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mercoledì 11 gennaio 2017

La domanda di futuro. Le riforme stabiliscono il primato della politica sulle soluzioni autoritarie-nota di Vito Schepisi



Cari amici ed amiche,

questa è la nota dell'amico Vito Schepisi:


"Quella della riforma del diritto del lavoro, chiamata “jobs act” - anglicismo studiato per rendere più misteriose le diapositive proiettate (slides) da un governo portato per gli effetti speciali - è una riforma fallita. Non ha prodotto posti di lavoro ed è costata tantissimo ai contribuenti italiani. Non ha, inoltre, introdotto né maggiori e né nuove garanzie per superare la precarietà e per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Questa volta non sono le slides che lo dicono, né le alchimie lessicali di Renzi. Sono i fatti: con la disoccupazione che sale e con l’aumento del numero dei giovani che non trovano lavoro. L’Italia con le chiacchiere e con gli sprechi di tempo e di denaro è andata in deflazione. Non capitava da 57 anni (1959). La deflazione è un fenomeno che principalmente indica che nel Paese manca la domanda, cioè che non ci sono soldi per comprare e le famiglie stringono la cinghia. Con Renzi abbiamo perso due anni a sentir raccontare le favole. E tra l’Alice nel Paese delle Meraviglie e Pollicino ci siamo ritrovati con Pinocchio. Ci siamo ritrovati in condizioni di vita peggiori di prima. Come tutte le riforme del Governo Renzi, anche quella proposta dall’ex capo della cooperative Giuliano Poletti, promosso Ministro da Renzi e poi confermato da Gentiloni, ha diffuso molto fumo e poca, anzi pochissima sostanza. La richiesta di mozione di sfiducia che pende sulla testa del Ministro, dopo la sua stomachevole espressione sui giovani che vanno all’estero per trovare lavoro, dovrebbe essere un buon mezzo per allontanarlo dal Governo. La sostituzione dell’inadeguato Poletti potrebbe, infatti, consentire a un nuovo e si spera più affidabile responsabile del dicastero del lavoro di rivedere alcune questioni della riforma. Oggi, infatti, sono al vaglio della Corte Costituzionale ben 3 referendum abrogativi richiesti dalla CGIL e precisamente: l’abrogazione delle nuove norme sui licenziamenti senza giusta causa che con la riforma Fornero e con la riforma Poletti hanno modificato l’art 18 dello statuto dei Lavoratori (legge n.300 del 1970); l’uso dei buoni lavoro (voucher) per i lavori occasionali e saltuari; la responsabilità dell’azienda appaltatrice, oltre a quella dell’azienda appaltante, per le violazioni dei diritti dei lavoratori. Se la Consulta dovesse stabilire la legittimità dei quesiti referendari, la consultazione dovrebbe tenersi prima dell’estate di quest’anno. Solo due condizioni potrebbero intervenire per modificare il ricorso alle urne entro il prossimo giugno: le elezioni politiche anticipate che lo farebbero slittare di un anno o, cosa che appare più ragionevole, le modifiche delle parti della legge interessate dai quesiti referendari che ne determinerebbero l’annullamento. E’ evidente che il PD non dovrebbe avere alcun interesse a reiterare il suo 4 dicembre. Farlo sarebbe un’azione politica suicida. I quesiti referendari investono questioni importanti su cui le posizioni dei partiti possono essere articolate e trasversali. Sull’art 18, ad esempio, su cui in passato sono state poste insormontabili dighe ideologiche, andrebbe bene un accordo che garantisca sia i lavoratori che le imprese. La stessa cosa potrebbe essere per i voucher e per l’obbligo dei controlli sul rispetto dei diritti dei lavoratori. Una nuova muscolosa crociata non serve a nessuno e la politicizzazione anche di questa tornata referendaria sarebbe una mossa disastrosa, con gli italiani che si troverebbero, a distanza di meno di un anno, dinanzi alla riflessione su un voto che possa apparire di consenso o di dissenso al Governo. Le riforme sono cose più importanti dei giochi dei partiti. Alcune poi, come quella sul lavoro, investono le nuove generazioni e possono essere le risposte da dare ai giovani alla domanda di futuro che oggi si diffonde nel Paese. La discussione seria sulle riforme, inoltre, può essere la risposta che stabilisce il primato della politica sulle soluzioni autoritarie.
Vito Schepisi".

Ringrazio Vito.
Ora, sui voucher, io dico di non fare delle demonizzazioni a prescindere.
Io penso che i voucher vadano bene riguardo a lavori stagionali o di breve durata, come il lavoro per la raccolta di pomodori o quello di baby sitter.
I voucher non vanno per gli altri tipi di lavoro.
Serve una legge che stabilisca quali sono i casi in cui usare i voucher e quali sono i casi in cui essi non debbono essere usati.
Tuttavia, vi è un problema di fondo: senza impresa non c'è lavoro.
Mancano quelle che politiche che possono rilanciare le imprese.
Vanno ridotte le tasse sulle imprese, va ridotta la burocrazia, va implementata una politica energetica con cui fare scendere il costo dell'energia elettrica, va riformata la giustizia va implementata una seria politica infrastrutturale, con grandi opere.
Queste cose non sono state fatto o sono state fatte male.
Se non si fanno queste cose, viene vanificata anche la migliore riforma del mercato del lavoro, cosa che non è certo il "Jobs Act". Anzi, il "Jobs Act" è fatto con i piedi.
Matteo Renzi è un populista tecnocratico.
Egli fa l'arruffapopoli ma poi lecca i piedi ai tecnocrati europei.
Cordiali saluti.


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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.