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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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mercoledì 30 dicembre 2015

Per avere rinnegato la Bibbia, noi ci stiamo suicidando!

Cari amici ed amiche,

l'amico e socio Angelo Fazio mi ha portato all'attenzione questo stralcio della lettera intitolata "La Bibbia messa ai margini e la crisi del cristianesimo", scritta al "Corriere della Sera" dal Rabbino Giuseppe Laras, Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia:
"La situazione culturale e politica occidentale, per cui non si riesce a comprendere ciò che accade e a chiamarlo per nome, è intrisa di ignoranza, superficialità, inettitudine e pressapochismo. La nostra contemporaneità ricorda tristemente il periodo sinistro tra le due guerre mondiali: una sorta di collasso sistemico. La crisi che viviamo – e in cui per lungo tempo continueremo a vivere - non è economica e demografica soltanto: è una crisi culturale e valoriale, legata alla crisi del cristianesimo e, in un certo senso, della conoscenza della Bibbia, il cardine dell’intera nostra cultura dal punto di vista urbanistico, artistico, musicale, letterario, filosofico, giuridico, politico e religioso. E proprio per questo la Bibbia non è presente nelle scuole. E questa la chiamano laicità!È stato necessario un attore comico, indubbiamente molto bravo, per far di nuovo parlare, interessando, di Bibbia e del Decalogo: Benigni! Che débacle che sia stato necessario lui dopo duemila anni di cristianesimo e duemila e duecento anni di ebraismo in Italia! Evidentemente qualcosa non va; tuttavia pare che vescovi, pastori e rabbini dormano ancora sonni tranquilli.
L’erosione della conoscenza della Bibbia, non in quanto “tributo antiquario” ma piuttosto in quanto “forza creatrice e rigenerante”, è uno dei fatti più inquietanti e drammatici per il nostro futuro sia religioso, sia culturale nelle sue varie declinazioni, sia in termini economici e politici.
Erroneamente si ritiene che i diritti umani universali, quelli che con tanta fatica, sofferenza e milioni di morti siamo in parte riusciti a conquistare, derivino esclusivamente dal diritto greco e romano, da queste culture e dalle loro successive evoluzioni.
I diritti, per come li comprendiamo noi, devono essere valevoli sempre e per tutti, ed è proprio questo che li rende, in una certa misura, universali. Ebbene, in Grecia era “uguale”, e quindi investito di diritti, solo chi era maschio, libero, greco, adulto e non necessitato a lavorare per vivere, cosa altrimenti disdicevole.
È la Bibbia ebraica, la Torah, a rivoluzionare tutto ciò. È la Bibbia ebraica a introdurre nella civiltà umana la libertà quale DNA costitutivo dell’uomo e del creato, speculare alla libertà del Creatore (libertà e non sottomissione!). È la Bibbia ebraica a sostenere che il lavoro umano rende l’essere umano simile a Dio nel creare. È la Bibbia ebraica, a porre, con la straordinaria rivoluzione introdotta dallo Shabbat, un limite al lavoro, altrimenti deleterio, rendendo l’uomo simile a Dio anche nel riposare. È con lo Shabbat che vengono inventati i “diritti umani universali”, includendo uomini, donne, stranieri, schiavi e perfino animali. È con lo Shabbat e con i precetti biblici di aiuto ai poveri e di costruttiva solidarietà con i derelitti della società che trova fondamento la nostra idea di “welfare” e non da altre culture. È la Bibbia, sia ebraica sia cristiana, a ipotizzare in qualche modo una possibile divisione tra politica e religione.
Non pochi intellettuali, compresi non pochi pensatori credenti ebrei e cristiani, hanno creduto, erroneamente, che questi valori e che queste conquiste – oggi estremamente fragili e sotto attacco - fossero auto-evidenti e non derivanti da una storia ben precisa.
Aveva ragione C. M. Martini a dire che la Bibbia è il libro del futuro dell’Europa e dell’Occidente, ma non è stato ascoltato. Aveva ragione Benedetto XVI nella ben nota conferenza di Ratisbona, ma fu vittima del discredito mediatico e culturale. E la Bibbia è stata scritta da ebrei, per ebrei, in ebraico, e l’ebraismo ancora oggi sopravvive proprio grazie alla Bibbia. E, parimenti, credo, il cristianesimo.
Il riportare la Bibbia a fondamento della cultura e dell’etica è un impegno religioso possibile, dalla fecondità straordinaria, condivisibile tra ebrei e cristiani: un impegno di cui si avverte l’urgenza impellente e drammatica in questi anni di crisi, di confusione assordante, di efferata violenza e di grande mediocrità. Tale contributo religioso, culturale e morale, congiunto di ebrei e cristiani, oggi risulta quasi inedito ed estremamente necessario.
Tuttavia, oggi, come ebbe a dire giustamente il filosofo ebreo E. Fackenheim, senza il reale riferimento positivo e non ambiguo a Israele, non sarà né autentico né produttivo il dialogo tra ebrei e cristiani.
Infine, visti i tempi calamitosi in cui ci troviamo e troveremo ancora di più domani a vivere, invito tutte le persone coscienti e responsabili, sia ebree sia cristiane sia musulmane, come pure di altre religioni, a raccogliersi in preghiera invocando dall'alto l’impulso in ciascuno di noi ad agire ai fini del rispetto del prossimo e della pace, concetto e realtà quest’ultima troppo spesso ideologicamente abusata, estremamente difficile, ma, proprio per questo, da perseguirsi con perseveranza, lucidità e caparbia determinazione
".

Ringrazio Angelo.
Questo stralcio è dell'articolo su "Il Corriere della Sera"  che è intitolato "La Bibbia messa ai margini e la crisi del Cristianesimo".
Per essere "laici ed accoglienti", noi abbiamo rinnegato la nostra identità, che contempla anche la Bibbia e la tradizione giudaico-cristiana.
Una civiltà senza identità è una civiltà destinata a morire.
Cordiali saluti.



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