Attraverso Facebook, il mio collaboratore Angelo Fazio (presa dalla pagina "Il comunismo ha causato più morti delle due guerre mondiali") mi ha portato all'attenzione questo testo:
"E' una decina d’anni che la Dundovich fruga negli archivi russi alla ricerca di documenti sulla sorte dei nostri emigrati; il risultato è una ricostruzione impressionante della storia dei circa 1.020 italiani (su 4.000 allora residenti nel paese) in diverse misure raggiunti dalla repressione comunista. Almeno 110 furono fucilati e 140 finirono nel Gulag. Oltre la metà vennero deportati durante la guerra perché, anche se da tempo cittadini sovietici, provenivano da un paese nemico.
Molti che avevano fatto piccole fortune come agricoltori li avevano preceduti negli anni Trenta, durante l’epurazione dei kulaki. Ma le cifre dicono poco; dietro ogni numero c’è una storia. Antonio Pirz, emigrato prima negli Stati Uniti, era poi approdato in Crimea "incantato dal fascino del mito dell’Urss e delle conquiste del bolscevismo". Angela Juren, Natale Premoli, Giuseppe Venini avevano conosciuto le galere fasciste. Civalleri e Manservigi erano stati fra i protagonisti dell’occupazione delle fabbriche a Torino nel 1920. Canzi, Della Blada e Garzera erano semplici operai, mandati a Mosca dalla loro azienda, nel quadro di uno dei tanti accordi tra comunisti sovietici e fascisti italiani. I pochi sopravvissuti non hanno trovato orecchie disposte ad ascoltare le loro storie; e non pochi fra loro hanno preferito tacere, per non essere ulteriormente perseguitati in patria.
Qualcuno si ostina a credere che sia stata tutta colpa di Stalin, "i comunisti italiani furono diversi" (Paolo Mieli, Corriere della Sera, 2 ottobre 2003). "Carnefici e vittime. I crimini del Pci in Unione Sovietica" (Mondadori), ultima fatica di Giancarlo Lehner e Francesco Bigazzi – altri due storici che da tempo hanno dedicato le loro ricerche all’argomento – spazza ogni dubbio. Il Partito comunista d’Italia fu complice consapevole dei crimini staliniani.
Paolo Robotti, cognato di Togliatti, presidente del circolo degli emigrati italiani in Urss, rivendicò orgogliosamente davanti all’inquisitore – quando fu il suo turno di cadere in disgrazia – la propria attività delatoria: "Nel corso del mio lavoro, come capo del circolo degli emigrati politici, smascherai spesso dei trotzkisti e le loro conversazioni controrivoluzionarie-trotz
Calunnie controrivoluzionarie? Anche Einaudi, baluardo dell’ortodossia, sembra arrendersi all’evidenza. Ha pubblicato nientemeno che la Storia del Gulag di Oleg Chlevnjuk. Il primo studio che racconta l’universo concentrazionario sovietico non dalla parte delle vittime ma da quella degli aguzzini, basandosi sui documenti ufficiali del regime. Sono gli archivi ufficiali che censiscono, nel solo biennio 1937-38, 1,6 milioni di arrestati. E' da lì che escono le osservazioni del terribile procuratore capo Vishinskij: chiede la condanna di funzionari che "nei loro uffici uccidevano con la violenza fisica quelli che si ostinavano a non firmare i verbali preparati in anticipo. A un imputato ruppero il naso con un uncino di ferro e cavarono gli occhi, due cittadini furono uccisi a colpi di martello sulla testa.". Sono sempre i faldoni del Cremlino a restituire l’imperturbabile replica di Stalin: "Si sa che tutti i servizi segreti borghesi ricorrono alle pressioni fisiche nei confronti dei rappresentanti del proletariato socialista, e per giunta vi ricorrono nelle forme più atroci. Ci si domanda perché i servizi segreti socialisti debbano essere più umani rispetto agli spietati agenti della borghesia, ai nemici giurati della classe operaia e dei kholkoziani. Il CC ritiene che il metodo della pressione fisica debba essere assolutamente adottato anche in futuro. In quanto metodo giusto e opportuno" (telegramma, gennaio 1939).".
Ringrazio Angelo.
Questa storia mi tocca sul lato familiare e personale.
Tanti anni fa, un professore della Scuola Media che frequentavo (quella di Roncoferraro, Mantova) mi aveva avvicinato alla politica.
Lui era di sinistra.
Forse, voleva fare quello che Massimo D'Alema voleva fare a Raffaele Fitto, ossia fare di me una nuova leva della sinistra.
Per dovere di cronaca, oggi io ho trentatré anni e quando andavo alle Scuole Medie erano gli anni '90.
Sappiamo tutti come andò la storia, tanto per me quanto per Fitto.
Io mi avvicinai alla politica ma divenni quello che sono oggi: un anticomunista convinto.
Mi ricordo che dei ragazzi russi vennero nella mia scuola ed io, invitato da quel professore, avevo partecipato all'incontro.
Forse, quel professore non sapeva che quell'incontro avrebbe contribuito a farmi diventare di destra.
Vidi nei gesti e negli sguardi di quei ragazzi russi il significato della parola "libertà".
Loro avevano patito le brutture del comunismo.
Tra l'altro, a quell'incontro partecipò anche una professoressa, la professoressa Giuliana Polettini (che fu anche consigliera comunale qui a Roncoferraro) e che con suo marito, il professore Rodolfo Ferro, mi avevano "iniziato" alla destra, invitandomi alla cena organizzata dalla sezione mantovana di Alleanza Nazionale.
Il resto è storia attuale.
Torniamo alla questione degli italiani uccisi in Russia.
Questa storia mi tocca anche sul piano familiare.
Infatti, un fratello di mia nonna (la mamma di mia madre) venne mandato in Russia (durante la II Guerra Mondiale) e rimase disperso.
Con ogni probabilità, egli fu catturato ed ucciso dai bolscevichi.
Anche questo è uno dei motivi della mia ostilità nei confronti dell'ideologia dei comunisti.
E' giusto che si parli dei crimini perpetrati dai nazisti.
La Shoah ci fu.
Però, è giusto che si parli anche dei crimini perpetrati dai comunisti.
Il comunismo non fu meno laido e criminale del nazismo.
Si deve parlare delle foibe, come della strage di polacchi nella Foresta di Katin, come degli italiani catturati e spediti nei gulag dell'Unione Sovietica.
Le giovani generazioni devono sapere e conoscere la verità.
Cordiali saluti.
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