Cari amici ed amiche.
Finalmente, il Governo Letta ha deciso di dare il via alle riforme costituzionali.
Questo è il discorso del premier Enrico Letta (fonte il sito del Governo) che è stato fatto ieri al Senato:
"Signor Presidente, onorevoli senatori, il 22 aprile - pochi giorni fa, in fondo - ascoltavamo tutti
insieme le parole del Capo dello Stato il quale, appena rieletto in una situazione drammatica, dopo
una crisi istituzionale mai vista nel nostro Paese, esprimeva al Parlamento parole inequivocabili,
legate ad una situazione senza precedenti delle nostre istituzioni. Per esse il presidente Napolitano -
ripeto appena rieletto - chiedeva al Parlamento di esprimersi con il linguaggio della verità; un
linguaggio legato alla necessità, assolutamente non rinviabile, di renderci conto che la crisi della
politica e delle istituzioni nel nostro Paese è arrivata a tal punto che non è immaginabile continuare
facendo finta di niente; fingendo di fare le riforme; facendo finta di litigare sulle riforme da fare,
salvo poi non combinare nulla.
Quelle parole ritornano nella nostra memoria, nella nostra mente e alle nostre orecchie perché sono
fondamentali. Attorno ad esse oggi siamo in questa sede chiamati, un mese dopo quei momenti così
forti, a dare immediato seguito ed applicazione ad un impegno che tutti insieme ci siamo presi,
quando si è deciso di chiedere al presidente Napolitano di essere rieletto Capo dello Stato e di
cominciare un percorso assolutamente originale, che ha portato alla nascita del Governo che ho
l'onore di presiedere.
D'altronde, questa nostra discussione così interessante - di essa stamane qui, in Senato, ho potuto
cogliere, durante molti interventi di illustrazione delle mozioni, momenti interessanti ed
approfonditi, dei quali ovviamente ho preso dovuta nota - arriva due giorni dopo un altro momento
non secondario della nostra vita politica e democratica. Mi verrebbe da dire che, se ci fosse stato
bisogno di avere ulteriore conferma della situazione di drammatico distacco dei cittadini dalla
politica come oggi essa è declinata nel nostro Paese, essa è arrivata con il voto delle elezioni
amministrative di domenica e lunedì e - non voglio usare parole troppo forti, ma ci credo
profondamente - con quel drammatico campanello d'allarme che la bassa, troppa bassa,
partecipazione dei cittadini al voto ha voluto suonare per l'intero sistema delle istituzioni. Non
possiamo accettare che, in una grande città come Roma, la capitale del nostro Paese, voti un
cittadino su due e che un cittadino su due non vada a votare senza non porci tutti noi il problema di
che cosa questo significhi.
Non possiamo non partire da qui per svolgere una riflessione di cornice su quanto oggi stiamo
facendo in questa sede. Non stiamo semplicemente adempiendo ad un dovere che potrei per primo
definire necessario, perché facente parte di uno degli impegni che mi sono assunto con voi il giorno
che questo Parlamento ha voluto darci la fiducia. Non si tratta di un dovere e di una semplice
assunzione di responsabilità. È un qualcosa di più, perché il segnale che i cittadini italiani hanno
dato domenica e lunedì è inequivoco. È un segnale rispetto al quale oggi abbiamo una occasione
che credo dobbiamo cogliere fino in fondo. Abbiamo un'occasione - questa mattina è stato per me
interessante ascoltare il dibattito che in questa sede si è svolto, almeno nella parte iniziale della
illustrazione delle mozioni - ma non è la prima, perché tanti interventi - prendo come riferimento
quello del senatore Calderoli - hanno fatto l'elenco di tutte le occasioni perdute in questi non anni
ma decenni di riforme cominciate e poi perse, non andate avanti, che ci hanno condotto alla
situazione che oggi tutti conosciamo.
