Su "Atlantico Quotidiano" vi è un articolo di Stefano Magni che è intitolato "Contro i Boomers: la loro colpa non è essere maschilisti, ma collettivisti".
Ne riporto questo stralcio:
Il problema dei Boomers non è quello di essere “ricchi” (anche se lo sono, statisticamente, più delle generazioni precedenti e successive) e neanche quello di essere “maschili” (come se fosse una colpa), ma quello di essere ideologicamente inclini alle teorie delle redistribuzione.
L’individualismo metodologico insegna che solo gli individui pensano e agiscono, non esistono caste, classi, razze, tantomeno esistono generazioni dotate di una loro coscienza collettiva.
Però, è molto facile che la persona nata fra il 1946 e il 1964 abbia maturato aspettative basate su una ricchezza che continuava a crescere. Che abbia creduto maggiormente alle teorie più diffuse allora, secondo cui la ricchezza è una torta che va divisa equamente.
E sia stata più facilmente preda delle sirene dei movimenti totalitari, convinti che si debba usare la violenza per redistribuire la ricchezza. I Boomers più arditi, non a caso, hanno riempito le file della fallita rivoluzione del Sessantotto, chi semplicemente da contestatore, chi impugnando la P38 nelle Brigate Rosse, o nei Nar dalla parte opposta, con tutte le loro numerose derivazioni terroristiche.
I Boomers, nella stragrande maggioranza dei casi, sono nati e cresciuti collettivisti e quasi sempre restano tali. Sono convinti che l’economia sia veramente una torta e che occorra sbattere forte i pugni sul tavolo (o sparare, nei casi più estremi) per ottenere quello che vuoi".
Io sono figlio di uno dei Boomers, visto che mio padre è del 1950.
Effettivamente, tanti di quelli della generazione di mio padre sono di tendenze collettivistiche e hanno educato i loro figli, molti dei quali hanno la mia età, secondo questi principi.
Anche mio padre stesso, in passato, vagheggiava molto quella visione ma poi si è pentito di ciò.
Del resto, egli visse i moti del '68.
Invece, io sono uno della Generazione X, dato che sono del 1980, e ho aborrito il collettivismo da subito.
Come si dice da queste parti, ho aborrito il collettivismo appena ho iniziato a ragionare.
Già alle scuole medie causavo "scandalo" agli occhi di certi benpensanti.
Io penso che Dio abbia ciascuno di noi con i suoi talenti ed i suoi pensieri.
Dunque, io ripudio (anzi, detesto) il collettivismo.
Per esempio, non potrei mai votare Partito Democratico, come non potrei mai votare Articolo 1, Sinistra Italia, Partito Socialista Italiano, L'Alternativa c'è o i comunisti di Marco Rizzo.
Io non appartengo al loro mondo e alla loro ideologia.
Non potrei votare neppure CasaPound, il quale è sempre un partito con una visione collettivistica.
Io amo l'individualismo.
Una persona che è pienamente realizzata è una ricchezza per sé stessa e per la società.
L'unità si può fare tra soggetti diversi.
Invece, quando si pretende che tutti siano eguali non vi è più unità ma vi è uniformità, la quale porta impoverimento.
Ecco perché non sono (e non sarò mai) collettivista.
Purtroppo, il collettivismo della società che ci ha preceduti ha causato tanti danni.
Stefano Magni ha scritto tutto correttamente.
Se oggi l'Italia è in questa situazione, la colpa è di chi ha preceduto noi della Generazione X.
Pensiamo a tutte le politiche degli anni '60, '70 ed '80, politiche di compromesso con coloro che propugnavano un'idea socialista.
Quelle politiche illiberali stanno portando ancora oggi tanta povertà.
Basti ricordare la Legge Mosca del 1974, la legge che ancora oggi dà alle cooperative privilegi fiscali.
Noi, oggi, paghiamo le colpe dei nostri genitori.
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