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giovedì 24 gennaio 2013

Politica e banche? Un'accoppiata pericolosa!

Cari amici ed amiche.

Sul blog "Septem Custodie" ho trovato questo articolo scritto da Luca Venchi ed intitolato "I Banchi dei Peruzzi e dei Bardi":


"Stando a Carlo Maria Cipolla, noto storico dell’economia, tra il 1300 e il 1350 i Bardi e i Peruzzi erano due delle più importanti famiglie di banchieri fiorentini, che però passarono alla storia non tanto per la loro, (oserei dire) prodigiosa fortuna economica ma semmai per la loro altrettanto prodigiosa banca rotta senza precedenti.

Questa storia ha come protagoniste le famiglie dei Bardi, dei Peruzzi e la figura di re Edoardo III d’Inghilterra.


Piccolo preambolo:

Firenze era considerata allora la vera e propria (permettetemi il termine) “Banca Centrale Europea” e si sa per certo che la sola famiglia dei Bardi nel ‘300 poteva vantare il possesso di ben 25 banchi (filiali), in Italia e all’estero.
Presso questi banchi, si poteva cambiare monete straniere, ritirare note di credito (antenati dei nostri assegni), e ricevere prestiti (attività ancora mal vista dalla chiesa ma oramai tollerata).
Dopo che Edoardo I cacciò gli Ebrei dal paese nel 1290, la gestione del credito inglese finì in mano agli stranieri, cioè la Lega Anseatica e le ingorde mani italiane, per la maggior parte fiorentine e cioè quelle dei Bardi e dei Peruzzi.
Il 6 giugno del 1329 Edoardo III accetterà in un primo momento l’incoronamento di Filippo VI come nuovo re di Francia, con la speranza di riavere alcuni territori del ducato di Guienna (Aquitania) e mettere fine agli espropri terrieri a favore dei feudatari francesi contro i feudatari fedeli al re d’Inghilterra, che portavano gradualmente all’assottigliarsi dei possedimenti della corona inglese nel ducato.
Questa sua prima presa di posizione cambiò quando si accorse che le sue aspettative iniziali finirono per essere deluse e fu così che Edoardo III reclamò per se il trono di Francia dando origine alla Guerra dei Cent’anni.

I fatti:

Dopo aver chiesto una ingente somma di denaro ai Peruzzi che da registri dell’epoca risulta essere stata di 600.000 fiorini d’oro, il re Edoardo III chiese ai Bardi ben 900.000 fiorini d’oro e il tutto portando come garanzia solo la sua bella faccia ed elargendo ad entrambe le famiglie facoltose concessioni, come i diritti di sfruttamento di una miniera d’argento, il controllo doganale dei porti d’Inghilterra e la possibilità di riscuotere le tasse d’Irlanda.
In moneta inglese la cifra risultava di circa 125.000 sterline, un valore che all’epoca era considerato astronomico, da dire che i Bardi e i Peruzzi lavorassero poco cautamente, e che da oramai una trentina d’anni sempre sulla soglia della bancarotta oltre che di tornaconto con delle condizioni di pagamento a dir poco brutali, pretendendo di sequestrare le entrate della corona (NdA: cosa che in realtà ai giorni nostri non è cambiato poi di molto).
Alla loro poco delicatezza c’è poi d’aggiungere che le famiglie fiorentine si videro ben bene di computare con precisione i soldi già prestati e quelli che andassero ancora accreditati, in compenso furono piuttosto attenti a non calcolare i proventi e i più che fluenti guadagni ottenuti dalle mille concessioni e anticipi ottenuti dal re. Nel «The Medioeval Super-Companies: A Study of the Peruzzi Company of Florence» (London, Cambridge University Press), pubblicato nel 1994, Edwin Hunt dimostra che in realtà il debito si era ridotto di gran lunga arrivando a una cifra che andava dalle 15 alle 20 mila sterline.
Sta di fatto che i Peruzzi e i Bardi non sapessero (come in fondo nemmeno Edoardo III), che la guerra che stavano finanziando sarebbe passata alla storia con il triste nome di Guerra dei Cent’anni.