Questo Governo è nato con tre grandi obiettivi, con tre punti. Il primo è innanzitutto il grande tema
dell'Europa, l'Europa rispetto alla quale è necessario contribuire ad un cambiamento di linea, non
più legata soltanto al tema del totem dell'austerità; una linea che sia consolidamento fiscale da una
parte - niente debiti da una parte - e impegno per la crescita dall'altra, perché l'intero continente
europeo ritrovi la strada della prosperità.
Vi è poi il tema dell'economia, del lavoro, il tema sociale, così difficile da vivere in un Paese come
il nostro.
E, poi, la terza grande questione: la riforma della politica. Il tema della riforma della politica e della
riforma delle Istituzioni, oggi, giorno in cui l'Italia esce dalla procedura di deficit eccessivo e in cui
le Istituzioni comunitarie fanno all'Italia una serie di raccomandazioni, la principale delle quali è la
seguente: dovete continuare e dovete fare le riforme strutturali. Penso - ho cercato in tutti i modi e
lo stesso hanno fatto i Ministri del Governo che hanno rappresentato lo stesso ai loro omologhi e colleghi europei - che quello che stiamo facendo qui oggi sia, probabilmente, l'inizio di una delle
più importanti riforme strutturali che l'Italia può fare.
Non è infatti vero che quando parliamo di riforme strutturali, ci leghiamo esclusivamente alla
materia economica o alla materia finanziaria: non è così. Quando parliamo di riforme strutturali,
partiamo anzitutto - credo - dal senso delle Istituzioni di un Paese (il nostro), che non ha Istituzioni
che lo rendono capace di decidere.
Questo è il primo dei grandi temi che abbiamo di fronte: essere capaci di decidere; essere capaci di
decidere coinvolgendo democraticamente tutti, ma essere capaci di decidere. Ciò è stato detto in
tanti interventi, che ho trovato molto interessanti. Abbiamo la più bella Costituzione. Ho trovato
molto forte il messaggio dato stamani dal senatore Campanella nell'illustrare la mozione che il
Gruppo del Movimento 5 Stelle ha presentato. La nostra Costituzione è la più robusta e migliore,
ma, nonostante abbia retto - e abbia retto bene -, dobbiamo cambiarla perché oggi, rispetto alle
esigenze che la nostra società, l'Europa e la competizione con gli altri Paesi ci portano ad avere,
abbiamo bisogno di Istituzioni che decidano più rapidamente, più efficacemente e più
democraticamente: questo è, in fondo, l'obiettivo principale che noi oggi abbiamo. Abbiamo di
fronte l'obiettivo di compiere una delle principali riforme strutturali atte a rendere il nostro Paese in
grado di decidere, rafforzando la qualità della nostra democrazia, che ha visto i nostri cittadini dare
dei giudizi molto severi, anche in questi ultimi giorni.
Credo sia molto importante - nella discussione di oggi questo è avvenuto - che ci sia, con chiarezza,
il senso dell'urgenza e - quindi - il senso del tempo in cui noi dobbiamo assumere queste decisioni.
Non può qui cominciare, oggi, un percorso dai tempi indefiniti. Sarebbe - credo - la cosa peggiore
che potremmo fare quella di iniziare un percorso dai tempi indefiniti che dà l'idea ai nostri
concittadini che risiamo punto e da capo: che risiamo lì a cercare di svolgere un esercizio che - poi -
non porterà a niente, come i tanti che già hanno preceduto questo esercizio.
Non è così: dobbiamo dare tempi certi. I 18 mesi che sono contenuti dentro il testo della mozione di maggioranza sono un tempo che ritengo essere il tempo giusto: non può essere un tempo successivo
rispetto ai 18 mesi. Questi 18 mesi devono essere il tempo entro cui termina un percorso di riforme
che, ovviamente, è complesso: lo sappiamo tutti e lo sanno i nostri concittadini. Dal momento che la
nostra Costituzione ha retto - ed ha retto bene -, cambiarla comporta una rigidità e, quindi, dei tempi
complessi. Questi tempi devono però trovare una determinazione da parte nostra e di tutti noi nel
riuscire a fare bene e presto, in modo tale da avere, nell'arco di 18 mesi - appunto -, la riforma
costituzionale approvata e le nostre istituzioni in grado di funzionare con questo nuovo passo: la
qualità della democrazia nuovamente rinvigorita, come io penso possa assolutamente avvenire.
