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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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venerdì 8 ottobre 2021

La subalternità culturale alla sinistra


Su "Atlantico Quotidiano", vi è un articolo di Rob Piccoli che è intitolato "Se la sinistra sta vincendo la guerra culturale è perché ha vinto nel gioco della semantica".
Ne riporto questo stralcio:

"È di venerdì scorso, primo di ottobre, la notizia diffusa dalla Associated Press che un giudice federale americano, rifiutando la raccomandazione dei pubblici ministeri, ha condannato un rivoltoso del 6 gennaio alla libertà vigilata e ha suggerito che il Dipartimento di Giustizia è troppo duro con coloro che hanno fatto irruzione in Campidoglio rispetto alle persone arrestate durante le proteste antirazziste seguite all’omicidio di George Floyd. Il giudice della corte distrettuale degli Stati Uniti Trevor McFaddensi si è chiesto, in particolare, perché i pubblici ministeri federali non abbiano intentato più cause contro gli accusati nelle proteste estive del 2020, anche alla luce delle statistiche sui casi di sommossa nella capitale che non sono stati perseguiti.

Questo ha riportato inevitabilmente alla mente di chi scrive quando l’ex presidente George W. Bush ha paragonato gli “estremisti interni” ai terroristi islamici nel suo discorso sul 20° anniversario dell’11 settembre. “Abbiamo visto prove crescenti che i pericoli per il nostro Paese possono venire non solo da oltre i confini, ma anche dalla violenza che si accumula all’interno”, ha affermato. “C’è poca sovrapponibilità culturale tra estremisti violenti all’estero ed estremisti violenti in patria”, ha ammesso (bontà sua), “ma nel loro disprezzo per il pluralismo e per la vita umana, nella loro determinazione a contaminare i simboli nazionali, sono figli dello stesso spirito ripugnante”. In altre parole, è come se gli attacchi dell’11 settembre fossero essenzialmente la stessa cosa della rivolta di tre ore del 6 gennaio, come se le persone che hanno messo in atto l’11 settembre “fossero dello stesso spirito ripugnante” dei sostenitori di Trump. Come ha affermato il giornalista Glenn Greenwald parlando al talk show di Tucker Carlson su Fox News, ciò che Bush ha detto suggerisce che i rivoltosi del 6 gennaio dovrebbero essere trattati come quelli di al Qaeda. Naturalmente, tutto ciò “è musica per le orecchie dei liberal americani, i quali non vogliono altro che una nuova guerra interna al terrore, cioè trattare i loro avversari politici come l’amministrazione Bush ha trattato al Qaeda”.


Strano, non è vero? Come può un ex presidente repubblicano arrivare a tanto? Come può una persona sana di mente confrontare l’11 settembre e il 6 gennaio? Ma tant’è. Questi sono problemi che dovrebbero essere affrontati nella pratica e nella ricerca psichiatrica. Ma poi tutto, intorno a noi, ci ricorda quanto le cose siano cambiate in pochi anni sia nel mondo accademico sia nel più ampio dibattito culturale. Prendiamo il caso del filosofo e pedagogista Peter Boghossian, un professore della Portland State University che si è recentemente dimesso dal suo incarico con una fiammeggiante lettera aperta in cui accusava l’amministrazione universitaria di favorire un ambiente ostile alla ricerca intellettuale e al dissenso. “Agli studenti della Portland State non viene insegnato a pensare. Piuttosto, vengono addestrati a scimmiottare la certezza incrollabile degli ideologi”, ha scritto.


“Corpo docente e amministratori hanno abdicato alla missione di ricerca della verità dell’università e invece guidano l’intolleranza nei confronti delle convinzioni e opinioni divergenti. Questo ha creato una cultura dell’offesa in cui gli studenti ora hanno paura di parlare apertamente e onestamente”.

Si potrebbe dire che Boghossian sta reinventando l’acqua calda – beh, giusto, ma lui è un liberal, e tuttavia un liberal che osa puntare il dito contro un’università ormai divenuta illiberale
!".

