Cari amici ed amiche.
Leggete questo testo:
"Al presidente del Parlamento europeo
Al presidente della Commissione europea
Al presidente del Consiglio dei ministri dell’Unione europea
Al Segretario generale dell’Onu
Al Segretario generale del Consiglio d’Europa
PETIZIONE
Noi sottoscritti cittadini europei, in virtù dell'articolo 227 del
trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e gli articoli 201
(Diritto di petizione), 202 (Esame delle petizioni) e 203 (Pubblicità
delle petizioni), del regolamento di procedura del Parlamento europeo,
presentano alla Commissione per le Petizioni la presente Petizione
Collettiva, designando quale loro rappresentante, ai sensi dell’art.
201, 3.del regolamento il sig.avv. Antonio Galantino.
Premesso che
1. Il d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, recante Testo unico delle
disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire
cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di
condanna per delitti non colposi, a norma dell’art. 1, comma 63, della
legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. “Decreto Severino”), adottato in
attuazione della l. 6 novembre 2012, n. 190, recante Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione, contiene nuove norme in materia di
incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di
deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle
elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali;
2. L’art. 1 del Decreto Severino prevede la nuova fattispecie della
“incandidabilità” come effetto automatico che si produce ex lege nei
confronti di tre categorie di condannati, ovvero: a) coloro che hanno
riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione
per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 51, commi
3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale (ovvero,
rispettivamente, delitti di stampo mafioso e con finalità di
terrorismo); b) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene
superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati,
previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale (ovvero
delitti contro la pubblica amministrazione); c) coloro che hanno
riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione,
per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista
la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;
3. L’art. 3 del Decreto Severino prevede che, qualora una causa di
incandidabilità di cui all’art. 1 sopravvenga o comunque sia accertata
nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza “delibera ai
sensi dell’art. 66 della Costituzione” e che, a tal fine, le sentenze
definitive di condanna di cui all’art. 1, emesse nei confronti di
deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura
del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’art. 665 c.p.p.,
alla Camera di rispettiva appartenenza;
4. L’art. 4 del Decreto Severino stabilisce, inoltre, che non possono
essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro
del Parlamento europeo spettante all’Italia coloro che si trovano nelle
condizioni di incandidabilità stabilite dall’art. 1. L’art. 5 dello
stesso Decreto prevede che l’accertamento della condizioni di
incandidabilità alle elezioni dei membri del Parlamento europeo
spettanti all’Italia comporta la cancellazione dalla lista dei candidati
(comma 1) e che qualora la condizione di incandidabilità sopravvenga o
sia accertata in epoca successiva alla data di proclamazione, la
condizione stessa viene rilevata dall’ufficio elettorale nazionale, ai
fini della relativa deliberazione di decadenza dalla carica, che deve
essere comunicata immediatamente alla segreteria del Parlamento europeo
(comma 5);
5. L’art. 11 del Decreto prevede che l’incandidabilità alla carica di
deputato, senatore e membro del Parlamento europeo spettante
all’Italia, derivante da sentenza definitiva di condanna per i delitti
indicati all’art. 1, decorra dalla data del passaggio in giudicato della
sentenza stessa ed abbia effetto per un periodo corrispondente al
doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea
dai pubblici uffici comminata dal giudice penale, ma in ogni caso non
inferiore a sei anni;
6. L’art. 6 della Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre
1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di
eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini
dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini,
stabilisce che ogni cittadino dell’Unione che risiede in uno Stato
membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione
individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di
eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro d’origine è escluso
dall’esercizio di tale diritto nello Stato membro di residenza in
occasione delle elezioni al Parlamento europeo;
7. Le autorità giudiziarie italiane e la Giunta delle elezioni e delle
immunità del Senato della Repubblica italiana ritengono che le
disposizioni del Decreto Severino debbano applicarsi anche le condanne