Questa XVII legislatura - lo diceva prima il collega Laniece - può essere finalmente la legislatura
costituente. E io credo sia un obiettivo che dobbiamo darci tutti sapendo che l'adeguamento della II
Parte della Costituzione - riprendo quanto detto da De Cristofaro presentando la mozione del
Gruppo Misto-SEL - serve per dare più forza ai principi della I Parte, ai quali oggi continuiamo a
credere e a considerare il centro della κοινὴ, della nostra vita comune. Ma essi devono avere più
forza proprio per questo motivo.
D'altronde, è difficile - lo sappiamo, lo diceva Nencini stamani - che il potere costituito diventi
potere costituente, ma dobbiamo provarci perché non ci sono alternative. È l'unico pertugio che
abbiamo ed è un pertugio che dobbiamo assolutamente percorrere arrivando a degli obiettivi. Ho
detto i tempi, tempi certi. I cittadini devono saperlo. L'ho detto nel discorso sulla fiducia. Se questi
tempi passeranno senza arrivare a conclusioni positive, credo che il Governo non possa che
prendere atto dell'inconcludenza di questo nostro lavoro comune.
Sono convinto però che questa volta il passo è quello giusto. Ne sono convinto perché innanzi tutto
oggi, 29 maggio, è un mese che abbiamo cominciato a lavorare e siamo già qui in condizione di far
partire il processo costituente. Questo è il segno che il Parlamento è completamente convinto di
questo obiettivo, che ci accomuna tutti. Voglio qui anticipare uno dei punti che ritengo essenziali
della discussione sulle mozioni e del percorso che faremo insieme, un percorso finalizzato a rafforzare la centralità del Parlamento. Lo dico rispetto a molta parte della discussione che c'è stata
questa mattina, tant'é che il senatore Campanella ha molto insistito sulla centralità del Parlamento.
Mi rivolgo in particolare al senatore Calderoli, che ha citato una parte delle dichiarazioni sulla
fiducia. Sulla mozione presentata dalla Lega il mio parere è positivo nel momento in cui viene
interpretato quanto sto dicendo, ovvero che le dichiarazioni che feci al momento della fiducia hanno
avuto un'evoluzione rispetto a quello che è successo nel rapporto tra le forze politiche. Oggi
arriviamo qui con quest'idea, con questo schema che secondo me può funzionare. Uno schema che
dà centralità al Parlamento nella creazione di questo Comitato di 40 parlamentari, scelti all'interno
delle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato, che saranno il motore del processo
riformatore, in una condizione in cui l'intero Parlamento sarà poi coinvolto, in una logica in cui il
Parlamento non verrà esautorato ma rafforzato nella sua centralità.
Il Governo si farà carico di consultare e coinvolgere, con un ampio spettro di provenienze culturali
e politiche, attraverso la Commissione di esperti che creeremo nelle prossime ore, il meglio della
scienza giuridica italiana, delle esperienze culturali del nostro Paese per cercare di aiutare un
processo che, tuttavia, è il Parlamento che deve svolgere, senza sovrapposizioni che probabilmente
potrebbero essere foriere di incomprensioni e di meccanismi di separazione che alla fine sarebbero
negativi.