Da uomo di destra quale sono, dico che qui in Italia questa guerra semantica sia già stata vinta dalla sinistra da molto tempo.
Basti pensare al fatto che si sia intestata l'antifascismo, quando tutti noi sappiamo che l'antifascismo non è per forza di sinistra.
Prendo come esempi Dwight Eisenhower, Winston Churchill, don Pappagallo, Papa Pio XI e tanti altri.
Questi personaggi erano tutti antifascisti ma non erano comunisti.
A destra, si lasciò il campo libero alla sinistra nel dettare le linee al mondo intellettuale.
Questa carenza fu dovuto alla crisi del liberalismo (una cosa ben diversa dalla dottrina liberal) qui in Italia.
Questa crisi iniziò nell'epoca di Giovanni Giolitti, il quale mandò il vacca l'alternanza tra Destra storica e Sinistra storica, favorendo il trasformismo, e poi proseguì con il fascismo.
Il fascismo diede il colpo di grazia al sistema preesistente.
Dopo la II Guerra Mondiale, il nuovo panorama politico italiano fu caratterizzato da due partiti, la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista. 
Questo duopolio fu caratterizzato da compromessi che favorirono i comunisti.
Così, si creò l'egemonia culturale della sinistra.
Dire di essere di destra equivaleva a dire di essere fascisti.
La destra, dal canto suo, non riuscì a fare una proposta culturale alternativa, per via della diaspora dei liberali e dei conservatori.
Così, come destra fu identificato il Movimento Sociale Italiano, il partito post-fascista fondato da Giorgio Almirante ed Augusto De Marsanich.
Questa situazione rimase fino all'inizio degli anni '90.
Ci fu lo scandalo di "Mani Pulite", il quale distrusse tutto il sistema di partiti, ad eccezione del Partito Comunista Italiano, il quale divenne Partito Democratico della Sinistra.
Poi, nel 1994, arrivò Silvio Berlusconi, il quale creò il centrodestra, Forza Italia, il partito da lui fondato, la Lega Nord di Umberto Bossi e con il Movimento Sociale Italiano di Gianfranco Fini.
Proprio Fini trasformò il Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale, ripudiando il fascismo e trasformando il partito post-fascista in un partito di destra.
Così, si impedì alla sinistra di salire al potere e si creò il bipolarismo. 
Il resto è storia recente.
Nel 2009, nacque il Popolo della Libertà, con la fusione tra Forza Italia, Alleanza Nazionale ed altri piccoli partiti.
Il nuovo partito nacque sotto la leadership di Berlusconi. 
Purtroppo, lo scontro con il cofondatore del partito Gianfranco Fini mise in crisi la leadership di Berlusconi.
Un anno dopo la scissione dei finiani, nell'autunno del 2011, Berlusconi fu costretto a lasciare il posto al tecnocrate Mario Monti e cominciò a governare con il Partito Democratico, quell'ex-Partito Comunista ed ex-Partito Democratico della Sinistra che per anni si scontrava con lui.
Da lì, nacque il concetto della destra che "deve governare con la sinistra per piacere".
L'errore di Berlusconi fu il non avere creato un'alternativa culturale sufficientemente forte da potere mettere in discussione l'egemonia culturale della sinistra, la quale era una minoranza.
Infatti, la sinistra era  una minoranza.
Ancora oggi è così.
Ancora oggi, la sinistra è minoritaria.
Tuttavia, essa è organizzata.
Seguendo lo spirito di Antonio Gramsci, la sinistra occupò i gangli vitali della società.
Pensiamo alle scuole e alle università.
Dall'altra parte, questa cosa non avvenne.
Così, ancora oggi, una sinistra che è minoritaria si atteggia a maggioranza.
In America è accaduto lo stesso, se pur più tardi rispetto a quanto accaduto da noi.
I fautori del socialismo hanno occupato i gangli vitali del mondo culturale e della società americana.
L'ex-presidente George W. Bush è oggi come Berlusconi.
Egli è diventato succube della sinistra.
Pur di conservare un minimo di influenza si è detto disposto a vendere l'anima al diavolo.
Rendendosi simile ai democratici, Bush e chi la pensa come lui li hanno favoriti. 




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