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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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lunedì 14 gennaio 2013

Gli orrori del '68

Cari amici ed amiche.

Prendo questa frase del professor Rino Cammilleri (nella foto) che recita:

"Io, ex sessantottino, caddi sulla Via di Damasco alla fine del 1974".

La frase si trova nel libro dell'amica Irene Bertoglio "Intervista ai maestri". 
Di sicuro Cammilleri visse il '68 e perciò egli è più capace di spiegarlo di quanto non lo sia io.
Molti vedono il '68 come un periodo di riscossa civile delle classi più deboli.
La realtà di quegli anni fu differente. 
Nel '68 ci furono movimenti che puntarono a distruggere quei punti cardine della società.
Pensiamo, ad esempio, all'"amore libero".
In pratica, secondo il pensiero di certe lobbies,  il concetto di "amore libero" avrebbe dovuto sostituire quello della famiglia, che secondo il pensiero di Karl Marx e Friedrich Engels era una forma di schiavitù della donna.
Distrutta la famiglia, si sarebbe potuto distruggere ogni altro aspetto della società, dalla Chiesa allo Stato.
In pratica si sarebbe concretato il progetto di creare un regime tribale, un regime che fu prospettato da Plinio Correa de Oliveira nel suo libro "Rivoluzione e Controrivoluzione":

Capitolo 3
La IV Rivoluzione nascente
Il panorama presentato non sarebbe completo se trascurassimo una trasformazione interna alla III 
Rivoluzione: la IV Rivoluzione che da essa sta nascendo. 
Nascendo, precisamente, come un compimento matricida. Quando la II Rivoluzione nacque, portò a 
compimento (vedi parte I, cap. VI, 3), vinse e colpì a morte la prima. Lo stesso accadde quando, con 
un analogo processo, la III Rivoluzione derivò dalla seconda. Tutto indica che ora per la III 
Rivoluzione è giunto il momento, nello stesso tempo culminante e fatale, in cui essa genera la IV 
Rivoluzione e si espone al rischio di essere uccisa da questa. 
Nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione, vi sarà tempo perché il processo 
generatore della IV Rivoluzione si svolga completamente? Quest'ultima aprirà realmente una nuova 
tappa nella storia della Rivoluzione? O sarà semplicemente un fenomeno abortivo, che sorge e 
scompare senza grande influenza, nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione? Il 
maggiore o minore spazio da riservare alla IV Rivoluzione nascente, in queste note così rapide e 
sommarie, dipende dalla risposta a questa domanda. D'altronde, questa risposta la potrà dare in 
modo serio soltanto il futuro. 
Quanto è incerto, non va trattato come se avesse una importanza certa. Quindi, a questo punto, 
dedichiamo uno spazio molto limitato a ciò che sembra essere la IV Rivoluzione. 
1. La IV Rivoluzione "profetizzata" dagli autori della III Rivoluzione
Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto "ortodossi" quanto 
"eterodossi", hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario. 
Secondo loro, essa è soltanto l'aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E, 
nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l'evoluzione 
si svolgerà all'infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I 
Rivoluzione ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un'altra. E così via... 
E' impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima 
Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione 
l'hanno già fatta gli stessi marxisti.
Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui 
lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno 
stato di cose scientista e cooperativista, in cui -- dicono i comunisti -- l'uomo avrà raggiunto un 
grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile. 
2. IV Rivoluzione e tribalismo: una eventualità
Come? E' impossibile non chiedersi se la società tribale sognata dalle attuali correnti strutturaliste
non dia una risposta a questa domanda. Lo strutturalismo vede nella vita tribale una sintesi illusoria
tra l'apice della libertà individuale e del collettivismo accettato, in cui quest'ultimo finisce per 
divorare la libertà. In tale collettivismo, i diversi "io" o le persone singole, con il loro pensiero, la 
loro volontà e i loro modi di essere, caratteristici e contrastanti, si fondono e si dissolvono -- 
secondo loro -- nella personalità collettiva della tribù che genera un modo di pensare, un modo di 
volere e un modo di essere massivamente comuni. 
Ben inteso, la strada verso questo stato di cose deve passare attraverso la estinzione dei vecchi 
modelli di riflessione, volizione e sensibilità individuali, gradatamente sostituiti da forme di 
sensibilità, di pensiero e di deliberazione sempre più collettivi. Quindi la trasformazione deve 
avvenire soprattutto in questo campo. 
In che modo? Nelle tribù, la coesione tra i membri è assicurata soprattutto da un comune 
sentimento, da cui derivano abitudini comuni e un comune volere. In esse la ragione individuale 
rimane ridotta quasi a nulla, cioè ai primi e più elementari moti che il suo stato di atrofia le 
consente. "Pensiero selvaggio" (13), pensiero che non pensa e si volge soltanto al concreto. Questo 
è il prezzo della fusione collettivistica tribale. Lo stregone ha il compito di conservare questa vita
psichica collettiva, attraverso culti totemici carichi di "messaggi" confusi, ma "ricchi" di fuochi 
fatui o perfino anche delle folgorazioni provenienti dal misterioso mondo della metapsichica o della 
parapsicologia. Con l'acquisizione di queste "ricchezze" l'uomo compenserebbe l'atrofia della 
ragione. 
Proprio della ragione, in altri tempi ipertrofizzata dal libero esame, dal cartesianesimo, ecc., 
divinizzata dalla Rivoluzione francese, utilizzata fino al più aperto abuso in ogni scuola di pensiero
comunista, e ora, infine, atrofizzata e resa schiava del totemismo metapsichico e parapsicologico... ".

In pratica, quella che successe nel '68 fu la distruzione del concetto di unicità della persona, a vantaggio di un collettivismo che mortifica la persona stessa.
Anche il concetto di libertà veniva stravolto.
Nel '68, per libertà si intendeva fare ciò che si voleva, senza condizioni e senza responsabilità.
E' logico che un sistema del genere porti solo rovina.
Infatti, un uomo che non sente la responsabilità verso gli altri è un uomo pronto a calpestare gli altri.
Questo genera la rovina.
Cordiali saluti. 



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Ringrazio un caro amico di questa foto.