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martedì 9 aprile 2019

Libia, l'Italia si è condannata all'impotenza

Su "Atlantico Quotidiano", vi è un articolo di Federico Punzi che è intitolato "Le forze che si contendono il futuro della Libia e come l’Italia si è condannata all’impotenza".
Ne riporto questo stralcio:

"In Libia si scontrano su fronti opposti diversi attori del mondo islamico mediorientale. Da una parte Turchia e Qatar, principali sostenitori dei Fratelli musulmani e interessati dunque a massimizzare la loro influenza nella coalizione che sostiene al Sarraj e nel processo politico. Dall’altra, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, principali sponsor di Haftar.

Per l’egiziano al Sisi sostenere il generale della Cirenaica è una scelta obbligata, necessaria per evitare che nel futuro della Libia ci sia spazio per i Fratelli musulmani. Una questione di sicurezza nazionale per il Cairo, che non può permettersi al confine occidentale una Libia governata dagli integralisti islamici messi al bando in Egitto, che hanno già dimostrato la loro abilità nel cavalcare i processi elettorali per conquistare il potere. Ma al tempo stesso, c’è gelosia tra gli stessi sponsor di Haftar: il Cairo e Riad sono accomunati dall’opposizione ai Fratelli musulmani, ma rivali nel cercare di condurre le danze e, quindi, nel contendersi un rapporto privilegiato con il generale, a sua volta abile nel farsi corteggiare a seconda delle sue convenienze del momento.

La Russia vede nella Libia una ghiotta opportunità per piantare la sua bandiera su un altro Paese, dopo la Siria, che si affaccia sul Mediterraneo, ma ancora più a occidente e vicino all’Europa. Aggressione all’Ucraina, intesa con la Turchia di Erdogan, Siria e ora Libia: una manovra avvolgente. Il vice ministro degli esteri Bogdanov ha confermato, nel corso di una telefonata con il generale Haftar, il sostegno di Mosca a una “soluzione politica”. Chiarissimo quale sia per la Russia “la” soluzione politica.

La Francia cerca non da oggi di sostituire la sua influenza a quella italiana, diventando quindi il dominus europeo in tutto il Nord Africa. Sulla Libia “Italia e Francia sono sulla stessa linea”, ha assicurato sabato scorso il ministro degli esteri francese Le Drian. Sarà… però registriamo che al Sarraj ha fatto convocare l’ambasciatore francese in Libia, Béatrice du Hellen, per protestare ufficialmente per il sostegno di Parigi ad Haftar. Se Francia e Italia sono “sulla stessa linea”, perché non è stato convocato anche l’ambasciatore italiano?

Insomma, la situazione in Libia non si può leggere se non attraverso la rivalità tra le due monarchie del Golfo, gli al Thani e i Saud, e gli interessi di Egitto, Russia e Francia. Impensabile immaginare che Haftar abbia avviato la sua offensiva senza ricevere luce verde da Riad e Abu Dhabi, dal Cairo, da Mosca, ma anche un assenso chissà quanto tacito di Parigi.

Riscostruire la cronologia degli incontri delle ultime settimane ci aiuta a intravederne le mosse. Il 28 febbraio, ad Abu Dhabi, l’incontro concluso da una stretta di mano tra al Sarraj e Haftar, a sancire l’intesa su elezioni entro fine anno. Sembra la svolta, ma il vertice non dev’essere andato così bene. Il 10 marzo al Sarraj vola a Doha da al Thani e il 20 ad Ankara da Erdogan. Il 27-28 marzo Haftar incontra a Riad prima re Salman poi il delfino Mohammed Bin Salman, ricevendo probabilmente luce verde e la garanzia delle risorse necessarie per l’attacco finale a Tripoli. Sabato scorso il ministro degli esteri russo Lavrov si trovava al Cairo, a colloquio con l’omologo egiziano Shoukry, un incontro che aveva tutta l’aria di un punto sull’offensiva appena lanciata. Pochi giorni prima, altri meeting molto significativi: egiziani ed emiratini a Parigi, poi l’incontro tra diplomatici nell’ambasciata libica di Roma, in cui c’erano praticamente tutti, anche americani e francesi, tranne l’Italia.

