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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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martedì 9 aprile 2019

Qui si rischia il caos

Ringrazio l'amica e collaboratrice Francesca Padovese, la quale mi ha segnalato un articolo di Tommaso Scandroglio su "La Nuova Bussola Quotidiana" che è intitolato "Nonnità surrogata = bambino oggetto".
Ne riporto questo stralcio:



"Là in Nebraska accadde quanto segue. Il giovane Matthew Eledge convola a “nozze” gay con l’altrettanto giovane Elliott Dougherty. La coppia voleva avere un bambino, ma dato che – così pare – i due temevano che la strada dell’adozione fosse a loro preclusa dalla legislazione nazionale, ecco virare verso la pratica della maternità surrogata. Ma nel loro caso si trattava di una maternità surrogata che sarebbe stato più corretto chiamare nonnità surrogata.


Infatti a portare avanti la gravidanza scese in campo Cecile Eledge, 61 primavere alle spalle, contemporaneamente madre di Matthew e nonna della bambina partorita, di nome Uma Louise, dato che Mattew fornì lo sperma (non è la prima volta che accade). Questo, però, il lettore non si inganni, non è utero in affitto con semplice carpiato doppio, bensì triplo. Infatti chi donò l’ovocita? La sorella di Elliot, Lea Yribe. In tal modo, così fa sapere la coppia omo, la bambina ha patrimonio genetico di entrambi i rami della “famiglia”.

E a proposito di rami, questo albero genealogico è davvero un organismo geneticamente modificato. Infatti abbiamo Matthew che è padre della piccola, ma, volendo, anche fratello dato che la madre di lui l’ha partorita (la situazione evoca scenari incestuosi). Elliot in realtà non è in alcun modo il secondo padre di Uma Louise, bensì è lo zio. Lea Yribe è madre della bambina, ma, a dar retta alla narrazione gay friendly, anche zia. Di Cecile Eledge abbiamo già detto che è madre e nonna della neonata.

Sarà un’impresa spiegare alla piccola, quando avrà l’età della ragione e posto che non la perda, che ha due padri e due madri legati tra loro da un intreccio che, in fatto di complessità, è superato solo dal complotto che portò all’assassinio di Kennedy. Gli illeciti morali non si contano: fecondazione artificiale, fecondazione artificiale di tipo eterologo, maternità surrogata, educazione della bambina all’interno di una coppia omosessuale e relazioni familiari snaturate. In merito a quest’ultimo punto appare evidente che i ruoli naturali familiari devono essere rispettati: una madre non può partorire la figlia di suo figlio"
.

Qui sta il punto della questione.
Matthew, figlio di Cecile, il quale ha donato lo sperma, è il padre di Uma Louise ma ne è anche il fratello.
Cecile, che è la madre di Matthew, è la nonna della piccola ma è anche sua madre, poiché l'ha partorita.
Elliot, il compagno di Matthew e  "secondo padre" della bambina, in realtà, è lo zio, poiché è il fratello della donatrice dell'ovulo, Lea Yribe.
Lea Yribe dovrebbe essere la zia di Uma Louise e invece ne è la madre.
Ripeto quanto scritto in precedenza: io penso che in futuro, quando crescerà, quella bambina avrà molti problemi, quando si dovrà confrontare con i coetanei nati e cresciuti in famiglie "normali".
Inoltre, qui si è perso di vista un altro punto importante.
Infatti, le persone sono state sminuite e ridotte tutte ad oggetti.
Cecile è diventata una sorta di "incubatrice".
La sorella di Elliot e Matthew sono diventati dei "distributori di ovuli e di sperma".
La bambina stessa è diventata quasi una sorta di "trofeo dei diritti".
Mi spiace ma io non vedo amore in questa vicenda.  
Non vedo amore né dignità.
Anzi, senza accorgersene, i protagonisti di questa vicenda sono diventati come dei feticci da esibire in questa guerra ideologica contro la famiglia. 
Ripeto, la bambina è presentata come una sorta di "trofeo" da esibire.
Sia ben chiaro, io non ho nulla contro gli omosessuali.
Anzi, condanno le violenze contro di loro e ritengo che i loro diritti individuali, come quelli degli altri, debbano essere tutelati.
Però, c'è un limite a tutto.
Qui si rischia il caos della nostra società.
Il timore è che una società senza identità e senza valori sia destinata ad essere sconfitta da altri che le imporrano i loro dettami.


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