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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 24 settembre 2016

Io voterò "no"...non solo per mandare a casa Renzi

Cari amici ed amiche,

al referendum sulle riforme costituzionali volute dal premier Matteo Renzi, io voterò "no".

Il mio "no" non parte solo dal fatto che si voglia mandare via un premier che non è stato eletto nessuno e che ha fatto solo danni.
Il mio "no" parte anche dal fatto che queste riforme siano sbagliate.
Come ho scritto tante volte, esse non contemplano un vero federalismo che ridia equilibrio di poteri tra il Governo centrale e le Regioni.
Questa situazione è stata il frutto di un'altra riforma costituzionale scellerata che fu fatta nel 2001 al Titolo V della nostra Costituzione dal centrosinistra, la compagine a cui Renzi fa riferimento.
Oggi, le Regioni fanno ricorsi alla Corte costituzionale perché c'è confusione di poteri.
Le riforme di Renzi non risolveranno questo problema.
Anzi, esse tenderanno a favorire un centralismo che non terrà conto dell'esigenza di ciascuna Regione e creeranno nuova conflittualità istituzionale.
Per esempio, i problemi della Lombardia non sono uguali a quella della Sicilia.
Inoltre, oggi noi abbiamo cinque Regioni (Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) che hanno statuti autonomi un'autonomia talmente larga da tenersi molti soldi.
Così, tutto il fisco grava sulle altre Regioni (che sono a statuto ordinario) e in particolare su Regioni che tanto producono, come Lombardia e Veneto.
Non sarebbe stato il caso di dare a tutte le Regioni uno statuto autonomo, con federalismo fiscale e concetto di responsabilità di chi amministra?
Ergo, in queste condizioni, un amministratore di Regione che non lavora bene va a casa e paga.
Per riformare il Senato sarebbe stato opportuno fare una riforma più seria.
Queste riforme di Renzi prevedono che esso sia ridotto a 100 senatori non eletti dal popolo.
I 100 senatori, se la riforma passerà, saranno sindaci e presidenti di Regione.
Esso servirà come raccordo tra lo Stato e gli enti locali
Questo è sbagliato.
Il Senato è parte del Parlamento, il quale rappresenta il popolo italiano.
Un Senato non eletto dal popolo non rappresenta il popolo italiano.
Sarebbe stata migliore cosa mantenere il Senato elettivo da parte del popolo con collegi uninominali su base regionale.
Ergo, ci sarebbero stati 21 senatori eletti in 19 Regioni e nelle due Province Autonome di Trento e Bolzano. A questi si sarebbero potuti aggiungere cinque senatori nominati dal Presidente della Repubblica e cinque eletti all'estero.
Sarebbe stato un Senato simile a quello americano.
Anche in queste condizioni, il Senato sarebbe stato un organo di raccordo con le Regioni.
L'alternativa sarebbe stata l'abolizione totale del Senato e l'attribuzione delle sue competenze alla Conferenza Stato-Regioni.
Inoltre, la Camera dei Deputati resterà di 630 deputati, che sono troppi.
La cosa più pericolosa, però, è il combinato tra le riforme costituzionali e la legge elettorale "Italicum".
Questa legge elettorale è orrenda perché prevede:


  • premio di maggioranza di 340 seggi (54%) alla lista (non più alla coalizione) in grado di raggiungere il 40% dei voti (non più il 37) al primo turno;
  • ballottaggio tra le due liste più votate se nessuna dovesse raggiungere la soglia del 40%, senza possibilità di apparentamento tra liste. Il vincitore ottiene 340 seggi (non più 321);
  • soglia di sbarramento unica al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni;
  • suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali, da designare con un decreto legislativo che il governo è delegato a varare entro due mesi dall'entrata in vigore della legge;
  • designazione di un capolista "bloccato" in ogni collegio da parte di ciascun partito, con possibilità per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi;
  • possibilità per gli elettori di esprimere sulla scheda elettorale due preferenze "di genere" (obbligatoriamente l'una di sesso diverso dall'altra, pena la nullità della seconda preferenza) da scegliere tra le liste di candidati presentate;
  • per favorire l'alternanza di genere, l'obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione (Regione) e di compilare le liste seguendo l'alternanza uomo-donna.
Il premio di maggioranza viene dato alla lista e non alla coalizione più votata.
Inoltre, in caso di ballottaggio, vi è il rischio che una forza politica che prenda solo il 20% dei voti reali si becchi il 52% dei seggi alla Camera dei Deputati, se vi è una forte astensione.
Ci sono sindaci che amministrano pur avendo preso solo il 20% dei voti reali in un ballottaggio.
Ieri, ho visto la trasmissione televisiva condotta da Enrico Mentana su "La 7" in cui si è parlato di questo referendum,
Tra gli ospiti di questa trasmissione ha parlato Dario Nardella, sindaco di Firenze ed esponente del Partito Democratico vicino a Renzi.
Nardella ha detto che questa riforma è stata ispirata al modello elettorale dei sindaci.
A Nardella vorrei ricordare che le competenze di un sindaco e di un Consiglio comunale sono diverse da quelle di un premier e di un Parlamento.
Per esempio. un Consiglio comunale non fa leggi come un Parlamento ed un sindaco non fa accordi con altri Stati come un premier.
Quindi, trovo inquietante il fatto che queste riforme siano state scritte da gente che non sa neppure ciò che dice.
Io voterò "no" per questi motivi.
Ringrazio l'amica e socia Stephanie Caracciolo della foto che mi ha segnalato.
Cordiali saluti.



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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".