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martedì 24 settembre 2019

La Piazza di Roma

Sulla pagina Facebook di "Ebrei, Israele e Shoah", ho trovato questo post molto interessante:
"PIAZZA.

Nel cuore di Roma, nel cuore del quartiere ebraico della Capitale, trovate quella che è conosciuta come Piazza Giudia, o più semplicemente, Piazza.

Proprio così, Piazza e basta.

Piazza era ed è tutt'oggi il centro della vita ebraica romana: lì ci si incontra, si passa il tempo, si ride... e si ricorda.
Piazza, che una volta era il ghetto ebraico. Ma non chiamatelo più in quel modo, per carità.

Gli ebrei romani, appartenenti alla Comunità ebraica più antica del mondo occidentale, sono persone gioviali e dalla mente aguzza.
Il loro modo di esprimersi, assolutamente singolare: è un susseguirsi di battute, allusioni, scherzi.
Il tutto nella loro lingua, il giudaico-romanesco, comprensibile solo agli addetti ai lavori.

Si fa quasi fatica a pensare che quel quartiere, dove la vita si respira a pieni polmoni, quel fazzoletto così ricco di storia, abbia subito secoli e secoli di umiliazioni.
Aggressioni, razzie, terrorismo. Persino le inondazioni del fiume Tevere.
Non è mancato nulla.

Sarà anche per questi tristi ricordi che molti negano di averci anche solo passeggiato.
Molti affermano di non sapere nemmeno dove si trovi.
Alcuni degli ebrei che hanno fatto fortuna, negano ogni rapporto con la Piazza.
Alcuni però, non tutti.

Chi ha potuto e voluto, se ne è allontanato andando a vivere in altri quartieri, smettendo di parlare il giudaico-romanesco ed assumendo comportamenti più "gentili", cioè Cristiani.

Gli altri però, tutti gli altri, potete trovarli in Piazza il venerdì pomeriggio, poco prima dell'entrata di Shabbat, o la domenica mattina, quando si incontrano di nuovo come fanno da secoli.

È un inno alla vita, quel piccolo spazio.
La vita delle donne, che scendono da casa con le loro sedie, e chiacchierano, decidono fidanzamenti, matrimoni, talvolta affari.

La vita degli uomini, che per anni sono usciti di casa coi loro carretti pieni di stracci, che il venditore ambulante era l'unico mestiere che era loro permesso di esercitare.
Quegli uomini che hanno visto i loro cenci trasformarsi in negozi in centro.
E questo non perché "gli ebrei sanno farci più degli altri negli affari" come si sente dire spesso.

È solo sudore e fatica e voglia di riscattarsi da umiliazioni e miseria.
Non dite mai, mai ad un ebreo " che ci sa fare"; educatamente vi sorriderà, ma poi vi volterà le spalle per sempre, perché lo avete umiliato.

E Piazza è stanca delle umiliazioni.
Quanti vi sono entrati col cuore colmo d'odio?

I Romani, che a Carnevale venivano a prendere gli ebrei e per il loro divertimento li facevano rotolare dal Gianicolo chiusi in delle botti.
Quelli che tornavano a casa, vi rientravano con le ossa rotte. Quelli che vi rientravano.

I nazisti, che in un sabato di Ottobre del 1943, portarono via 2091 nostri fratelli e sorelle.

I terroristi, che in un sabato del 1982 si presero la vita di un bimbo di due anni.

Che coincidenza. O forse no. Sempre di sabato, tutti di sabato. Il nostro giorno sacro.

Ma dopo ogni colpo, Piazza si è rialzata, più forte di prima, ed oggi eccola lì, quasi a gridare che ci è sempre stata e ci sarà sempre.
Visitatela, scopritela in ogni angolo, magari mentre mangiate un biscotto di Boccione, storica pasticceria del quartiere ebraico.

Credeteci, ne vale la pena.
Non appena si entra, si ha la sensazione di essere in un altro mondo. Si respira la calma, anche in mezzo alla confusione.

Forse perché oggi, Piazza, è un luogo di pace. In pace.

Buongiorno amici".

Se passassi per Roma, visiterei volentieri il ghetto e (da buongustaio quale mi ritengo essere) sarei ben felice di assaggiare la schiacciata di Boccione.
Il ghetto ebraico rappresenta un pezzo di storia romana da tutelare.
La stessa Comunità Ebraica di Roma merita rispetto.
La Comunità Ebraica di Roma è la più antica d'Italia e nei secoli diede un contributo alla storia della nostra capitale.
Infatti, se non ci fossero stati gli ebrei, a Roma non ci sarebbe neppure il Cristianesimo.
Dunque, la Comunità Ebraica di Roma fu anche veicolo del Cristianesimo, il quale, fino al 38 D.C., fu una branca dell'Ebraismo.
Come riporta anche il libro di Pinchas Lapide che è intitolato "La Bibbia tradita", noi cristiani riconosciamo come Messia un personaggio che proviene da un'altra religione.
Infatti, Gesù Cristo era un ebreo, un signore che seguiva la Torah e che andava in sinagoga.
Solo dal 38 D.C. in poi il Cristianesimo divenne una religione a sé.
Per la cronaca, consiglio a tutti di leggere il succitato libro, che mi è stato suggerito dalla mia carissima amica Silvia Morelli.
Il libro può essere trovato ed acquistato anche su Amazon.
Il ghetto di Roma fu il frutto di una sofferenza e di un senso della comunità.
Infatti, esso fu creato per volere di Papa Paolo IV (Gian Pietro Carafa, 28 giugno 1476-18 agosto 1559) che fu un uomo intollerante persino con i cattolici che non la pensavano come lui.
Mi viene in mente ciò che fece al cardinale Reginald Pole (3 marzo 1500-17 novembre 1558), il quale evitò di essere processato dall'Inquisizione solo perché fu protetto dalla regina Maria I d'Inghilterra (18 febbraio 1516-17 novembre 1558).
All'epoca, il cardinale era arcivescovo di Canterbury.
Il Papa lo accusò di eresia, poiché faceva parte del gruppo degli Spirituali, un gruppo fondato da Juan de Valdes (1505-prima del luglio 1541), il quale sostenne la necessità di riformare la Chiesa secondo l'influenza dei principi di Erasmo da Rotterdam e dell'Alumbradismo senza rompere con Roma.
Juan de Valdes era di origini ebraiche.
Diversamente da quello che fecero i suoi più tolleranti predecessori, come Papa Clemente VII e Papa Paolo III, Papa Paolo IV decise di rinchiudere gli ebrei nel ghetto e di revocare a loro tutti i loro diritti che furono concessi in passato.
Ad Ancona, città che in quel tempo fece parte dello Stato Pontificio, venticinque ebrei convertiti al cattolicesimo ma accusati di essere "marrani", furono bruciati vivi tra il marzo ed il giugno 1556
Eppure, la comunità di Roma sopravvisse.
Nonostante le inondazioni del Tevere, le pestilenze e le persecuzioni, la Comunità Ebraica di Roma sopravvisse.
Sopravvisse anche agli orrori dei nazisti, i quali fecero delle cose abominevoli.
Furono deportate nei campi di concentramento ben 1023 persone.
Solo dieci di queste tornarono a casa.
La Comunità Ebraica di Roma merita rispetto per sé stessa e per tutta la città.








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