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giovedì 5 settembre 2013

Porrò le mie leggi nel loro animo. Inizio del "Discorso sulle beatitudini" di san Leone Magno



Cari amici ed amiche.

L'amico Giovanni Covino (SEFT) mi ha segnalato questo testo intitolato "Porrò le mie leggi nel loro animo. Inizio del "Discorso sulle beatitudini" di san Leone Magno":


"Quando Nostro Signore Gesù Cristo predicava il Vangelo del Regno e guariva in Galilea le infermità più diverse, la fama dei suoi miracoli si era diffusa per tutta la Siria, e molte persone accorrevano in folla al medico celeste da tutta la Giudea. Poiché l'umana ignoranza è molto lenta a credere ciò che non vede e a sperare quel che non conosce, era necessario che coloro i quali dovevano essere confermati con la divina dottrina fossero stimolati con benefici materiali e con prodigi visibili. Così, sperimentando la potenza benefica del Signore, non avrebbero dubitato della sua dottrina apportatrice di salvezza.Il Signore, dunque, volle cambiare le guarigioni esteriori, in rimedi interiori e, dopo aver guarito i corpi, risanare le anime. Perciò si allontanò dalla folla che lo circondava, e si portò in un luogo solitario di un vicino monte. Là chiamò a sé gli apostoli, per istruirli con dottrine più elevate dall`alto di quella mistica cattedra. Con la scelta di un tale posto e di un tale ministero volle significare che era stato egli stesso a degnarsi di rivolgere un tempo la sua parola a Mosè. Ma là aveva parlato con una giustizia piuttosto tremenda, qui invece con la sua divina clemenza, perché si adempisse quanto era stato promesso per bocca del profeta Geremia: "Ecco, verranno giorni dice il Signore - nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Dopo quei giorni, dice il Signore: porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore" (Ger 31, 31. 33; cfr. Eb 8, 8).Colui dunque che aveva parlato a Mosè, parlò anche agli apostoli e la mano veloce del Verbo, che scriveva nei cuori dei discepoli, promulgava i decreti del Nuovo Testamento. Non era circondato, come allora, da dense nubi, né da tuoni e bagliori terribili, che tenevano lontano dal monte il popolo. Ora si intratteneva con i presenti in un dialogo tranquillo e affabile.Fece questo perché la soavità della grazia rimovesse la severità della legge e lo spirito di adozione eliminasse il terrore della schiavitù.Quale sia l'insegnamento di Cristo lo manifestano le sue parole. Coloro che desiderano pervenire alla beatitudine eterna, riconosceranno dai detti del Maestro quali siano i gradini da percorrere per salire alla suprema felicità.Cristo dice: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5, 3). Potrebbe forse ritenersi incerto quali siano i poveri, ai quali si riferisce la Verità se, dicendo poveri, non avesse aggiunto null'altro per far capire il genere di poveri di cui parla. Si sarebbe allora potuto pensare essere sufficiente per il conseguimento del regno dei cieli quella indigenza, che molti patiscono con opprimente e dura ineluttabilità. Ma quando dice: "Beati i poveri in spirito", mostra che il regno dei cieli va assegnato piuttosto a quanti hanno la commendatizia dell'umiltà interiore, anziché la semplice carenza di beni esteriori.".

Giovanni mi ha inoltrato un testo che fu scritto dal santo a cui è intitolata l'Unità Pastorale della mia zona, San Leone Magno.
Per questo, lo ringrazio.
L'ignoranza fa più danni delle armi.
Questo, in un certo senso, fu detto anche da Sua Santità Papa Francesco.
Esiste un'ignoranza nella parola, che si fa esplicita quando (a prescindere dal fatto che sia stata detta in buona fede o meno) una persona esprime dei concetti provocando un danno al prossimo.
Esiste anche un'ignoranza nel pensiero.
Essa non è solo la non conoscenza della cose (che può essere anche in buona fede) ma è anche la grettezza e la chiusura del cuore.
Essa è anche la volontà di non guardare oltre il proprio naso.
Proprio per questo, Gesù Cristo fece dei miracoli.
Una persona che non è ignorante non ha bisogno di miracoli.
Una persona non ignorante non ha bisogno di manifestazioni esteriori di Dio, come il fatto soprannaturale.
Ella, infatti, ha già la sapienza e sa già come credere.
Dio non ci vuole ignoranti.
Essere cristiani significa credere, anche contro tutto e contro tutti.
Essere cristiani è un cammino duro e con un gravame sulle spalle, un po' come quello che Gesù fece sul Calvario o come quello dei portantini che ieri a Viterbo hanno portato la "Macchina di Santa Rosa".
Questo è avere fede.
Se non si capisce ciò non si ha idea dell'essere cristiani.
Cordiali saluti.


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Ringrazio un caro amico di questa foto.