Leggete questa nota dell'amico Filippo Giorgianni:
"Joseph de Maistre, Considerazioni sulla Francia:
«Ora, nel mondo non esiste l’uomo; lungo la mia vita ho visto Francesi, Italiani, Russi, etc.; grazie a Montesquieu, so perfino che si può essere Persiani; ma quanto all’uomo, dichiaro di non averlo mai incontrato nella mia vita; se esiste, è a mia insaputa.»
Alain Finkielkraut, L’ingratitudine. Conversazione sul nostro tempo con Antoine Robitaille:
«Andando in senso contrario all’orgogliosa ragione dei Lumi, la saggezza conservatrice dà credito ai morti […]. All’uomo in generale, il conservatore contrappone singole tradizioni. […] All’individuo chimerico, la realtà effettiva dell’essere sociale […]. Circa centocinquant’anni più tardi Hannah Arendt riprende la disputa. E la sua meditazione sul disastro totalitario la conduce, contro ogni aspettativa, a prendere le parti della conservazione. Il XVIII secolo – dice – ha proclamato i diritti dell’uomo, ma è nel XX secolo che l’uomo ha fatto la sua effettiva comparsa sulla scena della Storia. Non si può più dire, oggi, con Joseph de Maistre: “Ho visto durante la mia vita dei Francesi, degli Italiani, dei Russi, ecc. So anche, grazie a Montesquieu, che si può essere Persiani. Ma quanto all’uomo, dichiaro di non averlo mai incontrato in vita mia. Se esiste, esiste a mia insaputa”. Noi sappiamo, ed è un doloroso sapere, che si può essere uomini, uomini e basta. L’uomo nudo, l’uomo senza determinazioni, l’uomo libero da ogni genere di vincolo ed estraneo a ogni comunità, l’uomo abitato unicamente da se stesso e identificabile esclusivamente con la sua umanità, quest’uomo, dunque, non è una chimera metafisica o una visione dello spirito. Facendo dell’esule la sua figura distintiva, il nostro tempo si è anche ingegnato a produrlo in milioni di esemplari. Dunque l’uomo esiste punto e basta, ma la mera appartenenza alla specie è la peggior prova che ci sia: l’essere umano ridotto a ciò che è perde, al tempo stesso, la possibilità di esistere sulla terra in modo umano e le caratteristiche che permettono agli altri di trattarlo come loro simile. L’uomo che non è altro che un uomo non è più un uomo: l’argomentazione contrapposta da Edmund Burke al pensiero illuministico ha ricevuto, nei tempi bui, “la conferma ironica, amara e tardiva dell’esperienza”. […] Singolare forse, ma imposto dall’evidenza delle cose. Dallo sradicamento degli apolidi all’internamento nei campi di concentramento, la negazione dell’umano ha preso la forma della desolazione, ovvero della “privazione di suolo”, dell’esperienza radicale e disperata di una assoluta non-appartenenza al mondo. Alla libertà occorre un mondo. E non è in un posto qualunque, in un modo qualunque, ma nel seno di un popolo, di un certo ambiente vitale, all’interno di una comunità politica, che l’uomo può vivere in quanto uomo fra gli uomini, ovvero “esprimere delle opinioni significanti e condurre azioni efficaci”. Ecco cosa ci insegna, a contrario, un secolo devastato dalla volontà totalitaria di dissolvere il mondo umano nel progresso della Storia. […] Sotto il regno dell’Uomo, gli uomini finiscono per essere tutti superflui. […] Ma, sopra uno dei muri del Maggio, proprio vicino all’Odéon, si poteva leggere anche questa frase: “Professori, voi ci fate diventare vecchi!”. Eccolo, il colpo di grazia di cui si parlava poco fa: una simile accusa trasforma in crimine contro la vita l’arte di ereditare, evocata da Hölderlin, e descritta con grande precisione da Hannah Arendt in un articolo sulla crisi dell’educazione apparso esattamente dieci anni prima dei fatti di Maggio: “È proprio per preservare ciò che c’è di nuovo […] in ogni bambino che l’educazione dev’essere conservatrice”. Il bambino, in altre parole, non è solo un essere umano in divenire, è anche un nuovo arrivato sulla terra. Se è necessario, senza alcun dubbio, aiutare le nuove vite a crescere, a maturare, a sbrigarsela nella vita, la prima missione della scuola è l’introduzione del nuovo arrivato in un mondo più vecchio di lui. La disciplina scolastica tira fuori gli allievi dalla bolla del contemporaneo: il neofita deve diventare un erede perché prenda corpo la sua capacità di innovazione. La trasmissione è necessaria alla libertà.»
Frédéric Le Play, Textes choisis:
«La condizione del barbaro è la condizione della società, che non è automaticamente votata né al progresso, né al decadimento, ma che, vivendo della vita che a essa trasmettono i suoi membri, predispone i termini della propria “conferma nella civiltà” attraverso gli strumenti di educazione e di istruzione che impediscono ai piccoli barbari, che a ogni generazione l’assalgono, di degenerare in selvaggi.»
Nicolás Gómez Dávila, Tra poche parole:
«Il culto dell’umanità si celebra con sacrifici umani.»".
Il totalitarismo propone un uomo astratto, un "uomo innaturale".
Prendiamo l'esempio del nazismo.
Il nazismo proponeva un uomo con certe caratteristiche fisiche (biondo, alto e con gli occhi chiari), con una certa lingua (quella tedesca) e con un certo pensiero che lo vedeva superiore agli altri.
Un altro esempio è il comunismo.
Il comunismo proponeva un uomo che rifiutava la religione ed i valori tradizionali, come la famiglia.
In pratica, l'uomo comunista era, di fatto, una macchina che doveva eseguire quello che diceva il suo partito e fare dei suoi dettami veri e propri dogmi.
Ove queste idee si affermavano valeva un principio:
Lo Stato veniva prima di tutto e di tutti ed il dissenso, come tale, veniva visto come pericoloso per la società. Chi faceva dissenso doveva essere eliminato fisicamente o, qualora non si fosse riusciti in ciò, lo si doveva "rieducare", ghettizzandolo, imprigionandolo nei capi di "rieducazione" (come il gulag sovietico), screditandone le persona e negandone la dignità e l'appartenenza al consorzio umano.
Nel pensiero totalitario l'uomo è un numero o un mero escutore dei dettami del partito che esprime tale pensiero.
Ancora, se pur velatamente, esistono queste idee.
Ad esempio, qui in Italia vi è stata (e vi è tuttora) una scuola ed un università ideologizzate, in cui certi gruppi puntano a fare esattamente quello che fecero i partiti totalitari del XX secolo, delegittimando chi non la pensa come loro.
Lo stesso discorso vale per il mondo del lavoro. Ad esempio, in certe fabbriche, se un operaio non ha la tessera del sindacato e non fa quello che esso dice viene visto come "nemico della comunità".
Lo stesso avviene anche in altri ambiti della vita sociale.
Chi la pensa in modo diverso rispetto a certi gruppi viene isolato e talvolta insultato ed intimidito.
Perché ci sia una società migliore, certe idee devono essere sradicate dalle menti umane.
L'uomo vero è molto di più di quello che certe idee perverse vogliono plasmare.
Cordiali saluti.
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