Già, e l’Italia? Sembra non riuscire più a toccare palla in Libia, isolata e paralizzata. Eni ha dovuto evacuare il suo personale. Improbabile però che l’offensiva di Haftar abbia colto di sorpresa il governo italiano. I segnali, sia sul terreno che diplomatici come visto, non sono mancati e non saranno sfuggiti alla nostra intelligence. Il problema, però, è che siamo rimasti privi di risorse politiche, di carte da giocare, di numeri di telefono da chiamare. Come ricorderete, nel luglio scorso il premier Conte era tornato da Washington con la promessa di una “regia comune” Italia-Usa sulla Libia. Che fine ha fatto? Ci ha dato l’impulso per organizzare la conferenza di Palermo, ma da allora molte cose sono successe. Il Venezuela, gli F-35, ma soprattutto la nostra adesione alla nuova Via della Seta. Solo una coincidenza temporale, se a pochi giorni dalla firma del MoU con Pechino, il 23 marzo, ci troviamo con Haftar alle porte di Tripoli? Solo da Washington sarebbe potuto arrivare un alt a Riad, ma come potevamo pensare di chiedere e ottenere aiuto dall’alleato che avevamo appena tradito?

La sensazione è che proprio in quei giorni sia venuto meno il freno Usa ad Haftar, che gli americani si siano scansati, lasciando campo libero a sauditi e francesi. Anche fisicamente: il Centro di comando Usa per l’Africa ha evacuato nelle scorse ore il suo personale da Palm City, a ovest di Tripoli, per il deteriorarsi delle condizioni della sicurezza sul terreno
.".

Il caso della Libia è l'ultimo di una serie di errori della politica estera del nostro Paese che non sono stati commessi dall'attuale Governo ma anche da quelli precedenti.
Già con i Governi presieduti da Mario Monti, da Enrico Letta e da Matteo Renzi ci sono stati degli errori che hanno portato l'Italia ad essere irrilevante.
Ricordate il caso dei marò rimasti prigionieri in India?
Quando sta accadendo ora altro non è che il prosieguo di quanto accaduto in passato.
In questo caso, però, il Governo del nostro Paese ha anche un problema nuovo: l'immobilismo.
Questo immobilismo è dovuto al fatto che le due forze politiche più importanti che lo sostengono, il Movimento 5 Stelle e la Lega, siano molto diverse.
Per esempio, riguardo al caso del Venezuela, il Movimento 5 Stelle sostiene Nicolas Maduro e la Lega gli è contro.
Questo ha portato il Governo a non decidere.
Lo stesso dicasi per l'astensione all'ONU riguardo alla mozione contro Israele.
Infatti, il Movimento 5 Stelle è ostile al lo Stato ebraico e la Lega gli è favorevole.
Dunque, anche riguardo alla Libia, il Governo del nostro Paese rischia di non potere fare molto.
Di certo, gli interessi del nostro Paese in Libia sono stati compromessi dalla guerra a Gheddafi del 2011.
L'Italia è stata spinta a partecipare ad essa, contribuendo alla caduta di Gheddafi, con il quale in precedenza era stata trovata un'intesa.
Eliminato Gheddafi (che era un dittatore ma che nel contempo era anche un elemento di stabilità in un Paese organizzato in un sistema tribale) la Libia si è spaccata tra la Tripolitania e la Cirenaica.
L'Italia, che con la Libia ha avuto un rapporto storico,  ha perso ogni potere d'influenza sull'area.
Ora, il premier Giuseppe Conte ha detto di avere trovato un'intesa con il presidente USA Donald Trump riguardo al caso della Libia.
Tuttavia, le "non prese di posizione" in merito al Venezuela e ad Israele e l'accordo sulla "Via della Seta" con la Cina hanno fatto incrinare la fiducia del presidente Trump sull'Italia.
Questo complica le cose.
Così, il nostro Paese rischia di non avere più credibilità nel mondo.



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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".