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sabato 20 aprile 2019

Un caso di malagiustizia: Ponzio Pilato

Su "Atlantico Quotidiano", vi è un articolo intitolato "Il “paradosso” di Pilato: condannare un innocente per assolvere se stesso".
Riporto questo stralcio dell'articolo che è stato scritto da Giuseppe Portonera:

"La figura di Ponzio Pilato cattura naturalmente l’attenzione di qualsiasi giurista, avendo egli presieduto il più drammatico e noto dei processi di tutti i tempi, quello a Gesù (e qui “processo” va inteso – seguendo quanto spiega Salvatore Satta, nel suo “Il mistero del processo”, ed. Adelphi – come “momento eterno della formazione del giudizio”). Di conseguenza, non si può parlare di Pilato se non si parla del processo a Gesù e del ruolo che egli ha giocato nell’economia di quell’evento, a partire dalla più controversa delle domande: Pilato fu giudice “giusto” o “ingiusto”, fu dispensatore di giustizia o di ingiustizia? Le narrazioni evangeliche – in specie quella di Giovanni – ci presentano un Pilato distaccato e scettico: quel suo atteggiamento (così ben condensato dalla celebre domanda “quid est veritas?”) è stato ampiamente studiato per le sue implicazioni filosofiche e religiose, ma, visto con gli occhi dello studioso del diritto, va apprezzato come qualità indispensabile in un uomo, per dirla con Sciascia, gravato della “dolorosa necessità del giudicare”.

Come già notato da Satta, quello a Gesù è stato un processo in cui le regole del diritto vengono messe in crisi dalle esigenze della politica, un processo “in cui sembra che due giusti si contrappongano e che distinguere il giusto dall’ingiusto non si possa talora se non sulla linea della forza, in cui non si sa più chi sia l’accusato e chi l’accusatore, e l’assoluzione dell’accusato si risolve in una condanna, spesso non solo morale, dell’accusatore”. Come ricorda lo storico del diritto romano Aldo Schiavone (nel suo “Ponzio Pilato”, ed. Einaudi), il governatore della Giudea doveva essere al corrente della decisione e delle conseguenti azioni deliberate dal Sinedrio riguardo Gesù: eppure, fin da subito, egli dimostrò di voler essere giudice vero (“giusto”, per l’appunto) e non membro passivo di un regolamento di conti interno alle fazioni giudaiche. Tutto il resoconto evangelico del confronto tra Pilato e Gesù – iniziato come un interrogatorio e presto evoluto in un dialogo sui più alti sistemi – ci dà testimonianza dell’attività di ricerca di verità scrupolosamente posta in essere dal primo, fin dalla formulazione dubitativa del capo di imputazione mosso nei confronti di Gesù: “sei tu il re dei Giudei?”. Ascoltando Cristo che gli chiarisce che la regalità di cui egli è espressione non è quella secolare e mondana cui un romano sarebbe naturalmente portato a pensare, ma è di “un altro mondo”, Pilato si convince dell’innocenza dell’imputato. Il mistero del processo, direbbe ancora Satta, si è compiuto: “il processo, una volta istituito, vive di vita propria, o almeno tende a vivere, e si ritorce come una serpe contro colui che l’ha allevato”"
.

Ancora oggi, il caso di Ponzio Pilato è eclatante.
Spesso, egli è rappresentato come il "meno colpevole" della morte di Gesù Cristo, scaricando la maggior parte della colpa sui Giudei.
In realtà, Pilato commise un peccato non meno grave di quello che commisero quei sacerdoti giudei che vollero la morte di Gesù (e non il popolo ebraico nel suo complesso) perché egli decise di assolvere sé stesso, mandando in croce un innocente.
Nella sua "Divina Commedia", il poeta Dante Alighieri mise Pilato tra gli ignavi.
Gli ignavi sono coloro che, per salvare sé stessi, preferiscono fare andare altri incontro al male.
Pilato fece una cosa grave, per l'assenza di valori che ebbe.
Egli dimostrò solo di essere un uomo pavido e cinico, un uomo pronto a mandare a morte una persona innocente pur di salvare la sua poltrona.
La vicenda di Pilato è attuale.
Penso a coloro che rivestono posizioni di responsabilità e che (pur di salvare certi loro interessi) sono disposti a fare sì che altri subiscano un danno.
Penso anche a coloro che si girano dall'altra parte di fronte ad un'ingiustizia subita da una persona.
Questo non è un modo corretto di rapportarsi con gli altri.
Infatti, da un'ingiustizia nasce un'altra ingiustizia, la quale può essere più grave della prima. 
Nella vita si deve prendere posizione, per evitare di diventare complici quando qualcuno fa ingiustizia ad un'altra persona. 
La vicenda di Pilato ci deve ricordare questo.




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