Ma ciò è nulla a confronto delle cifre sborsate in attività parlamentari, eventi non meglio specificati, consulenze e "contributi tecnologici".
Tutti i soldi sono messi in conto a Monte Citorio.
Ora, il referendum sul taglio dei parlamentari, che il Movimento 5 Stelle tanto caldeggia, è stata fatta male.
Prima di tutto, se fosse implementato, il taglio non produrrebbe un beneficio economico forte, perché non c'è un taglio della burocrazia, che è più consistente della politica.
In secondo luogo, la riforma del taglio dei parlamentari non è accompagnata da una riforma dell'assetto istituzionale, come la forma di governo.
Ergo, si sarebbe dovuta fare anche una riforma di indirizzo presidenziale (con un presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo) o con il premierato, ossia con l'elezioni diretta del premier.
Invece, con questa riforma, si riducono i parlamentari ma restano il presidente della Repubblica e il premier non eletti dal popolo.
Inoltre, se questa pessima riforma fosse implementata, la rappresentanza di certe aree del Paese e degli italiani all'estero sarebbe ridotta.
Il Movimento 5 Stelle ha più volte parlato di "democrazia diretta" ma i fatti dicono il contrario.
Basti pensare alle varie task force di persone non elette (e non sempre capaci) messe in piedi dal Governo.
Il Movimento 5 Stelle ha parlato di una politica più efficiente e meno dispendiosa in fatto di soldi ma i fatti lo dimostrano.
Insomma, si tratta di un movimento di ipocriti.
Basti pensare ad un fatto: se vincesse il "sì" al referendum del 20 e del 21 settembre, non ci sarebbero elezioni.
Ergo, anche quei parlamentari che hanno votato a favore di tale riforma resterebbero con il sedere incollato alla poltrona.
Se fossero seri e coerenti, questi "signori" si dimetterebbero e chiederebbero al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere.
Questo deve essere un motivo per votare "no".
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