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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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giovedì 14 luglio 2022

Draghi dopo Draghi?


Su "Atlantico Quotidiano" vi è un articolo di Federici Punzi che è intitolato "Conte-Draghi, bluff e contro-bluff. I due equivoci di fondo del governo".
Ne riporto questo stralcio:

"Il fatto è che ci sono almeno due equivoci in questa esperienza di governo. Primo, l’unità nazionale era nata un anno e mezzo fa (pare trascorsa un’epoca) per affrontare una campagna vaccinale fondamentale, alla quale il governo Conte pareva del tutto impreparato, e far cogliere al Paese l’occasione dei fondi del Pnrr per rilanciare l’economia.


Tralasciamo in questa sede ritardi e scivoloni della campagna vaccinale, e soprattutto l’obbligo surrettizio che si è deciso di imporre, e quanto sia velleitario il grande programma quinquennale di debito e sprechi chiamato Next Generation EU.

Qui ci interessa far notare che quelli e non altri erano, come enunciati dal presidente Mattarella e ricordati più volte dal premier stesso, gli scopi per cui Draghi è stato chiamato dal presidente della Repubblica a guidare un governo di unità nazionale che comprende quasi tutto l’arco parlamentare, con l’eccezione di Fratelli d’Italia e un paio di sottogruppi, Alternativa e Sinistra italiana.
Missione compiuta?

Ieri sera, alla cena della stampa estera, il premier ha rivendicato che tutti gli obiettivi del Pnrr sono centrati. Ma se è così, se non si è trattato di una frase di circostanza buttata lì per autocelebrarsi, ed essendo conclusa la campagna vaccinale (lasciamo perdere ora con quali esiti e strascichi), i compiti di Draghi dovrebbero essere considerati esauriti. Diciamo pure, volendo essere di manica larga nel giudizio, missione compiuta.

D’altronde, ricordiamo che già mesi fa, poco prima dell’apertura delle votazioni per il Quirinale, fu lo stesso Draghi ad affermare in conferenza stampa di ritenere compiuta la missione assegnatagli dal presidente della Repubblica – allora, forse, pensando con ciò di aiutare i partiti a convincersi di farlo ascendere al Colle.
Dall’eccezione all’ordinario

Tuttavia, è innegabile che da allora sono sopraggiunte ulteriori emergenze che tutti conosciamo. Il problema è che saltare di emergenza in emergenza si sta rivelando più complicato di quanto probabilmente qualcuno pensasse.

Se nell’emergenza sanitaria è stato relativamente facile trovare un comune denominatore nella necessità di vaccinare la popolazione e di non perdere i fondi europei, ora che si parla di crisi energetica e crisi economica, inflazione e guerra, per di più con elezioni politiche alle porte, trovare la cosiddetta quadra si fa più difficile.

Il punto è che se si pretende che il governo vada oltre la campagna vaccinale e le riforme necessarie ad assicurarsi i fondi del Pnrr, non siamo più nell’ambito dell’eccezione, di una “unità nazionale” per affrontare una specifica emergenza e centrare due obiettivi puntuali, ma nel campo dell’ordinario, di una vera e propria “grande coalizione” chiamata ad affrontare crisi ed emergenze che via via sopraggiungono.

Tanto è vero, che chi si trova più a suo agio sotto l’ombrello protettivo e deresponsabilizzante di Draghi non fa mistero di lavorare alla riproposizione della stessa formula di governo anche dopo le elezioni del 2023, a prescindere dal responso delle urne".

Il Governo è in crisi.
Il Movimento 5 Stelle vuole mollare, anche se non si sa se vorrà andare veramente fino in fondo.
Tuttavia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il Partito Democratico non sembrano inclini a voler andare alle urne in anticipo.
Anche altri partiti sembrano della stessa lunghezza d'onda.
Oramai, sembra che si voglia "allungare il brodo" fino al 2023, così da permettere al Partito Democratico di prendere più voti e di fare il "campo largo" che gli darebbe la speranza di vincere le elezioni.
Inoltre, al settembre 2022 scatta il vitalizio per i parlamentari eletti.
I soldi fanno gola, specie se sono facili. 
Dunque, pare difficile che si arrivi ad elezioni anticipate anche se ciò non è impossibile.
Ora, il timore è che anche dopo il 2023 possiamo trovarci Mario Draghi come successore di sé stesso.
Infatti, il rischio è che non salti fuori una maggioranza netta da quello che sarà il delle urne e che quindi si faccia nuovamente la "grande coalizione".
Così, se una cosa del genere accadesse, da misura emergenziale quale dovrebbe essere,  la "grande coalizione" diventerebbe la normalità.
Le alleanze si continuerebbero a fare nei palazzi.
Se dopo le elezioni ci fosse uno scenario simile sarebbe (di fatto) la fine della democrazia.
Infatti, perché un Paese sia democratico non basta che si voti ma serve anche l'alternanza.
Senza alternanza la democrazia non può esserci.
Senza alternanza, il potere non è contendibile.
Un potere non contendibile non è un potere democratico.
Del resto, qui in Italia vi è già un'anomalia.
L'anomalia è un partito, il Partito Democratico, che dal 2011 ad oggi governa senza aver vinto le elezioni.
Questo dimostra lo Stato pessimo in cui si trova nostra democrazia.
Di conseguenze, nessuno sarebbe sorpreso se dopo Mario Draghi venisse Mario Draghi.
Oramai, ci possiamo aspettare di tutto. 

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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.