È il Parlamento che farà la riforma costituzionale, ma ritengo assolutamente importante sottolineare
che lo sforzo della Commissione dei saggi, degli esperti che nelle prossime ore lavoreranno con il
contributo di tutte le provenienze culturali, ha come funzionalità quella di rendere il percorso del
Parlamento più forte - e aggiungo - senza mortificare il protagonismo di ognuno dei parlamentari e
dei senatori e soprattutto senza togliere la possibilità - cosa che ritengo importante e che ho colto
negli interventi di stamani - che alla fine con il referendum i cittadini del nostro Paese si esprimano
su questa scelta così importante e complessa.
Credo che questo punto finale - saranno i cittadini italiani a decidere - sia un punto di recupero di
fiducia tra istituzioni e cittadini che è assolutamente fondamentale, perché questa riforma va fatta e
va fatta non contro ma insieme. È una riforma essenziale per ridare credibilità alla politica e sono
fondamentali gli obiettivi: la fine del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, una maggiore efficacia nel lavoro e nella modalità con la quale poter decidere, le
parole che ho ascoltato stamani, importanti anche sul tema dei Regolamenti parlamentari.
Questo tema ovviamente non è materia del Governo, il quale è completamente sussidiario rispetto al
lavoro delle Camere, ma è stato importante individuarlo perché sappiamo tutti quanto Regolamenti
parlamentari per certi versi così antichi rendono complesso un lavoro invece moderno che deve
essere fatto, sapendo che molto del lavoro che è stato portato avanti in particolare nella scorsa
legislatura (prendo a riferimento il presidente del Senato della scorsa legislatura, il senatore
Schifani) è sicuramente in grado, perché era stato un lavoro molto avanzato, di essere parte
integrante dei contenuti su molti temi del lavoro che doveva essere finalizzato in questo percorso
riformatore.
Credo che sia un obiettivo alla portata di tutti noi; ne sono convinto perché ritengo che tutti ci
rendiamo conto del fatto che non si può scherzare questa volta, che la legge elettorale andrà
cambiata e che quest'ultima sarà ovviamente parte fondamentale di questo processo di riforma,
perché sappiamo tutti che la legge elettorale attuale non funziona, non è quella giusta per le
esigenze che abbiamo oggi. Sappiamo quindi che la legge elettorale va cambiata e sappiamo
benissimo che sarà una parte essenziale di questa discussione.
Sappiamo anche che in questo percorso (lo hanno detto in molti questa mattina, sia al Senato sia
nella discussione alla Camera; voglio riprendere l'argomento) la legge elettorale dobbiamo
approvarla insieme, con una larga condivisione, così come questa riforma costituzionale dobbiamo
approvarla con una larga condivisione. Non possiamo permetterci di arrivare al termine di questo
percorso con divisioni, maggioranze strette, contrapposizioni che finirebbero per sporcare e rendere
alla fine non efficace questo lavoro fondamentale che dobbiamo fare.
Inoltre dobbiamo coinvolgere i nostri cittadini. Nel lavoro che intanto la Commissione che il
Governo creerà subito e soprattutto nel lavoro del Parlamento, attraverso quel percorso di
consultazione, anche tramite la rete, che metteremo e dovremo mettere in campo, dovrà esserci un
coinvolgimento di tutti cittadini, e sono tanti coloro i quali vogliono essere coinvolti in questo
processo riformatore.
Siamo di fronte ad un'occasione storica; credo che sia un'occasione storica di quelle che dobbiamo
cogliere assolutamente; penso che sia un'occasione storica che possiamo cogliere e che sia alla
nostra portata. Credo che possiamo riuscire a dare alle nostre istituzioni una maggiore capacità di
decisione, una maggiore capacità di rappresentatività, una maggiore capacità di essere - mi verrebbe
da dire - europee nella loro efficacia e nella loro capacità decisionale, nella capacità poi di essere
rapidi nelle decisioni ma allo stesso tempo di essere molto rappresentativi.
