Cari amici ed amiche,
l'edificio storico per eccellenza di Roncoferraro (Mantova) è Corte Grande.
Essa fu iniziata un anno dopo il martirio del re d'Inghilterra Carlo I Stuart (1600-1649), il mio personaggio storico preferito.
Infatti, essa fu iniziata nel 1650.
La costruzione fu portata avanti nel XVIII e nel XIX secolo.
La corte fu finita nel 1800.
Ora, la corte è legata ai Nuvolari.
I Nuvolari non erano solo dei possidenti ma erano anche dei massoni.
L'esponente più illustre di questa famiglia fu Giuseppe (1820-1897).
Originario di Carzedole (oggi Villa Garibaldi), Giuseppe Nuvolari fu nientepopodimeno che il luogotenente di Giuseppe Garibaldi, (1807-1882) nella spedizione dei Mille (5 maggio-26 ottobre 1860).
Anzi, i due Giuseppe erano anche amici.
Ora, oltre ad essere amici, Garibaldi e Nuvolari erano anche massoni.
Il sito della "Freemasons-Freemasonry", riporta che Nuvolari fu iniziato il 3 luglio 1862 alla massoneria palermitana.
Questa massoneria era di rito scozzese e in origine era contrapposta alla Grande Loggia Unita di Londra, di cui avevo parlato nell'articolo intitolato "La massoneria nella storia".
La massoneria di rito scozzese era contrapposta a quella inglese perché la seconda (dopo lo scisma anglicano del 1534, il periodo elisabettiano, il periodo dei primi due re Stuart, il periodo di Cromwell, quello della restaurazione degli Stuart e la "Gloriosa Rivoluzione" del 1688) divenne nel 1717 una loggia di estrazione prevalentemente protestante mentre la prima nacque in Francia nel 1743, per opera dei sostenitori degli Stuart esiliati, che erano cattolici.
Successivamente, però, nella massoneria iniziarono ad esserci tendenze anticlericali (se non anticattoliche) e la Rivoluzione francese del 1789 mise in mostra ciò.
Sia chiaro, non tutta la massoneria fu contro la Chiesa.
Durante la Rivoluzione francese, infatti, ci furono anche tanti massoni che "combattevano dall'altra parte", al fianco del re Luigi XVI (,probabilmente anche lui iniziato, 1754-1793) e della Chiesa.
Questa tendenza anticlericale si fece ancora più forte nel XIX secolo.
Vi riporto uno stralcio di un documento proprio della massoneria scozzese:
"Carattere predominante della Massoneria ottocentesca italiana è l’identificazione con la causa risorgimentale: da qui la sua “politicizzazione”, intesa come volontà di trasferire in concreto i principi massonici nella costituzione di una società libera, laica, progressista. L’opposizione del Papato al compimento dell’unità nazionale con Roma capitale, ebbe come inevitabile conseguenza l’acuirsi di uno spiccato anticlericalismo della Massoneria italiana: il sogno di Roma capitale divenne il leitmotiv, l’aspirazione suprema dei Massoni italiani: “O Roma o morte” era il motto che echeggiava nelle Logge della Penisola. Questo particolare momento storico fa capire la differente posizione della Massoneria italiana, nei confronti della Chiesa, rispetto al secolo precedente. Nel Settecento, pur se la contrapposizione ideologica della Santa Sede nei confronti della Libera Muratoria era stata costante, sfociando nei vari documenti di condanna e nelle feroci inquisizioni verso tanti suoi esponenti che pagarono con il carcere, la tortura e finanche con la vita la loro appartenenza massonica, tuttavia tale atteggiamento non comportò una netta reazione anticlericale in seno alla Massoneria. Anzi fu costante, nel corso del secolo, il tentativo di una collaborazione e un accordo con la Santa Sede nell’utopistica aspirazione alla realizzazione comune di una società ideale (dal De Ramsay a De Maistre a Cagliostro, per fare solo qualche esempio). L’anticlericalismo, anche come termine d’uso nel linguaggio comune, nasce dunque nell’Ottocento, quando, trasferendosi il discorso dal campo ideologico e filosofico a quello politico, la rottura diventa insanabile. Nei numerosi documenti antimassonici della Santa Sede, i toni si vanno sempre più inasprendo al passo con le vicende politiche del nuovo Stato unitario che, nella sua opera di laicizzazione della società1 , sconvolgeva i precedenti assetti e privilegi ed emarginava il potere politico e morale del Papato. Pio IX chiama la Massoneria “sinagoga di Satana”. Su “Civiltà Cattolica” la Massoneria è definita «l’ultimo frutto dell’antico serpente, di Lucifero, giunto sino ai giorni nostri attraverso la legittima discendenza da Caino a Giuda Iscariota». In tale clima appare emblematico un simpatico episodio di cronaca riportato da Giovanni Artieri2 . L’8 dicembre del 1862 si ebbe una violenta eruzione del Vesuvio che interessò Torre del Greco con relativo terremoto e maremoto. «Effetto – gridarono nelle chiese – di un sacrilegio commesso da alcuni camorristi, tutti assoldati dal nuovo governo, che avevano spogliato la statua della Vergine dei suoi panni (e forse gioielli ed ex-voto) rivestendola di insegne massoniche e di una fascia tricolore: e così
la vollero portare in processione. Seguì, quasi subito, la collera del Vesuvio».
