2005 che lo elesse Papa), al di là delle frasi e dei comportamenti di circostanza, non si può dire lo stesso del contegno di Benedetto XVI verso il Cardinale di Santa Cecilia.
In effetti, su troppe questioni, Carlo Maria Martini costituiva una sfida e una provocazione a tutto quello che Benedetto XVI rappresenta e vuole conservare.
L’uno, Ratzinger, prima è stato, come Cardinale e Prefetto dellaCongregazione per la Dottrina della Fede (dal 1981 al 2005), il severo custode dell’ortodossia più becera e bigotta (salvo mostrarsi cieco e muto rispetto a diversi casi di pedofilia riguardanti il clero di mezzo mondo); poi, come Papa, non si è dimostrato nulla più di uno stucchevole conservatore e reazionario, la cui azione alla guida della Chiesa di Roma verrà ricordata malamente anche per la scelta di un Segretario di Stato intrallazzatore come pochi altri, Sua Eminenza Tarcisio Bertone.
Ma Carlo Maria Martini era malato da tempo, e le istanze progressiste che egli avrebbe voluto inserire nel corpo sclerotizzato della Chiesa di Roma languono da decenni nei conciliaboli più riservati di alcuni prelati, vescovi e cardinali illuminati; i quali tuttavia non hanno mai trovato il coraggio di uscire allo scoperto e contestare esplicitamente, formando un fronte compatto, gli enormi ritardi teologico-dottrinali, pastorali ed etici che affliggono i vertici curiali della cristianità cattolica.
Martini era solito dire che la Chiesa era in ritardo di almeno 200 annirispetto alla società contemporanea.
Martini la pensava diversamente da Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI su temi come il sacerdozio femminile, la sessualità etero ed omo, il diritto alla ricerca scientifica e alle sue applicazioni mediche più avanzate, i diritti civili delle coppie gay, la laicità delle istituzioni pubbliche, etc.
Su tutte queste materie, Carlo Maria Martini aveva una visione progressista, se valutata in termini “profani”, ma in realtà tradizionalmente radicata in una interpretazione del Cristianesimo come religione dell’amore, dell’inclusione, della tolleranza, dell’umiltà e della non ingerenza prepotente nella sfera civile e laica, del dubbio critico che sia anche delicatezza spirituale, della fede che sia anelito gentile e profondo alla conoscenza delle cose prime e ultime, non arroganza dogmatica, fanatica e arrogante.
Uomo di vastissima cultura, non soltanto biblica, e di non comune raffinatezza intellettuale, in anni lontani era solito recarsi in incognito presso alcune famiglie di diseredati, svolgendo gratuitamente, con umiltà e amore, alcune attività di servizio per queste persone, come un qualsiasi collaboratore domestico.
Carlo Maria Martini era un gesuita.
E come diversi altri padri gesuiti che vissero la propria giovinezza e maturità nel Secondo Dopoguerra, influenzati dalla grande figura spirituale e morale (progressista) di Pedro Arrupe (1907-1991, Superiore Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983), Martini ebbe curiosità per la sapienzialità massonica.
Carlo Maria Martini volle essere iniziato Libero Muratore.
Ma di questo fatto – e delle modalità in cui poté verificarsi – si troverà probabilmente una qualche traccia illustrativa nel libro del Fratello Gioele Magaldi, MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere Editore, in uscita per novembre 2012.
Per quanto ci riguarda, invece, con grande semplicità e commozione, con immenso affetto e infinita stima, vogliamo salutare il Fratello Carlo Maria Martini nel suo viaggio verso l’ORIENTE ETERNO.
I FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO
[ Articolo del 12-14 settembre 2012 ]".
Il cardinale Carlo Maria Martini fece delle cose buone, come il dialogo con gli ebrei ed il rifiuto dell'antisemitismo, cosa che per altro era già stata iniziata da Papa Pio XI (31 maggio 1857-10 febbraio 1939) che disse la celebre frase:
"Ma io mi vergogno...mi vergogno di essere italiano. E lei padre [il gesuita Tacchi-Venturi] lo dica pure a Mussolini! Io non come papa ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza."
" Ma l'antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti".
Papa Pio XI era un Papa tradizionalista e per nulla favorevole alla massoneria.
Tuttavia, il cardinale Martini propose e fece anche cose discutibili.
La Chiesa non è solo dottrina sociale ma è anche tradizione e fede.
Il cardinale Martini commise il grave errore di ridurre la Chiesa ad una semplice "organizzazione sociale"(come un sindacato), trascurando l'aspetto della fede e della tradizione.
Ciò svilì quello che avrebbe dovuto essere il compito della Chiesa.
La Chiesa deve portare Cristo e non lo deve fare solo attraverso le opere sociali a anche attraverso la predicazione delle Scritture e della Tradizione.
Ad esempio, la Tradizione della Chiesa riconosce la supremazia papale.
Il Papa è Vicario di Cristo sulla Terra non perché una bella mattina si alzò e decise di assumere questa carica ma perché ciò fu voluto da Gesù Cristo in persona, quando diede a San Pietro le chiavi del Paradiso.
Il cardinale Martini mise in discussione molti dogmi della Chiesa.
Ad esempio, egli fu favorevole al sacerdozio femminile e alle unioni gay.
Ora, misure simili erano già state prese nella Chiesa anglicana.
Oggi, la Chiesa di Inghilterra è in forte crisi e molti anglicani tradizionalisti sono passati al cattolicesimo.
Intere parrocchie anglicane stanno passando alla nostra Chiesa.
I fedeli di queste parrocchie (ad esempio) non vogliono il prete donna o le nozze gay, senza volere fare della discriminazione.
Addirittura, anche i parroci ed i vescovi passano al cattolicesimo, con tanto di famiglie al seguito.
Noi cattolici, oggi, siamo una garanzia per questi anglicani in fuga dalla loro Chiesa, facendo in modo che il Book of Common Prayer (scritto dall'arcivescovo Thomas Cranmer nel 1549) fosse reinterpretato in senso cattolico.
Se la nostra Chiesa fosse stata riformata secondo la visione di uomini come il cardinal Martini, questi cristiani sarebbero andati perduti.
Purtroppo, gli effetti del "martinismo" si vedono qui nel nord.
Ci sono preti che sembrano più sindacalisti o uomini politici che non uomini di Dio.
Un giorno, discutendo con un amico del Popolo della Libertà di Roncoferraro ( Mantova) io avevo detto che mi piace quel cattolicesimo che c'è in Sicilia, quel cattolicesimo genuino che ha mantenuto la tradizione.
Lui, sostenitore del cardinale Martini, aveva definito questo mio pensiero "integralista".
Io gli vorrei rispondere dicendo che il miglior modo per distruggere il Cristianesimo non è perseguitarlo.
Ad esempio, nei Paesi islamici (o in Cina) i cristiani sono perseguitati.
Eppure, essi si mantengono saldi.
Il miglior modo per distruggere il Cristianesimo è annacquarlo, ossia renderlo una dottrina docile ad un certo pensiero relativista del giorno d'oggi, scardinando le sue basi e reinterpretandole secondo il pensiero mondano.
E' il caso del già citato sacerdozio femminile nella Chiesa anglicana.
Questa è l'"eutanasia della fede", poiché riduce il Cristianesimo ad un'etichetta.
Allora, riflettiamo sui ciò.
Cordiali saluti.
Cordiali saluti.
Nessun commento:
Posta un commento