Insomma, il percorso che è iniziato il 22 aprile, il percorso che è stato portato avanti nelle
Commissioni che il Presidente della Repubblica aveva nominato, che poi è continuato nella
discussione che abbiamo avuto qui e nel vostro voto di fiducia ad un programma di governo che
conteneva la discussione attorno ai temi di oggi, quindi la riforma della politica, la riforma delle
istituzioni come tema basilare e centrale della stessa vita del Governo, oggi arriva ad un momento
essenziale.
E questo momento di svolta, per quanto ci riguarda, noi non vogliamo mancarlo, sapendo che il
ruolo del Governo è solo una parte, piccola, di questo percorso, perché sarà il Parlamento
protagonista, e sapendo anche - lo dico ai Gruppi parlamentari che non sostengono il Governo, in
questo momento soprattutto - che la nostra volontà è la volontà piena e completa di considerare che
questo percorso dovrà essere un percorso che coinvolge tutti, perché tutti siamo stati toccati da
quello che è successo domenica e lunedì. E non possiamo rinfacciarci a vicenda il fatto che c'è chi è
stato toccato di più o di meno dall'astensionismo, chi ha vinto e chi ha perso, chi è più vecchio e chi
è più nuovo.
È l'intero sistema delle istituzioni che viene messo in discussione quando soltanto un cittadino su
due va a votare; e non c'è nessuno che può tirarsi fuori. Abbiamo una grande occasione, secondo
me, per fare questa riforma e questa riforma dobbiamo farla bene fino in fondo e facendo sì che
questo impegno collettivo sia un impegno che ci prende tutti.
Signor Presidente, vengo a dare i pareri sulle mozioni che sono state presentate. Con gli argomenti
che dicevo prima, il parere è favorevole sulla mozione n. 31 (testo 3), a prima firma del senatore
Calderoli, così come è favorevole sulla mozione n. 44, a prima firma del senatore Zeller, a
condizione che ci sia quella modifica del passaggio relativo ai membri non componenti della
Commissione affari costituzionali, perché abbiamo valutato che i componenti devono essere presi
tra i membri della Commissione affari costituzionali.
Il parere sulla mozione n. 46 a prima firma del senatore Crimi, data l'impostazione generale, non
può che essere contrario.
Il parere sulla mozione n. 47, presentata dal senatore Zanda e da altri senatori, è favorevole, con un
invito al ritiro degli emendamenti ad essa riferiti, sui quali, ove non fossero ritirati, il parere è
contrario.
Esprimo altresì parere contrario sull'ordine del giorno G2, a prima firma del senatore Crimi, e
parere contrario sull'ordine del giorno G1, a prima firma del senatore Nencini, perché la
convocazione di un'assemblea costituente è ovviamente un percorso diverso da quello che stiamo
svolgendo in questo momento.
Esprimo parere contrario anche sull'ordine del giorno G3 del senatore Barani, perché contiene
un'indicazione di merito relativa al riparto di competenze legislative ex articolo 117 della
Costituzione. Per quanto riguarda SEL, confesso che sono abbastanza stupito, nel senso che noi
siamo aperti al confronto - l'ho detto - anche rispetto ai contenuti. Ma apprendere con rammarico
che la scelta di SEL sarà quella di votare contro la mozione della maggioranza, per quello che è
stato detto (ovviamente ascolterò con molta attenzione le dichiarazioni di voto per cercare di capire
perché), non può che portarmi a ritenere che noi non potremo quindi esprimere un parere favorevole
sulla mozione che SEL ha presentato; il parere pertanto non può che essere contrario. Però - lo
ripeto - ascolterò con grande attenzione le dichiarazioni di voto, perché invece ritengo che ci fossero
tutte le condizioni per una scelta differente e per andare quindi in una condizione diversa.
Ritengo pertanto - come ho spiegato - che rispetto a tutti questi temi noi abbiamo oggi una
grandissima occasione. Vorrei che la cogliessimo fino in fondo e cogliere questa occasione fino in
fondo vuol dire sapere che attorno a questa scelta ci giochiamo la credibilità tutta delle istituzioni e
della politica nei confronti dei cittadini. Io sono convinto che non sprecheremo questa grande
occasione. ".
