Su "Panorama", vi è l'editoriale di Maurizio Belpietro che è intitolato "Giudici sì, ma imparziali". Ne riporto questo stralcio:
Inaugurando l'anno giudiziario, il pg dell'epoca, davanti all'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, disse in pratica che i giudici non devono mischiarsi con la politica, perché se la "loro vocazione è quella di cambiare la società con la lotta politica", devono prima cambiare mestiere e farsi eleggere come tutti i comuni cittadini".
L'articolo riprende le parole di un magistrato che operò negli anni '70, un tale Uberto Scarpelli.
Ora, il caso Palamara ha fatto emergere questa pericolosa commistione che c'è tra politica e magistratura.
In una riforma seria della giustizia, si dovrà contemplare anche l'imposizione ai magistrati di avere come riferimento solo la legge e non i dettami di associazioni come l'Associazione Nazionale Magistrati.
Quest'ultima è di fatto un partito.
Si comporta come un partito, visto anche il suo orientamento politico.
Ora, un magistrato può avere una sua idea politica e ciò è legittimo.
La può esprimere votando alle elezioni.
Però, egli deve essere imparziale quando fa il suo lavoro.
Deve fare il suo lavoro con onore e mettendo da parte le sue idee ed opinioni.
Altrimenti, delegittima il ruolo stesso della magistratura ed il cittadino non si fida più dello Stato.
Quando un cittadino che non si fida più delle istituzioni, altri poteri (anche illegali) rischiano di farsi strada.
Ciò diventa pericoloso.
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