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giovedì 30 agosto 2018

Il caso Nagy, un'altra ombra su Palmiro Togliatti

Ringrazio l'amico e collaboratore Angelo Fazio di questo spunto:
"Palmiro Togliatti non solo conosceva, ma aveva preventivamente approvato, assieme a tutti i capi comunisti dell' epoca, con l' eccezione del polacco Gomulka, la decisione di mandare a morte il leader della rivoluzione ungherese del 1956 Imre Nagy e i suoi compagni. La tesi era già stata avanzata dallo storico Franois Fejto nell' 86. Ma la sconvolgente notizia che la condanna capitale di Nagy fosse stata presa in una riunione dei partiti comunisti, Pci compreso, a Mosca, su istigazione di Pechino, era stata duramente smentita dall'ufficio stampa del Pci. Adesso, un saggio dello storico Federigo Argentieri, che comparirà sul prossimo numero della rivista "Micromega", rilancia l' affermazione di Fejto. E più agghiaccianti ancora del breve scritto di Argentieri sono i documenti che lo corredano: quasi tutti inediti, rintracciati negli archivi di Budapest. 21 novembre 1956. Nagy e i suoi, sulla base di un accordo ungaro.jugoslavo, dovrebbero lasciare l' ambasciata di Belgrado a Budapest e tornare liberi alle loro case. È un inganno: sotto scorta armata sovietica, vengono trascinati in Romania. Che fare di loro? 29 gennaio ' 57. Uno stretto collaboratore di Kadar, Gyula Kallai, riferisce al comitato direttivo del partito ungherese i risultati del suo viaggio lampo in Romania, nel corso del quale ha parlato con i deportati e vagliato minuziosamente le loro posizioni. C' e' chi resta fedele a Nagy. Chi lo abbandona. Chi, come il grande filosofo ungherese Gyorgy Lukacs, non rinnega, ma contratta il ritorno a casa. Alla fine, la decisione e' di "raccogliere sostanza fattuale sull' operato del gruppo Nagy". Per verificare se "non debbano essere portati in tribunale". Nella stessa riunione, Karoly Kiss riferisce di una visita semiclandestina a Budapest di Luigi Longo e Velio Spano. 14 aprile 1957, tre del pomeriggio. A Snagov, in Romania, arrivano quattro funzionari dei ministeri degli Interni ungherese e romeno. Gli ungheresi comunicano a Nagy che  in stato di arresto senza esibire mandati giudiziari. La sera stessa Nagy è a Budapest, nel carcere di Foutca. Il giorno successivo subisce il primo interrogatorio. Per avere del tutto chiaro quanto dura sia la sorte che attende il dirigente comunista ungherese bastano pochi mesi. 21 dicembre 1957. È il compagno Janos Kadar in persona a riferire in una riunione a porte chiuse del Comitato centrale del Posu, il partito comunista ungherese. Grazia per Lukacs, Zoltan Szanto, Zoltan Vas, Szilard Uihelyi, e per la vedova di Laszlo Rajk. E invece "via libera al procedimento legale" contro Nagy, Zoltan Tildy, Pal Maleter, Ferenc Donath, Ferenc Janosy... Peccato che nel frattempo sia morto Geza Losonczy: per edema polmonare e crisi circolatoria, precisa Kadar, anche se in prigione c' è chi lo ha udito gridare: "Aiuto, mi assassinano...". Le accuse grazie alle quali "meritano il titolo di traditori della Repubblica popolare" sono essenzialmente tre. Aver ceduto, nel corso dell' insurrezione, "alle richieste controrivoluzionarie di sciogliere la polizia politica", aver ripristinato il pluripartitismo, aver denunciato, il 4 novembre 1956, il Patto di Varsavia. E il ruolo di Togliatti a Mosca? Un piccolo passo indietro, meno di un mese. 29 novembre ' 57: è sempre Kadar a riferire al comitato centrale. Stavolta la riunione non è neanche riservatissima: il segretario generale è reduce da Mosca, dove sono appena terminate le celebrazioni del quarantesimo anniversario della rivoluzione di ottobre. Ci sono state, nell' occasione, due consecutive conferenze dei partiti comunisti, la prima delle quali senza la partecipazione jugoslava. Kadar spiega di essere intervenuto in tutte e due. E riassume cosi' la sua posizione sulla questione ungherese. "Rakosi (il vecchio leader stalinista degli anni di ferro, ndr.) ha fatto molti danni, ma non è passato nel campo del nemico come Nagy. "La colpa di Rakosi non può assolvere i criminali Imre Nagy, Ferenc Nagy, Mindszenty e Dulles. Abbiamo detto che nel determinare la punizione attribuiremo anche le responsabilità secondo quanto detto sopra. Contrariamente ai polacchi, tutti gli altri partiti hanno approvato la nostra posizione, anche gli italiani". Anche gli italiani. Anche Togliatti. Che con Kadar, ovviamente, ha un incontro informale. Nel quale, stando al verbale di Kadar, sembra preoccupato soprattutto delle elezioni politiche italiane, in programma per la primavera del ' 58: "Lo strumento principale dell' aggressione reazionaria e' l' arma propagandistica creata dalla questione ungherese...". Annota maligno Kadar: "A questo punto dell' esposizione trapelava già quali fossero le inquietudini dei compagni italiani". In Italia si vota il 25 maggio. Il processo si svolge dal 9 al 15 giugno, le sentenze di morte sono eseguite il 16. Postilla velenosa in margine a un documento spaventoso. Togliatti si premura di avvertire Kadar che molti intellettuali comunisti italiani sono in agitazione: Lukacs, violando la consegna del silenzio, ha fatto sapere loro che è in gestazione a Budapest un nuovo processo, stavolta contro gli scrittori".
("Togliatti: Nagy deve morire", Paolo Franchi, dal Corriere della Sera, 26 settembre 1992)".


Non bastava che il signor Palmiro Togliatti non avesse fatto nulla per salvare gli italiani rimasti in Unione Sovietica.
Ergo, per farsi bello di fronte a Stalin, il signor Togliatti fece morire in Unione Sovietica tanti nostri connazionali, tra i quali vi fu anche un mio prozio, Giacomo Campisi.
Non bastava tutto questo.
Infatti, il signor Togliatti fu responsabile anche della morte di Imre Nagy, un leader ungherese che (agli occhi dei comunisti "duri e puri") ebbe la "colpa" di pensarla in modo diverso.
Nagy, infatti, voleva rompere con il Patto di Varsavia ed aprire l'Ungheria all'Occidente.
Dunque, Togliatti non merita nessuna commemorazione particolare.
Togliatti non può essere considerato un eroe.
Nelle manifestazioni del 25 aprile, quando sento che viene esaltato Togliatti come un "liberatore", io ho il voltastomaco.
Mi viene da pensare a quel mio prozio che restò prigioniero in Unione Sovietica.
Quel mio prozio, fratello di mia nonna materna,  non era neppure un fascista.
Infatti, la famiglia di mia nonna materna fu democristiana e della migliore tradizione del cattolicesimo siciliano.
Togliatti non volle liberare l'Italia ma volle portarla al blocco sovietico.
Anche a causa della presenza del più forte partito di estrazione comunista e dei continui compromessi con esso, qui in Italia non poté essere una vera democrazia liberale, la quale avrebbe potuto creare per arrivare ad una vera riconciliazione tra le parti che si fronteggiarono nella II Guerra Mondiale.




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Liberiamo l'Europa dall'ideologia "Green"

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.