Finale:

La situazione assunse dei toni drammatici nel 1337, dato che Edoardo III si rese conto di essere rimasto invischiato in una guerra infinita, egli annunciò di non essere in grado di rimborsare i prestiti e dichiarò una “regale bancarotta”. Scacciò le due famiglie dal paese e dichiarò semplicemente: “Non pago nulla, sciò!” (non furono queste le sue parole ovviamente ma temo che non fossero poi tanto diverse da queste).
Ovviamente le due famiglie si ritrovarono in un grosso guaio, tutti i loro creditori cominciarono a domandarsi che fine avessero fatto i loro soldi e Firenze entrò nel caos.
I primi a cadere furono i Peruzzi nel 1343: dichiararono l’insolvenza e patteggiarono coi creditori dei rimborsi in percentuale che li portò alla rovina. I Bardi si ritrovarono nella stessa situazione nel giro di poco tempo. Molti operatori del settore furono travolti e si può dire che si trattò del crac di tutta Firenze.

Questa vicenda, che alcuni considerano la prima “crisi dei mutui” della storia, vide la morte sul rogo di due funzionari della Zecca e l’inizio di una depressione economica senza precedenti: i traffici commerciali di qualsiasi tipo furono distrutti e il mercato entrò in confusione.
Un cronista dell’epoca scrisse: “non si deve tacere il vero per chi ha a fare memoria di queste cose, per dare ad esempio a quelli che sono a venire di usare migliore guardia“.
E poi tanto per migliorare le cose arrivò la cosiddetta CRISI DEL ’300 famosa per i cattivi raccolti, le pestilenze, per l’imperversare delle guerre in ogni dove condotte da famelici mercenari senza scrupoli.
Insomma si perse quella stabilità economico-produttiva che permise di passare dai 40.000.000 di abitanti dell’anno 1000 ad addirittura gli 80.000.000 del 1300, un blocco che porterà ad un arretramento demografico e a un riordino sociale dal quale ci si risolleverà appena nel Rinascimento
.".

La storia dei banchieri del XVI secolo è nota.
Ad esempio, a Londra vi è una via che si chiama Lombard Street.
Il nome di questa via deriva dal fatto che in quell'epoca si fossero insediati dei commercianti e banchierli lombardi.
Ora, la storia dei Peruzzi e dei Bardi è nota.
Queste famiglie di banchieri fiorentini prestarono soldi in tutta Europa.
Tuttavia, esse caddero in rovina perché prestarono dei soldi a dei sovrani.
I Peruzzi finirono in bancarotta nel 1343 perché prestarono dei soldi al re d'Inghilterra re Edoardo III Plantageneto (1312-1377) e questi non li restituì.
I Bardi fecero la stessa fine due anni dopo, per avere prestato soldi allo stesso re.
Al re servivano molti investimenti, visto lo scoppio della "Guerra dei cent'anni" contro la Francia, una guerra scoppiata nel 1337 e finita nel 1453.
Ora, mi viene in mente di fare un paragone con quello che accade oggi e con il caso della Banca "Monte dei Paschi" di Siena.
Nel XVI secolo, la politica era forte, tanto che un re poteva svalutare la propria moneta e fare fallire una banca.
Quindi, tra finanza e politica ci fu un confine.
Oggi non è più così.
Vi porto alcuni dati interessanti sulla Banca "Monte dei Paschi" di Siena.
Essa è notoriamente legata al Partito Democratico, tanto che pare che tredici dei quindi membri del suo Consiglio di amministrazione siano legati a quel partito.
Leggete questo articolo de "Il Corriere della Sera" che è intitolato "Le dimissioni di Mussari dall’Abi Il Montepaschi e l’imbarazzo del Pd".
Sembra quasi che tra politica e finanza ci sia un vero e proprio intreccio.
A questo punto, c'è da chiedersi se sia la politica a controllare la finanza o la finanza a controllare la politica.
Ora, vi sono partiti che, attraverso le fondazioni, le cooperative, le banche ed altri enti, riescono a muovere i consensi e crearsi un potere.
Quindi, a questo punto, sembra che la politica controlli la finanza.
Però, va detto anche certa finanza può indebolire i governi.
Il caso del governo del presidente Berlusconi, che nel 2011 è caduto, è il paradigma di ciò.
In pratica, sono bastati lo spread alto tra Btp italiani e Bund tedeschi e la decisione delle banche tedesche di vendere i titoli di Stato italiani (insieme ad alcune concause interne) a costringere un governo eletto democraticamente a dimettersi.
Leggete l'articolo scritto su "L'Occidentale" ed intitolato "Quando le banche tedesche affossarono i Btp Italiani".
In pratica, dal XIV secolo ad oggi c'è stato un rovesciamento dei ruoli.
Nel XIV secolo, una banca poteva fallire per una scelta di un re.
Oggi, invece, uno Stato può fallire per decisione di una banca.
La politica si è accodata alla finanza e la finanza è strumento di certi partiti per prendere il potere.
Cordiali saluti.






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