Su "La Nuova Bussola Quotidiana", vi è un articolo intitolato "Scuola anti-Covid? Senza contatti i bambini muoiono".
Dell'articolo (scritto da Roberto Marchesini) riporto questo stralcio:
"Ok, prendiamola larga. Fra Salimbene de Adam da Parma (1221-1288) fu un cronista dell’ordine dei frati minori; la sua Cronica copre circa 120 anni, dal 1168 al 1287. Da essa possiamo trarre molte informazioni su Federico II di Svevia (1194-1250), lo stupor mundi. Sappiamo, ad esempio, che un bel giorno l’imperatore volle scoprire quale fosse la lingua originariamente parlata dall’uomo, senza che qualcuno gliene insegnasse una: il greco? Il latino? L’aramaico? Il dialetto bergamasco? Così prese dei neonati, li chiuse in un’alta torre e li fece allevare da balie che, pur accudendoli nel migliore dei modi, non potevano parlare, né coccolarli, né cantare canzoni. Quei bambini, seppur nutriti, puliti e accuditi, senza un contatto umano, morirono tutti.Riparte la scuola con le nuove disposizioni anti covid-19: mascherine, distanza, disinfezione, misurazione a distanza della febbre, niente canti né giochi di gruppo…
Vabbè, obietterà qualcuno, si tratta di una cronica medievale. Saranno racconti di pura fantasia, degni complementi a bestiari e libri agiografici. Bene, parliamo allora del dottor Luther Emmett Holt (1855-1924), eminente pediatra statunitense, fondatore e per due volte presidente dell’American pediatric Society, membro del Rockefeller Institute, eugenetista convinto.
Preoccupati per il rammollimento delle nuove generazioni di «americani», il dottor Holt prescriveva di non giocare con i bambni, di non coccolarli né tenerli in braccio. Al massimo, una virile stretta di mano, quando era artefice di un lavoro eccezionalmente ben fatto. Nel giro di pochi anni – così si legge - i pediatri notarono un aumento delle morti infantili, nonostante i bambini fossero soddisfatti nei loro bisogni biologici.
E poi ci sono gli esperimenti del dottor Harry Harlow (1905-1981), psicologo statunitense. Alcune povere scimmiette Rhesus vennero separate prematuramente dalla mamma; vennero messe a loro disposizione due madri finte, diverse per alcuni particolari: la prima era ricoperta da un panno morbido; la seconda aveva un biberon che secerneva latte. Harlow osservò che le scimmiette passavano con la mamma-nutrice il tempo strettamente necessario per suggere il latte; e passavano avvinghiate alla mamma morbida il resto del tempo".
Vabbè, obietterà qualcuno, si tratta di una cronica medievale. Saranno racconti di pura fantasia, degni complementi a bestiari e libri agiografici. Bene, parliamo allora del dottor Luther Emmett Holt (1855-1924), eminente pediatra statunitense, fondatore e per due volte presidente dell’American pediatric Society, membro del Rockefeller Institute, eugenetista convinto.
Preoccupati per il rammollimento delle nuove generazioni di «americani», il dottor Holt prescriveva di non giocare con i bambni, di non coccolarli né tenerli in braccio. Al massimo, una virile stretta di mano, quando era artefice di un lavoro eccezionalmente ben fatto. Nel giro di pochi anni – così si legge - i pediatri notarono un aumento delle morti infantili, nonostante i bambini fossero soddisfatti nei loro bisogni biologici.
E poi ci sono gli esperimenti del dottor Harry Harlow (1905-1981), psicologo statunitense. Alcune povere scimmiette Rhesus vennero separate prematuramente dalla mamma; vennero messe a loro disposizione due madri finte, diverse per alcuni particolari: la prima era ricoperta da un panno morbido; la seconda aveva un biberon che secerneva latte. Harlow osservò che le scimmiette passavano con la mamma-nutrice il tempo strettamente necessario per suggere il latte; e passavano avvinghiate alla mamma morbida il resto del tempo".
Noi rischiamo di crescere le generazioni future con la paura delle relazioni umane.
Le future generazioni umane saranno generazioni di persone asociali e che ridurranno tutte le loro relazioni ai contatti virtuali.
Ora, io parlo per esperienza diretta.
Io vivo a Roncoferraro, in Provincia di Mantova, ma la maggioranza degli amici, intesi come tali, vive al di fuori di quella realtà.
La maggioranza delle mie esperienze sociali l'ho avuta con con persone non roncoferraresi.
Fondamentalmente, mi sento estraneo rispetto a tanta parte della realtà di Roncoferraro.
Se andassi via di lì, per questioni lavorative, sentirei di non rescindere molti legami.
Sia chiaro, lo esprimo senza volere denigrare nessuno.
Voglio solo arrivare all'argomento da trattare, parlando anche della mia esperienza personale.
Dunque, gestire delle amicizie lontane non è facile e alla fine ci si perde di vista.
Ora, io posso immaginare dei ragazzini che vanno a scuola e che non possono frequentarsi liberamente.
Per un ragazzino, una cosa del genere è traumatica.
Crescendo, quel ragazzino diventerà sempre più asociale ed introverso.
Quell'uomo del domani avrà paura di socializzare con gli altri perché vedrà negli altri dei potenziali untori.
Considererà l'amicizia un semplice rapporto virtuale.
In realtà, l'amicizia ed i rapporti umani in genere sono ben altra cosa.
L'uomo è un "animale sociale", un animale che vive di relazioni.
Infatti, le relazioni con gli altri aiutano la persona a crescere.
Anche gli amici (come i familiari) sono dei punti di riferimento.
Penso a quegli amici storici, quelli con i quali una persona condivide episodi della vita e percorsi della sua storia.
Per esempio, mi vengono in mente gli amici del quartiere (o del paese) con i quali un ragazzino frequenta anche le scuole materne, elementari e medie o il catechismo in chiesa.
Questi amici contribuiscono alla formazione e all'identità di una persona.
Già la famiglia è messa in discussione da certe ideologie.
Ora, si sta mettendo in discussione anche l'amicizia, sempre in nome di una certa ideologia frutto di una gestione totalitaria dell'emergenza sanitaria.
Noi rischiamo da avere delle generazioni future di persone che non avranno punti di riferimento.
Noi rischiamo di causare un'emergenza più grave dell'emergenza sanitaria.
L'emergenza in questione sarà sociale.
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