Altrettanto aspri i toni anticlericali da parte massonica sicché assistiamo, per tutta la
seconda metà del secolo, a momenti di esasperata violenza, da una parte e dall’altra, in
un susseguirsi di episodi che caratterizzarono la società italiana di quei difficili anni.
Si può pensare alle le feroci invettive di Garibaldi dopo Aspromonte (29.08.1862) che
riecheggiano nell’“Inno Romano” «Giù le mitre, vergogna del mondo, / giù le tiare,
nel fango calpeste», o al celebre “Inno a Satana” scritto nel 1863 da Giosuè Carducci,
segretario della R∴L∴ “Felsinea” all’Or∴ di Bologna, e pubblicato due anni dopo.
Peraltro il laicismo - inteso come distacco dalla religione, esaltazione patriottica del
Risorgimento, adesione ad un’etica “laica” - era ormai ampiamente diffuso nei ceti
politici e intellettuali della nuova nazione3
.
L’opposizione di Pio IX a questo nuovo atteggiamento della società fu intransigente
e radicale4
, come dimostrano i numerosi documenti al riguardo emanati durante il suo
lungo pontificato.
Tra i tanti documenti antimassonici di Pio IX, per citare solo i più importanti,
ricordiamo l’Enciclica “Qui pluribus” del 1846 contro le sette, l’allocuzione “Quibus
quantisque” del 1849 con cui Pio IX respinge la diceria della sua affiliazione alla
Massoneria, ma soprattutto l’Enciclica “Quanta cura” con il relativo “Sillabo”, la cui
pubblicazione (8 dicembre 1864) suscitò una vastissima eco negativa.
Le vicende del 1867, con il tentativo garibaldino sventato a Mentana dagli
chassepots francesi, la tragedia di Villa Glori e le brutalità che seguirono da parte dei
mercenari del Papa verso i patrioti, i prigionieri e i feriti, non poterono che acuire
l’anticlericalismo. Emblematico l’episodio dei giovanissimi Giuseppe Monti e
Gaetano Tognetti, indiziati per lo scoppio della caserma Serristori, che Pio IX,
«chierico sanguinante e imbelle re»
5
, fece esemplarmente ghigliottinare, a Piazza del
Popolo il 23 novembre 1868.
Altro memento emblematico si ebbe con il Concilio Ecumenico Vaticano I, aperto
l’8 dicembre 1869 (e preannunciato da Pio IX fin dal giugno del 1867), caratterizzato
dal concetto di infallibilità e dalla intransigente presa di posizione contro il
razionalismo.
La reazione all’intransigente atteggiamento della Chiesa fu generale nel mondo
politico e intellettuale del nuovo Stato unitario. «Ai membri del concilio residenti in
Roma» Mazzini scriveva: «Il vostro domma si compendia in due termini: caduta e
redenzione; il nostro nei due: Dio e Progresso».
Ma la reazione più decisa fu quella del conte Giuseppe Napoleone Ricciardi,
“antico esule mazziniano” che il 24.01.1869 propose una “Assemblea di Liberi Pensatori”, o “Anticoncilio ecumenico”, da inaugurare a Napoli lo stesso 8 dicembre
in concomitanza con quello Vaticano I. L’iniziativa trovò molte convinte adesioni. In
una lettera al Ricciardi, Garibaldi usava espressioni come: «Rovesciare il mostro
papale, edificare sulle sue rovine la ragione e il vero».