Il Senato ha approvato il provvedimento.
Dopo le parole, si passi ai fatti.
Ieri, l'esponente del Partito Democratico Roberto Giachetti ha proposto l'abrogazione dell'attuale legge elettorale (il "Porcellum") per sostituirla con quella precedente, il "Mattarellum".
Ora, questo è un errore.
Per quanto possa essere sgangherata ed inefficiente, l'attuale legge elettorale non è il male principale.
Anche se ci fosse il vecchio "Mattarellum", non si risolverebbe il problema della governabilità.
Prima di tutto, si dovrà abolire il bicameralismo perfetto.
Nessun altro Paese occidentale ha le due Camere del Parlamento che hanno le stesse cose.
Solo la Camera dei Deputati dovrà dare la fiducia al Governo.
Tra l'altro, per essere approvata, una legge impiega ben 2 anni o forse più.
Inoltre, si dovrà ridurre il numero dei parlamentari.
Riguardo all'architettura dello Stato, servirà una riforma anche dell'elezione del Presidente della Repubblica, che dovrà essere eletto dal popolo e non più dal Parlamento.
Poi si potrà riformare la legge elettorale.
Riformare la legge elettorale senza toccare il resto è inutile.
Si dovranno riformare anche le Province.
Per esempio, la proposta fatta dall'allora ministro Renato Brunetta sarebbe già un buon punto di partenza.
Questa proposta prevederebbe la sostituzione dei Presidenti delle Province e dei Consigli Provinciali con i sindaci dei territori delle medesime.
Il sindaco del capoluogo fungerebbe da presidente.
Le competenze sarebbero divise tra Regioni e Comuni.
Un'altra riforma necessaria è il federalismo.
Ogni Regione dovrà avere un proprio statuto.
Si dovrà mettere anche il criterio dei costi standard.
In questo modo, l'IMU (Imposta Municipale Unica) sarebbe giustificata.
I proventi resterebbero sul territorio.
Anche la creazione di macro-regioni, come la macro-regione del nord, potrebbe ridurre i costi.
Ad esempio, una fusione di Piemonte, Lombardia e Veneto (in un contesto federale) farebbe sì che il nord pesasse di più.
Tra l'altro, si sta già pensando anche alla realizzazione di una macro-regione adriatica, costituita da Marche, Abruzzo e Molise.
Il Governo ed il Parlamento dovranno ascoltare anche il territorio.
Il nostro Paese ha bisogno di queste riforme che sono necessarie.
Se il Governo non dovesse farle non avrebbe più ragione di esistere.
Io temo che nel Partito Democratico ci siano forze che non vogliono le riforme e che faranno di tutto per bloccarle.
Il Governo potrebbe cadere a sinistra.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
Questa legge elettorale fa schifo, d'altronde tu ne sei un sostenitore perché grazie a questa legge un partito che ha preso solo il 21% quale il pdl, segnando un -16% rispetto alle ultime politiche, si trova a governare! D'altronde la prova che quello che dico è vero sta nel fatto che nelle elezioni amministrative, dove chi prende più voti vince, il pdl prende batoste a destra ed a manca.
RispondiEliminaQuesta è la verità
Ehi, prezzolato, se tu sei una persona democratica, io sono il re d'Inghilterra.
RispondiEliminaIl centrodestra (e quindi il Popolo della Libertà) ha preso quasi 10.000 di voti alle elezioni politiche.
Rispetta chi l'ha votato, squadrista della peggiore risma!
Se il Partito Democratico ha perso tanti voti non è colpa del Popolo della Libertà.
Semmai, sarà un merito.
Del resto, il Partito Democratico ha perso tempo con le primarie e altro non ha fatto altro che proclami come quello che recita: "Smacchieremo il giaguaro!".
Le elezioni politiche e quelle amministrative sono due cose diverse.