di cui all’art. 1 relative a reati commessi anteriormente alla data di
entrata in vigore dello stesso Decreto (5 gennaio 2013). In particolare,
con riferimento alla posizione dell’On. Silvio Berlusconi, il quale
ricopre attualmente la carica di senatore presso il Senato della
Repubblica, la Giunta ha approvato in data 4 ottobre 2013 la proposta di
decadenza dell’interessato per sopravvenuta incandidabilità a seguito
di sentenza definitiva, resa in data 1-29 agosto 2013, per un reato che
si sarebbe consumato nel 2004;
8. Per effetto dell’applicazione retroattiva delle nuove norme in
tema di incandidabilità e decadenza dal mandato parlamentare, chiunque
sia condannato in Italia per fatti commessi anteriormente all’entrata in
vigore di tali disposizioni si vedrebbe oggi colpito dalla sanzione
dell’incandidabilità per un periodo minimo di sei anni e dalla
conseguente decadenza dalla carica di parlamentare nazionale o europeo
eventualmente già acquisita per effetto di regolari consultazioni
elettorali;
si rappresenta che
1. Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Trattato sull’Unione europea
(TUE), così come modificato dal Trattato di Lisbona in vigore dal 1°
dicembre 2009, l’Unione “riconosce i diritti, le libertà e i principi
sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7
dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo
stesso valore giuridico dei trattati”. Inoltre, ai sensi del comma 3 del
medesimo articolo, “[i] diritti fondamentali, garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto
principi generali”;
2. Ai sensi dell’art. 20, comma 2, lett. b), TFUE, i cittadini
dell’Unione europea hanno “il diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato
membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto
Stato”, da esercitarsi “secondo le condizioni e i limiti definiti dai
trattati e dalle misure adottate in applicazione degli stessi”. L’art.
22 TFUE stabilisce, invece, che fatte salve le disposizioni di cui
all’art. 223, comma 1, e le disposizioni adottate in applicazione di
quest’ultimo, “ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro
di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle
stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”;
3. L’art. 223, comma 1, TFUE prevede che il Parlamento europeo
“elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per
permettere l’elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto,
secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo
principi comuni a tutti gli Stati membri”;
4. Dal canto suo, l’art. 39 della Carta dei diritti fondamentali
stabilisce che “[o]gni cittadino dell’Unione europea ha il diritto di
voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato
membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto
Stato”. L’art. 49, comma 1, della Carta stabilisce che nessuno può
essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è
stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il
diritto internazionale e, soprattutto, che “non può essere inflitta una
pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato
commesso”. L’art. 49, comma 3, della Carta, stabilisce inoltre che le
pene inflitte “non devono essere sproporzionate rispetto al reato”.
Infine, l’art. 21 della Carta sancisce che è vietata qualsiasi
discriminazione. Tali garanzie corrispondono in larga misura a quelle
previste dagli artt. 7 e 14 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
nonché dall’art. 3 del Protocollo n. 1 alla CEDU;
5. Allo stato attuale non esiste una disciplina europea uniforme in
materia di cause di ineleggibilità e/o incandidabilità al Parlamento
europeo, sicché ogni Stato è libero di provvedere al riguardo con il
solo limite costituito dal requisito della cittadinanza di uno Stato
membro dell’Unione europea. Di conseguenza, ove si verifichi una causa
di ineleggibilità/incandidabilità che, in base alla legislazione
nazionale, comporti la decadenza dal seggio di parlamentare europeo, il
Parlamento europeo si dovrebbe limitare a “prendere atto” delle
decisioni assunte al riguardo dalle competenti autorità nazionali;
6. E’ evidente che l’applicazione retroattiva delle nuove
disposizioni in tema di incandidabilità e decadenza introdotte dal
citato d.lgs. n. 235/2012 in relazione a condanne per reati commessi
anteriormente alla loro entrata in vigore non è compatibile con il
rispetto del principio di irretroattività delle sanzioni penali, del
diritto di elettorato passivo e del divieto di discriminazione, quali
sono garantiti dagli artt. 21, 39 e 49 della Carta, nonché dai principi
generali del diritto dell’Unione europea quali risultano dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri;
7. In particolare, per quanto riguarda il divieto di applicazione
retroattiva delle sanzioni penali più gravi di quelle previste al
momento della commissione del fatto, tale divieto deve ritenersi
pienamente operante in relazione all’incandidabilità prevista dal