Va precisato che, anche se fra gli organizzatori ci furono molti massoni - all’assemblea
avrebbero partecipato una cinquantina di Logge - non ci fu l’intervento ufficiale del
Grande Oriente. Anzi, il Gran Maestro Frapolli, si premurò di chiarire, pur se con un
linguaggio irriverente, l’assoluta non ingerenza della Massoneria nei fatti della Chiesa,
cioè in quello «che un caposetta qualunque dispone coi suoi fedeli». Aperta, invece
l’adesione di altri ambienti massonici, come quella di Timoteo Riboli, Gran Maestro
del Grande Oriente Torinese, che, in una lettera inviata al Ricciardi per
l’inaugurazione dei lavori, scriveva: «l’Anticoncilio vuol luce e verità; vuol scienza e
ragione, non cieca fede, non fanatismo, non roghi».
L’Anticoncilio si tenne il 9 dicembre al Teatro San Ferdinando dinanzi a 700
delegati (tra i quali Victor Hugo). Poi, per tema di disordini, fu sospeso e le sedute
ripresero in un albergo cittadino. Si concluse il 16 dicembre con una mozione finale
che, in realtà, al di là degli eccessi di alcuni interventi e di alcune prese di posizione,
oggi apparirebbe pienamente condivisibile, in quanto propugnava la libertà religiosa,
la separazione assoluta fra Chiesa e Stato, la necessità di una morale indipendente
dalle credenze religiose.
Va precisato che all’interno della Massoneria, ed in particolare con il fiorentino
Giuseppe Dolfi, si sviluppò una corrente professante apertamente l’ateismo, tanto da
richiedere, nel 1869, un’assemblea per eliminare, dagli atti massonici, l’intestazione
A∴G∴D∴G∴A∴D∴U∴(così anticipando quanto avrebbe deliberato, otto anni
dopo, il Grande Oriente di Francia). A grande maggioranza si decise di mantenere la
formula.
Con il fatidico 1870 il contrasto tocca il suo vertice. Sono ben note le parole che
Pio IX affida al conte Ponza di S. Martino in risposta alla soluzione pacifica proposta
di Vittorio Emanuele: «non sono profeta né figlio di profeta, ma vi assicuro che in
Roma non entrerete». L’intransigente non possumus del Pontefice si conferma nel
rifiuto della soluzione offertagli con la “legge delle guarentigie” e avrebbe dato luogo,
nel 1874, al non expedit, così innalzando un muro di risentimento, rancori, e anatemi
nei confronti dello Stato italiano e dei suoi primi paladini e ispiratori: i Massoni. In
una lettera di Pio IX, del 14 luglio 1873, si legge: «Fu egli [il Diavolo] a porre la
prima orditura di questa tela nelle conventicole dei suoi seguaci, detti Frammassoni».".
Ora, i garibaldini erano ideologicamente vicini a quel pensiero anticlericale.
Pensiamo al bolognese garibaldino Alessandro Gavazzi (1809-1889).
Questa era stato un prete cattolico che ideologicamente si avvicinò alle idee del Risorgimento e al protestantesimo, per poi partire negli anni '50 del XIX secolo per l'Inghilterra, ove fondò la Chiesa Libera Evangelica.
Nel 1859, egli tornò qui in Italia per fare il cappellano tra i garibaldini.
Allontanatosi dalla Chiesa cattolica.
Pensiamo anche allo stesso Garibaldi, che chiamò il suo asino "Pio IX".
Nuvolari non fu diverso da loro.
Una prova si può vedere anche oggi: il fatto che la Corte Grande di Roncoferraro non abbia una cappella gentilizia.
Chi voleva andare in chiesa, andava in parrocchia.
In un certo senso, parlando con ironia, io mi sento un po' un "profanatore" di quel "tempio dell'anticlericalismo garibaldino".
Infatti, in un'ala della Corte Grande vi è anche la sede del Comitato Manifestazioni Roncoferraro, di cui sono vice-segretario.
Io, notoriamente, sono un "papista", un "reazionario", uno che "ammicca alla monarchia" (il grande re Carlo I Stuart è per me come Che Guevara per il comunista) e forse sono anche mezzo borbonico, per origini familiari.
Se è così, sono ben contento di ciò.
Ovviamente, ho voluto finire questo articolo con ironia.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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