Decreto Severino (ed alla conseguente declaratoria di decadenza dal
mandato parlamentare nel caso di sopravvenuta incandidabilità), giacché
tale misura costituisce senza dubbio una “sanzione” avente natura
“penale” in ragione del modo in cui essa è disciplinata dal diritto
interno, della sua natura e della sua gravità;
8. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha già
avuto modo di affermare la natura sanzionatoria penale
dell’incandidabilità e della decadenza dal mandato parlamentare previste
dal diritto interno, ritenendo applicabili le garanzie in materia
penale sancite dalla CEDU (cfr., ad esempio, Matyjek c. Polonia,
decisione del 30 maggio 2006, ricorso n. 38184/03, §§ 55-56);
9. La stessa Corte di appello di Milano ha recentemente riconosciuto e
confermato la natura sanzionatoria dell’incandidabilità regolata dal
Decreto Severino (cfr. sentenza 29 ottobre 2013, n. 6405/13), ma non ha
ritenuto di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale
delle relative disposizioni né la questione pregiudiziale dinanzi alla
Corte di giustizia dell’Unione europea per contrasto con il divieto di
retroattività;
10. Le misure limitative del diritto di elettorato passivo e del
diritto del corpo elettorale al rispetto delle proprie scelte
conseguenti all’applicazione del Decreto Severino risultano, inoltre,
palesemente discriminatorie, in quanto, per un verso, comportano un
trattamento meno favorevole di alcuni soggetti rispetto a quello
applicabile ad altri soggetti che versano in condizioni analoghe e, per
altro verso, riservano a tali soggetti un trattamento uguale a quello
previsto per altri soggetti che versano in condizioni significativamente
diverse;
11. In particolare, l’incandidabilità alla carica di membro del
Parlamento europeo, sancita dall’art. 4 del d.lgs. n. 235/2012, non
opera uniformemente nei confronti di tutti i titolari del diritto di
elettorato passivo, secondo quanto stabilito dagli artt. 22 e 23 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e dall’art. 39
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, atteso che le
cause di incandidabilità ivi previste non possono trovare applicazione
per coloro che (siano essi cittadini italiani o cittadini di altri Stati
membri dell’Unione europea residenti in Italia) abbiano riportato
all’estero condanne definitive per reati analoghi o a pene superiori ai
due anni;
12. Inoltre, la durata dell’incandidabilità alla carica di membro del
Parlamento europeo è pari ad almeno sei anni, indipendentemente
dall’entità della pena irrogata dal giudice penale, sicché alcuni
soggetti si vedrebbero trattati – dal punto di vista delle restrizioni
dei diritti di elettorato passivo – allo stesso modo di altri soggetti
che hanno commesso reati e riportato sanzioni molto più gravi, senza che
ciò abbia alcuna giustificazione oggettiva e ragionevole;
***
Alla luce di quanto precede, e tenuto conto dell’approssimarsi delle
consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo, si
chiede che la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo
voglia, con urgenza,
a) avviare un’indagine sulla conformità delle disposizioni di cui al
d.lgs. n. 235/2012 con il diritto dell’Unione europea, e segnatamente
con le norme dei trattati e della Carta dei diritti fondamentali
relative al diritto di elettorato passivo al Parlamento europeo e al
divieto di retroattività delle sanzioni penali più gravi;
b) chiedere alla Commissione europea di avviare un’indagine preliminare;
c) effettuare un sopralluogo informativo in Italia ed elaborare una
relazione contenente le proprie osservazioni e raccomandazioni, da
sottoporre al Parlamento per la votazione;
d) compiere qualsiasi altra iniziativa giudicata opportuna per risolvere il problema segnalato nella presente petizione. " .
Questo è il testo della petizione che è stata fatta agli organi internazionali contro l'interpretazione arbitraria della "Legge Severino".
Per firmarla, seguite il link http://firmiamo.it/no-all-interpretazione-retroattiva-della-legge-severino.
La petizione è stata segnalata anche dal sito "ForzaSilvio.it".
La nostra Costituzione non prevede la retroattività di una legge ma prevede che un determinato reato possa essere sanzionato solo quando la legge con la sanziona è in vigore.
Questo principio è sacrosanto.
Se non fosse così, si potrebbe punire anche una persona che ha commesso parecchi anni prima.
Ciò sarebbe degno di regimi come quello comunista e quello nazista.
Invece, in democrazia i reati si puniscono quando le leggi che li sanzionano ci sono.
Il caso del presidente Berlusconi è eclatante.
Lui è stato punito per un reato che pare sia stato commesso prima dell'entrata in vigore della "Legge Severino" e che (tra l'altro) potrebbe non avere commesso.
Questo viola quel principio costituzionale di cui ho parlato e denota un palese pericolo per la democrazia in Italia.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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